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  26/04/2024 - 02:42

 

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La stanza del figlio
Regia di Nanni Moretti
Cast: Nanni Moretti, Laura Morante, Jasmine Trinca, Giuseppe Sanfelice, Stefano Accorsi, Silvio Orlando; drammatico; Italia; 2000; C
Moretti Scanner Special

 




                     di Paolo Boschi


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La stanza del figlio
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Ecce bombo


L’anomalo musical su un pasticcere trozkista che Moretti tentava maniacalmente di girare all’interno di Aprile probabilmente non lo vedremo mai sul grande schermo: il regista romano è infatti tornato dietro la macchina da presa per La stanza del figlio, abbandonando il taglio diaristico delle ultime pellicole per narrare una lancinante storia di dolore. Protagonista del film non è l’atavico alter ego morettiano Michele Apicella ma lo psichiatra Giovanni (guarda caso), uno che per professione aiuta i suoi pazienti ad elaborare fobie e lutti nel tentativo di superarli o quanto meno mitigarne gli effetti – due in particolare sono l’aspirante suicida Orlando ed il maniaco sessuale Accorsi, bravi come di consueto –. Giovanni, oltre alle soddisfazioni professionali, ha una vita felice anche sul versante familiare: è sposato con una splendida moglie ed ha due figli adolescenti con i quali cerca in continuazione il dialogo. Il tranquillo ménage di una normale famiglia di provincia viene squassato dall’interno dalla morte del figlio, scomparso per un incidente occorso durante un’immersione subacquea: nessuno dei tre superstiti sa apparentemente superare la perdita, ognuno reagisce interiorizzando il dolore e distaccandosi dai congiunti, compreso lo psichiatra (e padre) Giovanni, che si scopre vittima d’un ironico rovesciamento dalla condizione di terapeuta a quello di paziente. Proprio Giovanni è il più traumatizzato in tal senso, perché continua a ripensare cosa sarebbe successo se fosse riuscito a convincere il figlio a correre con lui quella maledetta mattina, invece della programmata escursione in barca con gli amici: una telefonata di un paziente glielo aveva impedito ed il ragazzo era andato con i coetanei, ora Giovanni non riesce ad evitare di incolpare lo pseudo-suicida – che ha scoperto di voler vivere una volta colpito da tumore – per quell’involontaria richiesta di aiuto domenicale. La stanza nel figlio lascia intravedere nel finale un ritorno alla vita, con la famiglia che in qualche modo riesce a mettere insieme i cocci della disgrazia: ma senza retorica – e qui sta la bravura di Nanni Moretti –, senza sbalzi di registro e, soprattutto, senza facili vie d’uscite sentimentalistiche tipiche del cinema americano. Qui non ci si inventa un finale alternativo o un fantastico tuffo nel passato: l’unico modo realistico per risentirsi vicino ad un figlio troppo giovane per morire è transitare tra i poster della sua camera, aprire l’ultima estemporanea lettera annunciatrice di un flirt nascosto, risentire all’infinito sul lettore Cd una canzone che a lui sarebbe piaciuta (Leitmotiv malinconico della seconda parte del film). Vie normali, banalizzanti nel loro realismo, talora stupide per la spontanea ingenuità di certi gesti o modi di fare, di taluni palliativi emotivi che non servono al problema né offrono soluzioni ma fanno intuire un passaggio o un cambio di direzione interiore. Nel suo film più toccante in assoluto il regista romano ha saputo condensare in immagini l’inarrestabile vuoto della morte vissuta dalla prospettiva di chi resta, di chi ha perso un figlio o un fratello: un vuoto da confinare in un’indefinita (terapeutica) terra di mezzo, ma che resta sempre lì. Aver dato forma e sostanza ad un indelebile dolore segna lo zenit emotivo del cinema morettiano.

La stanza del figlio, regia di Nanni Moretti, con Nanni Moretti, Laura Morante, Jasmine Trinca, Giuseppe Sanfelice, Stefano Accorsi, Silvio Orlando; drammatico; Italia; 2000; C.; dur. 1h e 39’

Voto 8½ 

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