La stanza del figlio
Regia di Nanni Moretti
Cast: Nanni Moretti, Laura Morante, Jasmine Trinca, Giuseppe Sanfelice, Stefano Accorsi, Silvio Orlando; drammatico; Italia; 2000; C
Moretti Scanner Special
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Santiago, Italia
Mia Madre
Habemus Papam
Il caimano
Cannes 2001: il trionfo di Nanni Moretti
La stanza del figlio
Aprile
Caro diario
Palombella rossa
La messa è finita
Bianca
Ecce bombo
L’anomalo musical su un pasticcere trozkista che
Moretti tentava maniacalmente di girare all’interno di Aprile probabilmente
non lo vedremo mai sul grande schermo: il regista romano è
infatti tornato dietro la macchina da presa per La stanza del figlio,
abbandonando il taglio diaristico delle ultime pellicole per narrare una
lancinante storia di dolore. Protagonista del film non è l’atavico alter ego
morettiano Michele Apicella ma lo psichiatra Giovanni (guarda caso), uno che
per professione aiuta i suoi pazienti ad elaborare fobie e lutti nel tentativo
di superarli o quanto meno mitigarne gli effetti – due in particolare sono
l’aspirante suicida Orlando ed il maniaco sessuale Accorsi, bravi come di
consueto –. Giovanni, oltre alle soddisfazioni professionali, ha una vita
felice anche sul versante familiare: è sposato con una splendida moglie ed ha
due figli adolescenti con i quali cerca in continuazione il dialogo. Il tranquillo ménage
di una normale famiglia di provincia viene squassato dall’interno dalla
morte del figlio, scomparso per un incidente occorso durante un’immersione
subacquea: nessuno dei tre superstiti sa apparentemente superare la perdita,
ognuno reagisce interiorizzando il dolore e distaccandosi dai congiunti,
compreso lo psichiatra (e padre) Giovanni, che si scopre vittima d’un ironico
rovesciamento dalla condizione di terapeuta a quello di paziente. Proprio Giovanni
è il più traumatizzato in tal senso, perché continua a ripensare cosa sarebbe
successo se fosse riuscito a convincere il figlio a correre con lui quella
maledetta mattina, invece della programmata escursione in barca con gli amici:
una telefonata di un paziente glielo aveva impedito ed il ragazzo era andato
con i coetanei, ora Giovanni non riesce ad evitare di incolpare lo
pseudo-suicida – che ha scoperto di voler vivere una volta colpito da tumore –
per quell’involontaria richiesta di aiuto domenicale. La
stanza nel figlio lascia intravedere nel finale un ritorno alla vita,
con la famiglia che in qualche modo riesce a mettere insieme i cocci della
disgrazia: ma senza retorica – e qui sta la bravura di Nanni Moretti –, senza
sbalzi di registro e, soprattutto, senza facili vie d’uscite sentimentalistiche
tipiche del cinema americano. Qui non ci si inventa un finale alternativo o un
fantastico tuffo nel passato: l’unico modo realistico per risentirsi vicino ad
un figlio troppo giovane per morire è transitare tra i poster della sua camera,
aprire l’ultima estemporanea lettera annunciatrice di un flirt nascosto,
risentire all’infinito sul lettore Cd una canzone che a lui sarebbe piaciuta (Leitmotiv
malinconico della seconda parte del film). Vie normali,
banalizzanti nel loro realismo, talora stupide per la spontanea ingenuità di
certi gesti o modi di fare, di taluni palliativi emotivi che non servono al
problema né offrono soluzioni ma fanno intuire un passaggio o un cambio di
direzione interiore. Nel suo film più toccante in assoluto il regista romano ha
saputo condensare in immagini l’inarrestabile vuoto della morte vissuta dalla
prospettiva di chi resta, di chi ha perso un figlio o un fratello: un vuoto da
confinare in un’indefinita (terapeutica) terra di mezzo, ma che resta sempre
lì. Aver dato forma e sostanza ad un indelebile dolore segna lo zenit emotivo
del cinema morettiano.
La stanza del figlio, regia di
Nanni Moretti, con Nanni Moretti, Laura Morante, Jasmine Trinca, Giuseppe
Sanfelice, Stefano Accorsi, Silvio Orlando; drammatico; Italia; 2000; C.; dur.
1h e 39’
Voto
8½
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