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  03/05/2024 - 08:58

 

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III reportage da Venezia
Scanner cinema special
60.Mostra Internazionale d'arte cinematografica
I grandi ritorni

 




                     di Matteo Merli


Bilancio Festival del Cinema Venezia 2003
Festival del Cinema Venezia 2003
Primo reportage di Scanner da Venezia
Secondo reportage di Scanner da Venezia
Terzo reportage di Scanner da Venezia
Buongiorno, Notte
Il genio della truffa
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The dreamers - I sognatori
Prima ti sposo, poi ti rovino


Proseguendo giorno dopo giorno, tra una sala e l'altra il nostro programma, siamo stati sorpresi dal gradito di Takeshi Kitano. La sua ultima pellicola, Zatoichi, presenti nel concorso ufficiale racconta le gesta di un massaggiatore cieco, abile nei combattimenti con la spada, che nel suo percorso sì imbatte in due geishe decise a vendicare la morte dei genitori e in una città oppressa dai banditi. Un opera, come sempre spiazzante, che dimostra l'ecletticità di Kitano che rivisita in chiave pop la mitica saga di Zatoichi, famoso in patria grazie alle 25 pellicole cinematografiche. Zatoichi, viene rappresentato come una macchina sanguinaria che agisce esterno agli avvenimenti; infatti i veri protagonisti sono i personaggi che gli ruotano intorno e

vivono stretti ad uno scopo di vita. Incredibile come Kitano rinventi il suo cinema, con una creatività che fa impallidire anche i giovani registi. Altra opera di notevole spessore è Baram-Nan Gajok di Im Sang-soo al suo terzo lungometraggio, che segue le vicende di una donna in crisi con il proprio marito avvocato, e ritrova il soffio vitale attraverso il rapporto con un adolescente. Un opera intrisa di sangue e sesso, come elementi di sfogo e soppravvivenza in un mondo grigio, dove la vita è appesa ad un filo. Ottimi gli interpreti e convincente la regia nella sua capacità di costruire un melò che colpisce al cuore dello spettatore. Grande sorpresa è stata l'opera prima del concorso, the Return del russo Andrej Zvjagintsev, che racconta di due fratelli sconvolti dall'arrivo di un uomo che dice di essere il loro padre, che conoscono solo attraverso le foto. Un opera magica, costruita sulle ceneri nebulose dei ricordi dei ragazzini, che si devono confrontare con la memoria presente/passato di un padre orco che li porta dentro il cuore della Russia, che segna il doloroso passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Un opera prima sorprendente per la costruzione di regia, che ha sollevato enormi consensi e molte perplessità, ma che si segnala come una delle vere scoperte del festival. Bel ritorno di Amos Gitai che presenta Alila, che ci immerge nel presente israeliano attraverso i racconti di vita di un palazzo, crocevia di relazioni e incontri, che simboleggiano le crepe di una cultura in perenne movimento, ma che non nasconde le ferite di un presente infuocato dalle lotte intestine. Bello e suggestivo come Gitai sa fare, quando il suo cinema non s'incaglia in facili metafore dell'oggi. Notevole delusione per Twentynine Palms di Bruno Dumont, che indaga con la sua cinepresa il viaggio di un fotografo e la sua donna dentro i paesaggi desertici degli Stati Uniti, che si abbandonano all'istinto della passione. Opera programmaticamente sgradevole, che spinge il cinema di Dumont verso le secche espressive del deja vù, che non costituisce scandalo ma semplici sbadigli di sonno.

Nel fuori concorso si è potuto vedere Intolerable cruelty, ultima fatica di Ethan e Joel Coen, che segue la lotta senza colpi bassi tra un avvocato divorzista ( George Clooney ) che cerca di incastrare la moglie di un suo cliente (Catherine Zeta-Jones) per non fargli pagare gli alimenti. Una vorticosa commedia classica, che porta gli elementi romantici di una schermaglia d'amore, che per i due protagonisti è la testimonianza di una sconfitta, riscattabile con il naturale compimento con l'amore vero antidoto alla morte. Un film riuscito a metà che non si esplica pienamente attraverso un linguaggio cinematografico che scardini le regole del genere, ma segue una scrittura efficace e calibrata nel segno dei Coen. Nei Nuovi Territori, la vera sorpresa è stata The Saddest Music in the world di Guy Maddin, autore canadese conosciuto nei vari festival, ma mai approdato in Italia, che costruisce una storia d'amore con lo stile degli anni venti, pieno di variazione cromatiche in simbiosi con i diversi formati utilizzati, che vanno dal 16mm al 35mm. La storia ha luogo a Winnipeg, paesino sperduto nel mezzo del Canada, dove si svolge la gara della canzone più triste del mondo, che vede come sfondo la lotta di due fratelli in un mondo pervaso di tristezza e languore esistenziale. Un atto politico che è sinonimo d'amore per il cinema.Buongiorno Notte di Bellocchio, attessissimo da tutti sbarca al Lido, e segue le vicende dei brigatisti che sequestrarono Aldo Moro, affidandosi ad un linguaggio surreale, che ci porta nelle nebbie mentali di quel periodo, portandoci al confronto con un passato ingombrante e frainteso. Un grande film che dimostra definitivamente la statura di Bellocchio regista. Adesso siamo agli sgoccioli della manifestazione, e nelle preferenze dei critici per il Leone d'oro ci sono Bungiono, notte di Marco Bellocchio e Zatoichi. Noi tifiamo per entrambi, ma se per caso vincesse il film italiano, la cosa ci farebbe molto felici. al più presto vi daremo i nomi dei vincitori.

Voto 7 

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