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Cannes 2003: i premi
Palma d'Oro a Gus Van Sant
Un'edizione segnata dalle polemiche
Cannes, 14-25 maggio 2003

 




                     di Paolo Boschi


Cannes 2003
Elephant
Il cuore altrove
Matrix Reloaded
Cannes 2002
Cannes 2001
Cannes 2000
Cannes 1999


A giudizio unanime della critica presente sulla Croisette la cinquantaseiesima edizione del Festival di Cannes, marcata da una ridotta partecipazione del contigente americano per l’atteggiamento politico francese contrario al conflitto iracheno, complessivamente non ha offerto grandi sussulti (tranne forse l’attesissima anteprima continentale di Matrix Reloaded), presentando pochi grandi film accorpati a pellicole forse non troppo meritevoli di figurare nella competizione ufficiale. Alla fine però è stato proprio il cinema americano ad imporsi, a nove anni dall’affermazione di Quentin Tarantino con Pulp Fiction: la Palma d’Oro è andata a Elephant di Gus Van Sant, uno degli autori di punta del cinema indipendente a stelle e strisce, già regista di Drugstore Cowboy, Belli e dannati, Will Hunting - Genio ribelle e Scoprendo Forrester. Van Sant ha incamerato anche il prestigioso premio riservato alla miglior regia con il suo film incentrato sulla violenza adolescenziale, ispirato (come già Bowling a Columbine di Michael Moore) sul massacro della Columbine High School del 1999 e girato con un cast di attori non professionisti in un liceo di Portland. La premiazione di Cannes 2003, con Monica Bellucci madrina d’eccezione, ha presentato molte altre sorprese: il secondo premio in ordine di importanza, ovvero il Gran Premio della Giuria, è stato assegnato al turco Uzak, premiato anche con la statuetta ex aequo al miglior attore, divisa tra i due protagonisti del film di Nuri Bilge Ceylan, ovvero Muzaffer Ozdemir (attore per diletto, architetto di professione) e Mehmet Emim Toprak, recentemente scomparso a seguito di un incidente automobilistico. A sorpresa il premio per la miglior attrice, che pareva cosa fatta per Nicole Kidman, è andato invece alla semisconosciuta Marie-Josée Croze, protagonista della pellicola canadese Le invasioni barbariche, diretta da Denys Arcand, premiato anche per la miglior sceneggiatura. A Cannes 2003 c’è stata gloria anche per la giovane regista iraniana Samira Makhmalbaf: il suo Alle cinque del pomeriggio, primo film (tutto in prospettiva femminile) realizzato in Afghanistan dopo la caduta del regime dei Talebani, ha vinto il Premio Speciale della Giuria. Grande delusione per i molti grandi presenti in concorso, rimasti fuori dal Palmarès nonostante le attese della vigilia e la lusinghiera accoglienza riservata dal pubblico transalpino: non hanno portato a casa nessun premio Dogville del ‘dogmatico’ Lars von Trier, né Mystic River dell’inossidabile Clint Eastwood, né Padre e figlio di Alexander Sokurov, né The Moab Story di Peter Greenaway (all’ennesima partecipazione a Cannes), né infine Swimming Pool di François Ozon. Delusione anche per Pupi Avati, unico italiano in concorso con Il cuore altrove, accolto con un lungo applauso dal pubblico (che gli ha almeno meritato la distribuzione in 21 paesi stranieri). Il cinema nazionale ha potuto comunque tirare un respiro di sollievo con l’affermazione de La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana nella sezione “Un certain regard” e con la retrospettiva celebrativa del cinema di Federico Fellini, omaggiato dalla Croisette a partire dalla locandina ufficiale del festival.

Voto 6 

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