Gran Torino
Regia di Clint Eastwood
Cast: Clint Eastwood, Christopher Carley, Bee Vang, Ahney Her, Brian Haley, Geraldine Hughes; drammatico; U.S.A.; 2008; C.
La vita, la morte, la giustizia e tutto il resto
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Gli spietati
Un mondo perfetto
I ponti di Madison County
Potere assoluto
Fino a prova contraria
Space Cowboys
Debito di sangue
Mystic River
Million Dollar Baby
Flags of our fathers
Lettere da Iwo Jima
Changeling
Gran Torino
Invictus
Hereafter
J.Edgar
Ormai
non c’è neppure da stupirsi che il vecchio Clint Eastwood, classe 1930,
continui a meravigliarci con l’ennesimo capolavoro della sua lunga maturità
artistica. In Gran Torino lo ritroviamo nella doppia veste di attore e
regista a quattro anni dallo struggente Million Dollar Baby,
dopo il quale ha continuato ad entusiasmare pubblico e critica con la rilettura
della battaglia di Iwo
Jima in doppio prospettiva nippo-americana, quindi ricostruendo
l’agghiacciante caso di cronaca al centro di Changeling, in
cui ha diretto una Angelina Jolie intensa come mai prima. Ma in Gran Torino torna
proprio lui, il vecchio Clint, a
dare corpo, anima e sentimenti a Walt Kowalsky, ex veterano della guerra in
Corea, una vita passata a costruire macchine negli stabilimenti della Ford a
Detroit, un uomo inacidito dall’odio per il diverso, incapace di dialogare con
due figli che non ha mai capito, per certi aspetti quasi una versione anziana
dell’ispettore Callaghan. Cominciamo a conoscerlo in tutta la sua burbera
scontrosaggine al funerale dell’amata moglie, circondato da parenti e
conoscenti che non gli danno alcun conforto, compreso il consigliere spirituale
della defunta consorte, alla quale ha promesso di confessare Walt – e che per
tutta risposta si ritrova ad ascoltare il rifiuto del vedovo, che gli precisa
di chiamarsi Mr. Kowalsky –. Le uniche consolazioni del vecchio protagonista
sono il suo cane, le birre in veranda e la sua splendida Ford modello Gran
Torino del 1972, gelosamente custodita nell’attrezzatissimo garage e mantenuta
in perfetta efficienza. Il vero cruccio di Walt è invece la comunità asiatica
che gli ha invaso il vecchio quartiere di Detroit dove ha passato la vita e
dove è ostinatamente intenzionato a morire: Walt li considera i suoi nemici di
gioventù ma in realtà non li conosce e si limita ad odiarli nella loro
diversità, a partire dai suoi vicini di casa, di etnia hmong. Peraltro la zona
è turbata dalle frequenti scorribande di gang giovanili (ovviamente asiatiche)
che le forze dell’ordine non riescono ad arginare. Le cose però cambiano quando
il timido Thao, il figlio dei suoi vicini, viene costretto dalla banda del
cugino Spider a rubare la Gran Torino
di Walt: dopo aver sventato il furto, il dinamico anziano imbraccia il fucile a
rischio della vita per scacciare la gang dalla sua proprietà e salvare Thao,
che per fare ammenda gli dedicherà una settimana del suo tempo. Intanto Walt
diventa suo malgrado l’eroe del quartiere, scoprendo che i suoi vicini hmong
sono più simili a lui di quanto immaginasse e come lui attribuiscono grande
importanza alla famiglia ed alla giustizia. Gran
Torino approfondisce di qui in avanti il rapporto tra Walt e Thao, che
si sviluppa in una sorta di legame filiale in cui l’anziano protagonista
cercherà di insegnare al ragazzo i suoi grezzi ma validi precetti per diventare
un vero uomo, prendersi le proprie responsabilità ed imparare a difendersi. Nel
frattempo la corazza di razzismo e diffidenza di Walt andrà gradualmente
sgretolandosi lasciando il passo ad una dirompente umanità che già prima
riuscivamo ad intravedere, per quanto annebbiata da un’insostenibile
solitudine. Nel finale, che ovviamente non sveliamo, Clint Eastwood ci
impartirà con la consueta efficacia i valori del coraggio, della redenzione e
del sacrificio. Prima però ci delizierà con le esilaranti sfumature di un
personaggio burbero quanto irresistibile nella sua granitica visione della vita
– da non perdere in tal senso i teatrini comici con il suo barbiere di fiducia,
che apparentemente è il suo unico vero amico –. L’ennesima fatica di Eastwood
regista ed attore – con un ruolo che pare davvero cucito su misura per lui – ci
regala un personaggio davvero difficile da dimenticare, politicamente scorretto
ma con un grande cuore, incorreggibile nel dire al prossimo quel che pensa nel
modo più diretto possibile, ma al tempo stesso leale e capace di cambiare le
proprie idee, per quanto radicate ed incattivite dall’età. In mezzo alle
vicissitudini del suo protagonista Clint ha trovato il tempo
di trattare i topoi ricorrenti del suo cinema di intenso rigore morale –
la giustizia, il perdono, la coerenza – contaminandoli con le problematiche
scottanti dell’America contemporanea – l’integrazione razziale e la crisi dei valori
dell’America che fu –. Trascinante, intenso, ricco di umanità, in una
parola imperdibile.
Gran Torino, regia di Clint Eastwood, con Clint Eastwood, Christopher Carley, Bee Vang, Ahney Her, Brian Haley, Geraldine Hughes, Dreama Walker, Brian Howe, John Carroll Lynch, William Hill, Scott Eastwood; drammatico; U.S.A.; 2008; C.; dur. 1h e 56’
Voto
9
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