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  08/05/2024 - 02:44

 

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Scanner - musica
 


Jovanotti e il debito del terzo mondo
Lorenzo, l'uomo che chiese di cancellare il debito
Considerazioni sull'esternazione a sorpresa a Sanremo 2000

 




                     di Paolo Boschi


Lorenzo 1999. Capo Horn
Il mio nome è mai più
Il grande boh
Lorenzo Live
Cancella il debito!
Il quinto mondo
Safari
Ora


Ho cominciato a fare il giornalista più o meno coscientemente circa sei anni fa e da allora mi sono occupato di preferenza di ciò che più mi piace: i libri, i dischi e i film, non necessariamente nell’ordine. Non ho mai abbandonato la terza persona in ogni singolo articolo: non per vezzo, ma perché penso che un giornalista fondamentalmente debba cercare di essere oggettivo anche quando, per redigere recensioni (e quindi opinioni), l’ottica di rilettura è forzatamente personale. A volte però accade un evento che invita a riflettere e fa ricordare schegge del proprio passato. In questo caso la scarna cronaca di un evento, l’imparzialità oggettiva, finisce per mischiarsi e fondersi in una cosa sola con il pezzo da scrivere. E bisogna quasi per forza chiamare in causa se stessi, i propri ricordi. Non c’è altra via.

A me è successo per la prima volta dopo la seconda serata di Sanremo 2000, peraltro allegramente snobbata fino a tarda ora, quando un furtivo zapping mi ha portato sul palco dell’Ariston per un rap arrabbiato di Jovanotti in compagnia di Carliños Brown, uno che è uscito a suon di note dalle favelas, dove la fame è una dura realtà. Lorenzo Cherubini da Cortona in arte Jovanotti giocava con l’hip hop e diceva una cosa tremendamente seria: cancella il debito, il debito del terzo mondo, che il debito ce l’ha anche per colpa di una politica colonialistica che affonda le sue radici nella storia e nelle colpe dei cosiddetti paesi civilizzati.

Aveva ragione da vendere Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti. Non doveva essere granché prevista la sua performance all’Ariston. E dato che viviamo in un paese ‘particolare’ e che Sanremo - questo lo sanno anche quelli che non lo seguono - è solitamente, sopra ogni cosa, un vespaio di polemiche, il suo rap ha fatto centro. Prima quelli che al Governo non sono hanno protestato contro la scelta dell’interlocutore. Due giorni dopo il premier D’Alema ha ricevuto Jovanotti insieme a Bono Vox degli U2 che, come il rapper italiano, la pensa allo stesso modo in materia di azzeramento del debito del terzo mondo. Chi più, chi meno, tutti hanno compreso la richiesta di Jovanotti: meraviglia delle meraviglie l’ha compresa anche l’Istituzione, quella con la I maiuscola, indipendentemente da chiunque stia lì a governare. E’ una cosa grandiosa a prescindere, che fa luce sul potere dell’evento mediatico, in ogni sua forma. Sulla riflessione indotta da un uomo di spettacolo in grado di pensare ad un uomo politico che ne prende spunto per pensare anche lui alla stessa cosa - anche se la cosa era già in movimento, non importa -. La cancellazione del debito ai paesi del Terzo Mondo è un primo passo che potrebbe avere conseguenze a livello planetario. Cambiare le cose, i destini di milioni di persone. Una cosa che fa pensare. Che la musica faccia cambiare le cose è un altro fatto che dà molto cui pensare.

E fa pensare il cambiamento di un uomo di spettacolo ‘normale’ com’era Jovanotti agli esordi, ovvero alla fine dei controversi anni Ottanta: uno che diceva “Gimme Five” al mondo (me compreso). Ed è a questo punto che la prima persona dell’umile giornalista farà la sua comparsa. Io ho conosciuto (come tanti) Jovanotti proprio agli inizi, quando avevo sedici anni e una gran voglia di divertirmi. All’occorrenza anche di pensare, sempre nel caso mi andasse, in fondo avevo sedici anni. Ero all’Aquafan di Riccione, mentre Lorenzo registrava una puntata di DJ Television con un enorme gelato che si squagliava sotto il sole, e la ripresa non era mai buona e lui (l’ice cream), imperterrito, diventava sempre più informe. Una scena vagamente surreale da ordinaria TV commerciale quotidiana. Ebbi l’autografo da Lorenzo (che ancora non si faceva chiamare col suo nome) e lo salutai col suo inno, solo per scoprire poco dopo che così, in quei termini, aveva poco da dire al mondo: così, in quel preciso istante, avevo intuito che tra qualche tempo mi sarei dimenticato di lui e dei suoi inni estemporanei. Deve essersene accorto anche lui. Deve essere cambiato nel profondo, come chi accetta di vivere. Ecco che quei cambiamenti sempre più decisi in Lorenzo 1992, poi in Lorenzo 1994, nella bella raccolta del 1995, in Lorenzo 1997. L’albero e infine nel recente Lorenzo 1999. Capo Horn, sono entrati tutti nella giusta prospettiva, compreso il famigerato «io credo / che in questo mondo / esista solo una grande chiesa / che parte da Che Guevara / e arriva fino a Madre Teresa». Tutto insieme e tutto shakerato: e perché no? Chi ha detto che non debba essere così per qualcuno? Un gran bel mix primigenio e variegato all’inverosimile.

E’ un ragazzo cresciuto, Jovanotti, divenuto uomo e di recente pure padre, ma sempre con l’aggiunta del bagaglio naïf di ogni ragazzo: perché solo i giovani possono osare cambiare il mondo. O almeno provarci. A volte semplicemente con un rap. Ogni suo disco ha presentato fin dal titolo una data e la riscoperta del suo vero nome, quasi un diario musicale di morettiana memoria, in costante progresso. Perfino Il grande Boh!, il suo esordio in cabina di scrittura, era strutturato per accumulazione di schegge di ricordi, esperienze, frammenti di vita vissuta. Forse perché Jovanotti vive e cresce col passare degli anni. Tutto molto semplice: prima vive, poi riflette e infine scrive, compone, canta. Ed è bello scoprire che i miti amitici della propria adolescenza sono diventati adulti con noi: miti dinamici, adulti eternamente giovani, di quelli in grado di cambiare le cose, o di provarci e stare a vedere. Anche con mosse che possono scuotere l’opinione pubblica. Anche a costo di mettersi in gioco. Di rischiare non solo con collaborazioni contro drammi bellici come Il mio nome è mai più, perfino di rischiare in prima persona. Tutto per una nobile causa. Perché per cambiare il mondo a volte basta avere coraggio. Il coraggio di chiederlo.

Voto 8 

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