La vampa d'agosto
La luna di carta
Privo di titolo
La prima indagine di Montalbano
La presa di Macallè
Il giro di boa
Le inchieste del commissario Collura
Camilleri legge Montalbano
La linea della palma
La paura di Montalbano
Il ladro di merendine in Cd-rom
Il re di Girgenti
L'odore della notte
La scomparsa di Paṭ
La testa ci fa dire
La gita a Tindari
Gli arancini di Montalbano
La mossa del cavallo
La concessione del telefono
Diciamolo pure: il lettore accanito che sia rimasto intrigato almeno da un romanzo di Camilleri-
tanto da quelli ambientati nella Vigàta 'storica' quanto da quelli del ciclo di Montalbano -
non potrà più evitare di perdersene uno soltanto. E' un fatto indiscutibile e le classifiche di vendita parlano chiaro, nonostante l'atteggiamento pressappochistico della critica ufficiale nei confronti dell'autore siciliano. Il fatto è che, soprattutto per quanto riguarda le avventure dell'ormai mitico commissario di Vigàta, "il centro più inventato della Sicilia più tipica", Camilleri ha costruito a tavolino un personaggio vivo e di grande impatto, umanamente simpatico perché complesso, coerente ma sempre capace di stupire con qualche occasionale inversione di rotta, una figura per certi versi ossimorica e con il gusto di sapersi contraddire senza perdersi per strada. Che poi il commissario Montalbano sia protagonista di un genere come il giallo (seppure sui generis), ancora scarsamente considerato dai critici letterari d'estrazione universitaria, non deve trarre in inganno: che Camilleri sia capace di sfornare a ripetizione romanzi fondati su meccanismi seriali senza ingenerare noia nei lettori ma, anzi, appassionandoli sempre di più, è anzi un risultato di rilievo assoluto. E alla fine saranno costrette ad accorgersene anche le famigerate antologie novecentesche, nonostante la pessimistica previsione che lo stesso autore lascia cadere nelle ultime pagine de La gita a Tindari, la quinta avventura della serie 'regolare' di Montalbano, arrivata dopo le ultime raccolte di racconti (pure baciate dal successo) Un mese con Montalbano e Gli arancini di Montalbano e il romanzo La mossa del cavallo, ambientato nella Vigàta di fine Ottocento. Le convenzioni narrative del giallo prevedono che ci sia un delitto, degli indizi apparentemente insufficienti per risolverlo e una mente investigativa capace di leggere tra le righe ed aprire il caso all'immancabile soluzione. La gita a Tindari non fa eccezione rispetto allo schema: nel romanzo Camilleri si diverte però a rimescolare le carte in gioco, perché i casi in questione sono due per relativi tre omicidi. Da una parte c'è il ritrovamento del cadavere di un giovanotto con un tenore di vita apparentemente superiore ai suoi mezzi; dall'altra la scomparsa di due anziani coniugi pensionati e "mutangheri", da sempre restii a spostarsi e partiti, chissà per quale motivo, per un'improvvisa gita a Tindari, purtroppo per loro anche l'ultima. La connessione tra i due casi è così palese da sembrare un'incredibile coincidenza: l'anziana coppia e il giovane vivevano infatti a Vigàta al condominio di via Cavour 44. Stando alle indiscrezioni raccolte in paese non intercorrevano rapporti d'alcun genere tra loro: gli stessi condomini non avevano relazione con i coniugi e sembrano ignorare perfino che il giovane assassinato vivesse lì. Alla solita partenza complicata dei casi di Montalbano arrivano poi i soliti personaggi a rendere ancora più complesso il quadro generale delle indagini. Uno ad uno ritroviamo i volti noti ed impariamo a conoscere i nuovi: un Montalbano "nirbùso" e insofferente verso il futuro, un Mimì Augello che pensa a sposarsi e medita di trasferirsi a Padova-
almeno finché non conosce Beatrice, una bella "picciotta"-
, i vari Fazio, Gallo, Galluzzo e il solito vetero-sicùlo Catarella, la svedese Ingrid (che stavolta fa centro) e Livia di Boccadasse, l'eterna fidanzata del commissario, stavolta solo presenza telefonica. Nel corso dell'indagine seguiamo Montalbano intento a cercare di leggere il Quintetto di Buenos Aires di Vázquez Montalbán, impegnato nel gustarsi in rigoroso silenzio le tipiche delizie gastronomiche siciliane e, ovviamente, concentrato sul caso in questione: la soluzione gli arriverà seguendo il filo dell'intricatissimo groviglio dei rami di un ulivo saraceno che (Pirandello docet) gli impedirà di scartare le ipotesi più ardite, arrivando così alla soluzione. Il tutto "macàri" innaffiato dal succoso impasto sicùlo-italiano che è diventato il marchio di fabbrica della narrativa camilleriana, breve o lunga che sia.
Andrea Camilleri, La gita a Tindari, Palermo, Sellerio, 2000; pp. 293
Voto
7½