Lettere da Iwo Jima
Regia di Clint Eastwood
Cast: Ken Watanabe, Kazunari Ninomiya, Shido Nakamura, Tsuyoshi Ihara, Ryo Kase, Yuki Matsuzaki, Hiroshi Watanabe, Takumi Bando; bellico/drammatico; U.S.A.; 2006; C.
L'altra faccia di
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Gli spietati
Un mondo perfetto
I ponti di Madison County
Potere assoluto
Fino a prova contraria
Space Cowboys
Debito di sangue
Mystic River
Million Dollar Baby
Flags of our fathers
Lettere da Iwo Jima
Changeling
Gran Torino
Invictus
Hereafter
J.Edgar
“Fate quello che ritenete giusto, perché è
giusto”. Il messaggio è di una semplicità assoluta: in Lettere da Iwo Jima
capita di sentirlo leggere da una missiva della madre che un soldato stringeva in mano poco
prima di morire. Capita anche di risentire il messaggio come ultimo monito da
parte di un nobile ufficiale giapponese accecato ai propri soldati, poco prima
di togliersi la vita. E forse la chiave di lettura dell’ultima fatica di Clint
Eastwood dietro la macchina da presa consiste proprio nell’uguaglianza,
banalizzante e significativa al tempo stesso, tra giapponesi ed americani
nell’epica battaglia di Iwo Jima, che cambiò le sorti della guerra nel Pacifico
e offrì agli Stati Uniti una base d’appoggio ideale per attaccare il Giappone
direttamente e chiudere il discorso con la bomba atomica che sarebbe stata lanciata contro
Hiroshima pochi giorni dopo. Alla battaglia di Iwo Jima il regista americano, sempre
più sorprendente col passare degli anni, aveva dedicato Flags of our fathers,
un film giocato sull’impatto propagandistico della leggendaria foto scattata ai
soldati americani che innalzavano lo stars and stripes sul monte Suribachi: con
Lettere
da Iwo Jima il grande Clint chiude il circolo raccontandoci la storia e
la stesso episodio dal punto di vista del nemico nipponico, attraverso il fil
rouge delle lettere dei soldati giapponesi (e soprattutto del loro geniale
comandante, il generale Kuribayashi) ritrovate nel 2005 e sceneggiate a quattro
mani dalla nippo-americana Iris Yamashita e dal fidato Paul Haggis. E
curiosamente le prospettive dei due popoli in guerra finiscono per confondersi,
risultando simili, se non identiche: e la guerra si riduce ad un fatto di onore
e dedizione alla patria, anche se il popolo contro cui si sta puntando il
fucile è un popolo conosciuto, anche se se ne è visitato il paese, se vi si è
stretto amicizie. Il film ricostruisce fedelmente dal punto di vista storico
l’impari scontro che oppose gli americani ai giapponesi, sovrastati dai nemici in
proporzione di cinque a uno e equipaggiati in modo assai inferiore dal punto di vista degli
armamenti: nonostante l’evidente superiorità le forze armate statunitensi
impiegarono ben più dei 5 giorni stimati per impadronirsi dell’isola, perché
Kuribayashi, consapevole del suo incolmabile svantaggio, aveva fatto realizzare
ai propri soldati una fitta rete di cunicoli e gallerie che gli consentì di
difendere l’isola per 36 giorni, ed avrebbe resistito anche di più se non
avesse dovuto combattere con l’insubordinazione di alcuni ufficiali riottosi
alle sue scelte strategiche. Alla fine, di ventimila soldati giapponesi se ne
salvarono poco più di mille e anche l’irriducibile coraggio dimostrato in
questa occasione contribuì alla scelta della bomba atomica per chiudere la
guerra. Come in Flags
of our fathers Eastwood abbandona quasi del tutto il colore per
raccontarci la battaglia dal punto di vista dei giapponesi, così che, quando a
metà della storia gli americani arrivano sui bombardieri, il rosso acceso delle
esplosioni ci risulta ancora più spiazzante e caotico. Se nel film precedente i
giapponesi sembravano semplici ombre nemiche, in Lettere da Iwo Jima
acquistano tutte le sfumature dell’umanità attraverso la fotografia dei tre
personaggi principali, di cui Eastwood ricostruisce brevemente le storie
personali tramite un efficacissimo uso del flashback: c’è ovviamente il generale
Kuribayashi, uomo intelligente e molto umano, che ha vissuto in America e
non odia il nemico americano ma farà ugualmente il suo dovere fino in fondo per
salvare il suo paese anche un solo giorno di più; c’è il prode barone Nishi,
campione olimpico di equitazione alle olimpiadi di Los Angeles del 1932, uno
che ha conosciuto le celebrità di Hollywood ma è disposto a suicidarsi prima di
arrendersi; e c’è infine il soldato semplice Saigo, un ex panettiere che
desidera con tutto se stesso tornare a casa dalla moglie e dalla figlia che non
ha mai visto. In mezzo c’è la follia della guerra tratteggiata in tutte le sue
gamme di grigio e raccontata spesso attraverso inauditi squarci di realistica
umanità dalle lettere mai spedite dei soldati giapponesi al fronte. Un film toccante, bellissimo, in grado
di tenere gli spettatori incollati alla poltrona per due ore e venti ad
ascoltare dialoghi in lingua originale sottotitolati. L’inossidabile Clint Eastwood continua a
stupire. Un film assolutamente da non perdere.
Lettere da Iwo Jima - Letters from Iwo Jima, regia di Clint Eastwood, con Ken Watanabe, Kazunari Ninomiya, Shido Nakamura, Tsuyoshi Ihara, Ryo Kase, Yuki Matsuzaki, Hiroshi Watanabe, Takumi Bando; bellico/drammatico; U.S.A.; 2006; C.; dur. 2h e 20’
Voto
8½
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