Contemporanea 07, presentazione V edizione
Contemporanea 07, il futuro e il presente
Alveare Off percorsi performativi – linea verde
Alveare Off percorsi performativi – linea rossa
Teatro delle Ariette, Theatre de Chambre, Dans ma maison
Fuori Formato
Comincia Contemporanea con il morso bulimico dell’Alveare Off. Officina Giovani
pullula, ributta, esplode. C’è tensione positiva
nell’aria, il parcheggio è pieno. Ti danno i cartoncini rettangolari: verde,
giallo, rosso. L’ingresso è gratuito. Si aspetta davanti al banco. C’è uno con
la giacca da domatore bianca. Undici spettacoli in tre ore. Roba
da farsi venire gli occhi storti ed i piedi gonfi. Lottatori di sumo palleggiati da una stanza all’altra. Piastrelle alle
pareti: lisce, scorrevoli. “Qui ci macellavano le bestie”, fanno alle mie
spalle. Gente con il programma in mano che legge nomi
impronunciabili e altisonanti. L’entrata nell’hangar ha qualcosa di
parto, qualcosa di penetrazione, reietti sputati o gioiosa finalmente entrata
gaudente. Si spengono le luci. Lo spettacolo è guardare le facce, i visi
contorti, a cercare di capire, i volti liquefatti nelle pose meno comode. Mantenere decoro e bon ton, appoggiarsi con la schiena, ma con
classe, spalmarsi appiccicato al vicino, ma con estrema eleganza.
Si parte. Chi
c’è: Edoardo Donatini da bravo condottiero non manca,
anche Andrea Mazzoni timbra il cartellino e fa
presenza. Chi non c’è, la lista è lunga: Federico Tiezzi, Geraldina Cardillo, Paola Giugni. Alla prima all’Alveare Off sarebbe
stato importante lo stesso spiegamento di risorse umane usate per la
presentazione in conferenza stampa. Ma alle prime non
ci sono né fotografi né microfoni. Quindici minuti per
compagnia per dire tutto o per abbozzare soltanto un discorso, un’idea da
riprendere. In itinere, in fieri, in divenire,
work in progress: scegliete voi. Linea verde (fino al 4 giugno). Nella prima
performance Silvia Pasello ci aveva avvertiti. Il
pezzo si chiama “In assenza di evento”. Basta leggere
l’opuscolo. Alle sue spalle una sua gigantografia ritratta
qualche anno fa. Era bellissima. E’ ancora bellissima. La gemella è a
fianco e non l’abbandona. Su una sedia come boxer tra un
round e l’altro, muscolare e muscolosa. Dalle casse che friggono
arrivano parole di un’intervista, passi strascicati sulla ghiaia. L’oggetto da
mostrare è l’attrice stessa, la persona è il personaggio, il quadro è
bidimensionale: “Quando è che comincia?”. Si passa ai “Menoventi”.
Sulle mura piastrelle impiastricciate da rossetto e gel, la mano insanguinata
dalla profezia biblica del “sei nata con violenza,
semini violenza, con violenza morirai”. E’ un feto che urla
la disperazione del non voler uscire, è la donna che vuole eliminare il
dolore dall’addominale: in crescendo. I Teatro Sotterraneo sono una certezza del teatro
svelato, del gioco ironico dei vuoti e pieni, del distorcere bisogni, i finali
dei film, debolezze, la posa davanti ad uno scatto, della parola Fine forzata,
compresa e vilipesa: gioielli da coltivare. Cosmesi invece mette in
atto un suicidio. Un’Audi con un tubo di gomma dentro
lo scappamento, la musica altissima, la donna in rosa che si dimena in posa classiche da istantanea, ad uso e consumo dei
paparazzi voyeristi. In audio la
donna che urla. Dal fumo, il bosco nebuloso di Alice
nel paese delle meraviglie, nasce, reincarnato, un coniglio. Nero: suicide girl.
Voto
8