Millennium - Uomini che odiano le donne
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Il curioso caso di Benjamin Button
Panic Room
Seven
Pericolo,
oscurità e claustrofobia: sono gli ingredienti vincenti di Panic Room di David
Fincher, un regista che in passato ha dimostrato di trovarsi decisamente a
proprio agio con il genere thriller (vedere in merito Seven e The
Game). La
storia affonda le sue radici narrative in una delle preoccupazioni più
pressanti ed attuali negli Stati Uniti, ovvero l’ossessione per la sicurezza
della casa, per la protezione delle mura domestiche da aggressioni da parte di
criminali. In particolare il dettaglio architettonico che crea la situazione di
maggior tensione drammatica nel plot è la presenza, nel prestigioso
immobile a tre piani (con ascensore) acquistato dalla giovane divorziata Meg Altman,
della cosiddetta panic room, una stanza blindata costruita per offrire
rifugio ai proprietari nel caso in cui eventuali malintenzionati riescano a
penetrare nelle loro abitazioni: il locale è dotato di un circuito interno di
video con otto telecamere per seguire i movimenti degli intrusi, di generi
alimentari di sussistenza e di una linea telefonica protetta per avvertire le
forze dell’ordine, un luogo insomma che sulla carta potrebbe offrire asilo per
circa un mese. Ma la situazione al centro di Panic Room è riposta in un
intricato mosaico di dettagli discordanti, di eventi scoordinati, di personaggi
fuori posto che, nel loro complesso, contribuiscono ad alimentare la forza
altamente emotiva della storia in direzione dello scioglimento finale,
amplificata da un’insostenibile suspense centellinata sapientemente per
tutta la durata del plot. Accade infatti che l’incursione dei tre ladri
avvenga la prima notte di permanenza della protagonista e della figlia Sarah nella
nuova casa (quando la linea telefonica protetta non è ancora attivata), che
l’oggetto del furto sia nascosto (ad insaputa delle due) proprio nella panic room, che la
madre (ferita dal recente divorzio dal marito fedifrago) soffra di latente
claustrofobia e la figlia di diabete (la stanza blindata è priva di siringhe ed
insulina, ovvio) e che i ladri non siano propriamente professionali: uno è il
nipote dell’ex proprietario (miliardario eccentrico che ha nascosto in casa un
tesoro di titoli al portatore), un altro è il tecnico che ha costruito il
sistema di sicurezza della casa (costretto al furto dal bisogno), il terzo un
violento conducente d’autobus aggiuntosi all’ultimo minuto, il sadico della
situazione. Il rifugio si rivelerà una
micidiale trappola per topi per le due protagoniste, assediate all’interno
senza possibilità di comunicare, come pure una fortezza inespugnabile per i
ladri all’esterno. Davvero notevole lo stile di regia di David Fincher, che
sembra voler circoscrivere con spiazzanti carrellate interne le mura, le
finestre e gli anfratti oscuri in cui andrà in scena il teatro della crudeltà
di Panic
Room, animato dalla dicotomia tra l’ansia per la sicurezza domestica a
tutti i costi della proprietaria e tra la primigenia avidità che muove gli
intrusi. Intensa e serrata come richiesto dal genere la recitazione del cast,
in cui è doveroso segnalare le prove di Jodie Foster e di
Forest Whitaker, bravi come di consueto.
Panic Room, regia di David Fincher, con Jodie Foster, Forest Whitaker, Kristen Stewart, Jared Leto; thriller; Usa; 2002; C.; dur. 1h e 55'
Voto
7½