Flags of our fathers
Regia di Clint Eastwood
Cast: Ryan Phillippe, Adam Beach, Jesse Bradford, Jamie Bell, Paul Walker, Neal McDonough, Joseph Cross; bellico/storico/dramm.; U.S.A.; 2006; C.
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Gli spietati
Un mondo perfetto
I ponti di Madison County
Potere assoluto
Fino a prova contraria
Space Cowboys
Debito di sangue
Mystic River
Million Dollar Baby
Flags of our fathers
Lettere da Iwo Jima
Changeling
Gran Torino
Invictus
Hereafter
J.Edgar
Tiziano Terzani, storico
inviato del settimanale “Der Spiegel” nel Sud-Est asiatico, in Un indovino mi disse, un suo libro di
qualche anno fa, definendo lo strano mestiere del cronista rilevò come
ogni evento, se non registrato e diffuso in qualche modo, di fatto finisce per non esistere. Il concetto è vero per
qualunque notizia conosca una diffusione
internazionale, e di solito è ancor più vero per
un’immagine fotografica, che spesso riesce a catturare il senso di
un’intera guerra, di una tragedia, di un evento sovrannaturale. Ed è
proprio questo il punto di partenza dell’ultimo film di Clint Eastwood, che dal
1992, l’anno in cui diresse Gli spietati,
non ha più sbagliato un colpo, fino agli due ultimi capolavori,
l’implacabile Mystic River e
lo splendido Million Dollar Baby.
L’ultima fatica dell’ex
taciturno pistolero senza nome lanciato nell’empireo cinematografico
da Sergio Leone è appunto ispirata allo scatto più significativo del conflitto nel Pacifico tra americani e
giapponesi durante la seconda guerra mondiale, quando cinque marines ed un
ufficiale sanitario della marina statunitense furono immortalati nel momento in
cui piantarono la bandiera sul Monte Suribachi, durante i giorni della
cruentissima battaglia di Iwo Jima, un’ignota isola persa nel mezzo
dell’Oceano Pacifico, caratterizzata da spiagge ombrose e cave solfuree.
Per coloro che issarono lo stars and stripes si
trattava di una semplice formalità priva di eroici retrogusti, ma quella
foto fece il giro del mondo ed in patria contribuì in modo notevole a
ridefinire (e ravvivare) il concetto di eroe, ridando senso e significato a chi
aspettava il ritorno dei soldati dal fronte di quella che sembrava una guerra
interminabile, oppure da chi inevitabilmente avrebbe dovuto piangere coloro che
non sarebbero più tornati. Flags of our fathers è
tratto dall’omonimo libro di James Bradley, il figlio di uno dei sei
soldati ripresi nella nota fotografia, e sceneggiato da William Broyles, Jr. con
Paul Haggis, già esordiente da Oscar quest’anno con Crash e l’anno
scorso autore della strepitosa sceneggiatura che ha
permesso a Eastwood di vincere il secondo Oscar da regista per Million dollar baby.
Partendo dall’icona fotografica Eastwood ne esamina
le entuasistiche reazioni in patria, dove tre dei sei soldati immortalati
tornano per incarnare l’immagine dell’eroe davanti alla masse,
iniziano senza sosta a girare per l’America, stringono mani di
sostenitori che hanno finalmente trovato qualcuno in cui credere, pronunciano
infiniti discorsi di incoraggiamento davanti ad una nazione quasi prostrata per
lo sforzo bellico, ma allo stesso tempo scoprono con amarezza che una parte
della loro anima è rimasta invischiata nella scura sabbia di Iwo Jima
con le migliaia di compagni caduti. Questa pagina di storia,
magistralmente rievocata nelle sue luci ed ombre (e dunque destinata a
suscitare polemiche in serie) da Clint Eastwood, ha talmente colpito
l’immaginario del regista americano da indurlo a dirigere anche una
rilettura della sanguinosa battaglia dalla prospettiva dei giapponesi sconfitti
in Letters from Iwo Jima, in uscita
negli States all’inizio del 2007. L’ennesimo
gioiello di Clint, imperdibile come
sempre, del resto…
Flags of our fathers, regia di Clint Eastwood, con Ryan Phillippe, Adam Beach, Jesse Bradford, Jamie Bell, Paul Walker, Neal McDonough, Joseph Cross; bellico/storico/dramm.; U.S.A.; 2006; C.; dur. 2h e 10’
Voto
8
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