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La storia d'amore è toccante: Mary Jane Watson ( Kirsten Dunst, bravissima), assorbe in sé le varie donne che Peter, nel fumetto, di volta in volta ha amato: la timida Betty Brant (la segretaria di J.J. Jameson, la vediamo in una breve apparizione), la dolce Gwendolyn Stacy, la vitale Mary Jane, che sembra sbarazzarsi dei problemi con una scrollata dei suoi capelli rossi e l'esibizione del suo sorriso smagliante.
L'ambizione del ricco scienziato Norman Osborn (un Willem Dafoe da applauso) e, vice versa, la frustrazione di suo figlio Harry (James Franco) sono centrate in pieno, con inquadrature precise e battute essenziali e pregnanti (la sceneggiatura è di David Keopp, lo stesso di Panic Room, Jurassic Park e Carlito's Way). Negli sguardi feriti e delusi di Harry c'è già un destino, un vero e proprio karma famigliare destinato a ripetersi (avverrà nel capitolo 2?).
La violenza degli scontri con Goblin è impressionante. In particolare, il duello finale, che riproduce fedelmente quello di Amazing Spider-Man, n. 98, del 1971, è talmente cruento e realistico che fa male. Se altrove Raimi si è concesso modifiche anche sostanziali (il ragno geneticamente mutato, anziché radioattivo, la ragnatela organica, anziché ottenuta in laboratorio, l'assenza di Gwen Stacy), in questa scena tutto è riprodotto fedelmente: persino gli squarci della maschera di Peter sono identici a quelli delle vignette. Il fatto di poter vedere la sua faccia devastata e tumefatta mentre viene selvaggiamente picchiato dal folle Goblin, ci avvicina di colpo al nostro eroe. Lo vediamo soffrire, vediamo i suoi occhi; in quell'unico momento egli è sia l'Uomo Ragno, sia Peter Parker, ovvero l'eroe coraggioso e il ragazzo impaurito. Sam Raimi ha capito tutto: non ha reso ironico o distaccato il suo sguardo, non ha ceduto alla pura spettacolarità da videogioco (come, ahimé, in più occasioni è successo al buon Lucas nei due capitoli della nuova trilogia di Star Wars) ma, al contrario, ha scelto di soffrire accanto, dentro, il personaggio.
Lo ripetiamo: la regia di Raimi non è, in alcun modo, svincolata da ciò mette in mostra. Nonostante sia da sempre un inventore di immagini eccessive, ai limiti dell'impossibile (e dell'inguardabile: non a caso è stato, assieme a Peter Jackson, uno dei massimi esponenti dello splatter movie, a partire dal suo esordio nel 1982, La Casa), Raimi ha imparato, seguendo forse il buon esempio dei suoi amici, i Coen, ad adattare di volta in volta la forma al contenuto, senza mai tuttavia degenerare in un eclettismo stilistico spersonalizzante. Oltretutto si conferma come un ottimo direttore di attori: Tobey Maguire, che vanta oramai una non trascurabile galleria di ruoli nel sottobosco del cinema minimalista (Tempesta di ghiaccio) o psicologico-patinato (Le regole della casa del sidro), trova, per la prima volta in questo film, la possibilità di far emergere tutto il suo potenziale di fragilità e rabbia, e sono forse più numerosi i primi piani dedicati ai suoi occhi azzurri, di volta in volta speranzosi, tristi, o sognanti, che le panoramiche acrobatiche sull'amichevole Uomo Ragno di quartiere.
Anche a Ben Parker e zia May sono state date delle ottime incarnazioni (Cliff Robertson e Rosemary Harris); per non parlare del tirannico direttore del Daily Globe, J. Jonah Jameson (un esilarante J.K. Simmons).
Un film spettacolare, stupefacente (amazing) come è giusto che sia, e al tempo stesso drammatico, intimista, persino romantico. Non ci resta che tessere la nostra tela e aspettare pazientemente i prossimi due episodi, sperando siano all'altezza di questo.
Voto
8