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Un quartetto vocale improvvisato da tre evasi con un chitarrista nero
che ha venduto l’anima al diavolo si mette ad incidere un disco in un’emittente
persa in mezzo al nulla di un campo di grano alla presenza del vecchio
proprietario cieco: una scena surreale ed unica che fa da sfondo alla
trascinante performance vocale di I am a man of constant sorrow.
Peccato che George
Clooney non abbia cantato davvero il brano come appare nella finzione
cinematografica, un dettaglio che avrebbe contribuito non poco a rendere
indimenticabile il personaggio interpretato dall’attore americano in Fratello, dove sei?
nell’immaginario di ogni spettatore. Ma si tratta di un particolare accessorio
per il giudizio complessivo dell’ultima creazione dei
fratelli Coen, come pure per della notevole colonna sonora, affidata
all’esperienza di un nome di primo piano nell’ambito del folk blues a
stelle e strisce, T-Bone
Burnett. La soundtrack O brother, where art thou?,
oltre ad intassellarsi a perfezione con le perizie omeriche dello strano trio
di fuggiaschi in piena Grande Depressione, ha finito anche per acquistare uno
spazio a sé stante, indipendentemente dal film: la colonna sonora si configura
infatti come un’ottima antologia della musica tradizionale americana, una
ricostruzione filologicamente corretta del milieu musicale statunitense a cavallo tra gli
anni Trenta e Quaranta. Dentro vi si trova un po’ di tutto, alternato con molto
gusto ed affidato all’esecuzione di ottimi interpreti: toccate e fughe tra il blues rurale e quello di strada, frequenti
incursioni nel country e schegge di bluegrass, insomma, ogni
sorta di folk dal mitico Delta del Missippippi fino ai
monti Appalachi, proposto attraverso una finta patina d’invecchiamento su
vinile che, pur ricostruita a tavolino, non guasta affatto nell’insieme. Molte
le gemme in programma: si comincia con le picconate che cadenzano un bel canto
corale di James Carter & The Prisoners, passando attraverso Your are my
sunshine, l’indiscusso Leitmotiv del film nella versione di Norman Blake,
l’insostenibile leggerezza di Down to the river to pray di Alison Krauss, la contagiosa I am a
man of constant sorrow eseguita dai mitici Soggy Bottom Boys con Dan Tyminski
(due versioni integrali più due strumentali), l’essenziale Hard time killing
floor blues, firmata da Chris Thomas King, l’intensa e sognante Didn’t
leave nobody but the baby cantata a tre voci da Gillian Welch e Alison
Krauss con Emmylou Harris, e infine I
am weary (Let me rest), un bell’esempio di country canonico
interpretato dalla Cox Family.
La soundtrack di O brother, where art thou? è stata
la grande sorpresa dei Grammy Awards 2002: se non stupisce che abbia vinto i
premi per la miglior interpretazione country e la miglior collaborazione
country, stupisce che le giurie specializzate americane abbiano avuto il
coraggio di attribuire al disco anche i ‘grammofoni’ riservati alla produzione,
alla colonna sonora e, soprattutto, l’abbiano giudicato il miglior album
dell’anno. Davvero un album imperdibile: un tuffo nell’America del
bel tempo andato in diciannove tappe sonore.
AA.VV., O brother, where art thou? [Mercury 2000]
Voto
8½
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