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  02/05/2024 - 00:11

 

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L’odore assordante del bianco - recensione
Ma chi è questo Massini?
Un Van Gogh da fumetto
Non convince lo spettacolo in prima nazionale dal 13 al 25 febbraio 2007 al Teatro Fabbricone

 




                     di Giovanni Ballerini


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L’odore assordante del bianco, recensione, 2007
Stefano Massini, Scanner intervista il regista fiorentino, 2007
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Se c’è un autore - regista di cui davvero si straparla a Firenze e dintorni negli ultimi tempi è Stefano Massini. Ma chi è questo Massini? A sentire gran parte della critica toscana, inspiegabilmente prona, si tratta della rivelazione del momento, ma c’è chi a livello nazionale va anche oltre. E non di poco.

Non c’è nessun tipo di astio di Scanner verso Massini, al quale abbiamo volentieri dedicato in passato altri articoli e recentemente un'intervista e a cui auguriamo un sincero in bocca al lupo per la sua carriera, ma ci tiriamo decisamente fuori dal coro. Rivendicando la necessità dell’oggettività della critica. Soprattutto in un momento in cui le presentazioni somigliano sempre più a spot per gli artisti in scena e le recensioni quasi un vezzo d’altri tempi.

Resta un mistero assoluto comprendere il perché di tutta questa piaggeria per un giovane nato nel 1975 a Firenze, cresciuto artisticamente fra il Teatro di Rifredi e il Manzoni di Calenzano. Massini sarà magari un promettente autore teatrale, ma come regista, tutto sommato, ci sembra abbia ancora tutto (o comunque molto) ancora da dimostrare.
Ce l’ha confermato la visione de L’Odore assordante del bianco (fino al 25 febbraio 2007 al Fabbricone di Prato e in scena al Teatro Nuovo di Napoli dal 9 al 18 marzo 2007 e al Teatro India di Roma dal 21 al 25 marzo 2007). Uno spettacolo a nostro giudizio piuttosto insipido e superficiale in cui qualsiasi velleità di ricerca viene ignorata in favore di un teatro natulastico d’antan, che non convince. E sicuramente non appassiona.
Non ci è piaciuta nemmeno la recitazione degli attori che, a dispetto di una problematica ancora spigolosa e comunque di grande attualità come la pazzia (vedi l’avvincente narrazione de “La pecora nera” di Ascanio Celestini, ma anche l’interessante sperimentazione musical-teatrale di Simone Cristicchi in Centro di Igiene Mentale) spesso sembrano più a loro agio con le macchiette, che con qualsiasi astrazione – recitazione.

Anni e anni di sperimentazione ignorati, forse con il pretestuoso convincimento che è meglio tornare a una non ben definitiva artigianalità teatrale... Sembra di assistere alla messa in scena di un fumetto per bambini e invece si vorrebbe indagare la vita in manicomio di Vincent Van Gogh e in generale l'incomunicabilità. C’è qualcosa (o meglio molto) che non torna anche nei tempi teatrali, mai rispettati o forse volutamente ignorati (probabilmente con la presunta logica dell'artigiano) in questo spettacolo in cui fanno acqua persino i costumi, il trucco degli attori: troppo caricato quello del povero pittore, che conciato così sembra appena arrivato dal Pianeta delle scimmie, forzatamente caricaturale quello dei due dottori e dei due agghiaccianti ipertesi infermieri. Anche la scenografia si limita a un naturalismo ormai desueto se non nel teatro vernacolare o nelle filodrammatiche di una provincia che non c’è più.

Si tratta insomma di uno spettacolo in cui l’unica cosa che sembra avere importanza per il regista – autore è il suo testo. Fin qui niente di male, anche perché vinse il Premio Tondelli ’05, ma fare teatro contemporaneo a un certo livello, almeno secondo noi, è un’altra cosa. E le lodi, soprattutto quelle sperticate, se poi uno spettacolo si rivela senza grande sostanza, sono il trampolino migliore per fare un salto nel vuoto. Non solo per Massini, ma per la credibilità di una scena toscana in cui (purtroppo) ci sono sempre meno produzioni.

Voto 4 

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