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  14/12/2024 - 03:50

 

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Scanner - musica
 


O brother, where art thou?
Un'impeccabile silloge di musica tradizionale americana
La colonna sonora dell'omonimo film dei fratelli Coen
La soundtrack protagonista ai Grammy Awards 2002

 




                     di Paolo Boschi


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Un quartetto vocale improvvisato da tre evasi con un chitarrista nero che ha venduto l’anima al diavolo si mette ad incidere un disco in un’emittente persa in mezzo al nulla di un campo di grano alla presenza del vecchio proprietario cieco: una scena surreale ed unica che fa da sfondo alla trascinante performance vocale di I am a man of constant sorrow. Peccato che George Clooney non abbia cantato davvero il brano come appare nella finzione cinematografica, un dettaglio che avrebbe contribuito non poco a rendere indimenticabile il personaggio interpretato dall’attore americano in Fratello, dove sei? nell’immaginario di ogni spettatore. Ma si tratta di un particolare accessorio per il giudizio complessivo dell’ultima creazione dei fratelli Coen, come pure per della notevole colonna sonora, affidata all’esperienza di un nome di primo piano nell’ambito del folk blues a stelle e strisce, T-Bone Burnett.  La soundtrack O brother, where art thou?, oltre ad intassellarsi a perfezione con le perizie omeriche dello strano trio di fuggiaschi in piena Grande Depressione, ha finito anche per acquistare uno spazio a sé stante, indipendentemente dal film: la colonna sonora si configura infatti come un’ottima antologia della musica tradizionale americana, una ricostruzione filologicamente corretta del milieu musicale statunitense a cavallo tra gli anni Trenta e Quaranta. Dentro vi si trova un po’ di tutto, alternato con molto gusto ed affidato all’esecuzione di ottimi interpreti: toccate e fughe tra il blues rurale e quello di strada, frequenti incursioni nel country e schegge di bluegrass, insomma, ogni sorta di folk dal mitico Delta del Missippippi fino ai monti Appalachi, proposto attraverso una finta patina d’invecchiamento su vinile che, pur ricostruita a tavolino, non guasta affatto nell’insieme. Molte le gemme in programma: si comincia con le picconate che cadenzano un bel canto corale di James Carter & The Prisoners, passando attraverso Your are my sunshine, l’indiscusso Leitmotiv del film nella versione di Norman Blake, l’insostenibile leggerezza di Down to the river to pray di Alison Krauss, la contagiosa I am a man of constant sorrow eseguita dai mitici Soggy Bottom Boys con Dan Tyminski (due versioni integrali più due strumentali), l’essenziale Hard time killing floor blues, firmata da Chris Thomas King, l’intensa e sognante Didn’t leave nobody but the baby cantata a tre voci da Gillian Welch e Alison Krauss con Emmylou Harris, e infine I am weary (Let me rest), un bell’esempio di country canonico interpretato dalla Cox Family. La soundtrack di O brother, where art thou? è stata la grande sorpresa dei Grammy Awards 2002: se non stupisce che abbia vinto i premi per la miglior interpretazione country e la miglior collaborazione country, stupisce che le giurie specializzate americane abbiano avuto il coraggio di attribuire al disco anche i ‘grammofoni’ riservati alla produzione, alla colonna sonora e, soprattutto, l’abbiano giudicato il miglior album dell’anno. Davvero un album imperdibile: un tuffo nell’America del bel tempo andato in diciannove tappe sonore.

AA.VV., O brother, where art thou? [Mercury 2000]

Voto 8½ 

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