Contemporanea 07, presentazione V edizione
Contemporanea 07, il futuro e il presente
Alveare Off percorsi performativi – linea verde
Alveare Off percorsi performativi – linea rossa
Teatro delle Ariette, Theatre de Chambre, Dans ma maison
Fuori Formato
La casa mista franco emiliana
delle - Chambre è
un container in verticale che tanto sa di casse da immigrato. Una macchineria
futurista, dal sapore comunque rurale e companatico, che ricorda gli
aggeggi metallurgici della Fura dels Baus, un po’ tecnologica, un po’
navicella spaziale, il tutto ricoperto da una rete da polli. Oppure è la casa
di Hansel e Gretel, una torre di Babele claustrofobia, una palafitta o meglio
la casa sull’albero di Huckberry Finn, una, comune normale quotidiana, prigione
senza sbarre. Il luogo scelto non è dei più caratteristici. Ci ricordavamo
splendidi panorami pratesi affiancati alle atmosfere, un po’ ripetitive ma
sempre decorosamente naif, del gruppo dei contadini attori del famoso podere
sopra Bologna. Nel 2003 c’era il Cassero improvvisamente divenuto siepe
leopardiana, nel ’05 la splendida radura immersa nel verde con tanto di
scarpinata incolonnata come formiche per raggiungere il luogo prescelto tra la
colonica, i covi di paglia e Pasolini. Quest’anno Contemporanea poteva pensare a
qualcosa di più suggestivo invece che la palestra cementificata di Montemurlo. Mura
spesse, fuori piove e non sembra quasi giugno. Sempre fuori: un circolo con il
suo bar zoo di giocatori di biliardino, flipper e mangiasoldi, gelati leccati,
chi gioca a beach volley e chi a calcetto. Sarebbe bello riuscire a portare a
“teatro” questo tipo di persone oppure, visto che siamo a Prato e provincia, tentare
(sarebbe una new entry in tanti anni di frequentazione di Metastasio, Fabbricone,
e Contemporanea) a vedere o solamente scorgere un cinese, un qualcuno con gli
occhi a mandorla e la faccia da orientale. Prima o poi ce la faranno i “nostri”
amministratori a precettarne uno e toglierlo al telaio per un’ora? Dentro il
palazzetto, fa decisamente freddo, uno scaleo a reggere una cortina di
lampadine (tristi), un canestro da basket che messo in un angolo dà ancora più
rimostranza di sé. Lo spunto degli “ingegneri” francesi con i contadini
rinchiusi (il Grande Fratello non
c’entra) è anche interessante. Sondare e indagare sul concetto di Casa e
Famiglia. Il sentirsi dentro, accettati, facente parte di qualcosa più grande
di noi. La piastra intanto cuoce le tigelle appena fatte a mano con lo stampo
di un bicchiere da vino rovesciato. “Spesso le nostre case sono lontano da casa
nostra, anche a casa nostra”. E giù a pensare. E l’odore del pane passa di naso
in naso, di bocca in bocca. In alto due poveri conigli non capiscono. Come
potrebbero, neanche noi capiamo che cosa ci fanno. Le Ariette comunque tornano
all’antico, ed è già una buona nuova dopo la debacle di “Bestie” a Volterra. Anche
quest’anno saranno nel cartellone di Punzo con “E’
finito il tempo delle lacrime. Gran soirèe prediluviana” dal 23 al 29 luglio 2007 con una grande installazione fantastica
tra fiera paesana felliniana, con tanto di mercatino delle meraviglie, zoo
sentimentale e ruota della fortuna. Con “Dans ma maison” i rustici declamatori
tornano a fare quello che gli riesce meglio: parlare di agricoltura, colture,
il tutto insaponato a doppia mandata a sentimenti (a volte sentimentalismi).
Ormai le emozioni, rispetto alle prime apparizioni (“Teatro di terra” e “Teatro
da mangiare”), date dall’innovazione e dall’originalità si contano sulle dita
di una mano. Stefano Pasquini che disteso sull’asse la ruota intorno al pilone
centrale spingendosi con le gambe al soffitto, o la traversata (conclusiva) su
una bicicletta- cyclette dinamo (sembrano la gloriosa coppia Carlo Monni e Roberto Benigni in Berlinguer ti voglio bene quando Bozzone declama “Noi
siamo quella razza”) con Paola in versione erotica bambolina carillon,
diva clown e vamp pagliaccio sciantosa in canna e la farina che nevica e cola
dall’alto ad inzupparli come fantasmi. Racconti di vita quotidiana dei campi e
di vita privata, in francese maccheronico, gli aneddoti, quasi biblici, tra
pecore e grano. Semplicità e buoni sentimenti. Forse buonismo. Sole, farina e
lacrime e sorrisi. Poi parte “Romagna mia” e li riconosciamo, l’“Internazionale”
appena accennata, mentre il “Cielo in una stanza” ci coglie impreparati. Poi
finalmente l’abbuffata finale di affettati, vino rosso (pesantissimo). E
naturalmente le tigelle. E il teatro?
Voto
6