Lorenzo 1999. Capo Horn
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Il quinto mondo
Safari
Ora
L’ultimo
album di Lorenzo “Jovanotti” Cherubini da
Cortona interrompe, almeno nel titolo, l’attitudine diaristica espressa nei
precedenti lavori del più noto dei rappers nostrani da Lorenzo 1992 fino
a Lorenzo 1999. Capo
Horn. Rispetto al passato fin dal primo ascolto si avverte che Jovanotti è maturato ancora, il che non
significa che Il quinto mondo sia il più riuscito della discografia
dell’artista, ma il più coraggioso sul versante testuale ed il più complesso
sul fronte musicale (sicuramente), anche il più umanista, per ammissione
dello stesso Jovanotti. Lungo la tracklist si alternano ben
quattordici canzoni per oltre settantotto minuti complessivi, un percorso assai
variegato in cui l’hip hop fa da collante ritmico ad uno zibaldone di
generi che alterna reggae, una dose di Bacharach, bossa nova, guaguancò,
acid jazz, spruzzi di classica, ragamuffin, ritmi latini, rock,
elettronica: insomma, un cocktail davvero ricco, molto gustoso e spesso
anche parecchio ispirato. L’apripista è l’ormai famigerata Salvami,
singolo di lancio dell’album che poco ha in comune col resto de Il quinto mondo,
brano trascinante e
gioiosamente arrabbiato che costituisce un’ideale cornice per il disco, cui
corrisponde alla fine della scaletta il contraltare riflessivo di 30 modi per
salvare il mondo: due facce opposte della stessa moneta nate entrambe dopo
la tragedia dell’11
settembre, una sorta di cornice contemporaneizzante delle dodici tracce
centrali, tutte più o meno focalizzate sull’uomo (non a caso il secondo brano
s’intitola proprio L’uomo) in un’ideale escalation che tocca
l’apice in Date al diavolo un bimbo per cena. La particolare
organizzazione de Il quinto mondo autorizzerebbe a definirlo un concept
album per il suo rigore strutturale e, spingendoci un po’ oltre, vista la
progressione tematica e la cornice fortemente attualizzante, potremmo anche
considerarlo una sorta di Decameron del rap, definizione
che di sicuro Lorenzo apprezzerebbe. Non
si tratta di un album perfetto perché in pratica Jovanotti non ha
mai timore di affondare le parole e magari talvolta finisce per cadere in
semplificazioni troppo naïves (come in La vita vale o in Noi),
ma rivelandosi sempre molto coraggioso, forse peccando per eccesso di
ambizione. L’album nel complesso è ricchissimo d’idee, torrenziale per la
felicità d’invenzione verbale, talora dirompente nella capacità di
metabolizzare i contenuti, e forte anche sotto il profilo delle collaborazioni:
la ritmica carioca di Carlinhos Brown colora Salato parte uno, i Jarabe de Palo
supportano efficamente Jovanotti nel
guacancò della vivace (Storia di un) Corazòn. Ci sono anche un
paio di perle, come la soave e deliziosa Ti sposerò, un solare country
all’aroma di Bacharach, o l’arguzia concettuale della title track, e c’è
qualcosa che sta a mezzo tra una gemma ed una summa teologica dell’arte
jovanottesca, Date al diavolo un bimbo per cena, quasi dodici minuti di
fosforo testuale a ritmo incalzante. Le pajettes delle polemiche
televisive per i molteplici passaggi di Salvami (alimentati dai fatidici
versi “la giornalista-scrittrice che ama la guerra / perché le ricorda
quand’era giovane e bella”, riferiti ad Oriana Fallaci) sembrano poca cosa se
confrontati a questo brano, alla forza delle parole in esso contenute, alla sua
capacità dialettica (ed anche al luminoso assolo di sax di Kenny Garrett nella
parte centrale), un brano tutto da scoprire, da ascoltare a più riprese per
assorbirne ogni singolo verso.
Jovanotti, Il quinto mondo [SoleLuna 2002]
Voto
8-