Si tratta di finzione o di realtà? Di una bufala o di un eccelso esperimento psico-sociologico? Attori di sublime spontaneità o 'gente come noi'? Who cares. Sarebbe a dire: "chi se ne importa".
Dopo mesi di bombardamento pubblicitario pre-GF (Grande Fratello, per quei fortunati eremiti che ancora non lo sapessero) e dopo ben un mese di trasmissione, sono finalmente giunta a questa drastica conclusione: al Grande Fratello, ai suoi tanti occhi spioni puntati nel torrido container dove vivono gli ormai 8 oggetti del suo esperimento, non importa un bel niente di quel che si pensa di lui. Non gli frega niente che si dica bene o male, che si sospettino truffe, imbrogli, accordi.
Che ci puzzi così tanto la storia d'amore di Pietro e Cristina (con tanto di prestazioni sessuali più o meno intense), la possibile omosessualità di Rocco, punzecchiato e umiliato da quella serpe di Marina (ma per il fidanzato cornuto non accade assolutamente niente di anormale là dentro, contento lui…), la recentissima confessione strappalacrime della sofferta paternità di Salvo.
Le vere cavie del GF, alla fine, siamo noi. Noi che siamo rimasti fuori, noi che abbiamo smesso i costumi da bagno per cappotti e ombrelli, mentre lì continuano a prendere il sole, noi con i nostri fisici anonimi, le nostre discussioni anonime, le nostre case senza telecamere nel cesso. Lo scopo del GF non era certo creare un programma nuovo (ci sono arrivati prima di noi l'Olanda, la Spagna e quanti altri?). Del resto non una delle trasmissioni televisive trasmesse nei palinsesti italiani è opera originale. Tutto copiato. E perfino male il più delle volte. Comprese le soap all'italiana, tristemente riconoscibili fin dalle prime parole, dalle più semplici inquadrature. Peggio dei telefilm tedeschi.
Il Grande Fratello è stato davvero grande, nel suo piccolo, perché ha raggiunto, in poco tempo, il suo unico obiettivo. Che era quello di attirare l'attenzione, catalizzare gli sguardi della gente, anche solo per un secondo, fossero anche sguardi disgustati. Che fuori se ne parli, bene o male, poco importa, ciò che conta è che lo si faccia.
E tant'è. Chiedete a chi vi pare, anche a vostra nonna. Magari penserà a qualcosa in stile "Vivere" (ma recitato senz'altro con maggiore spontaneità), ma SAPRA' indubbiamente di cosa state parlando. Non fosse altro che perfino il telegiornale dedica alcuni minuti di sana tensione al tragico verdetto del 'condannato a lasciare la casa'.
Mi dispiace per tutti i detrattori di questa trovata da nuovo millennio, ma il Grande Fratello è un programma riuscito, perché ha ottenuto che davvero da per tutto se ne stia parlando, negli uffici, nelle case, tra gli amici, sull'autobus. Molti di noi sanno riconoscere (qualcuno con un misto di eccitazione e angoscia) il jingle (anche quello riuscitissimo - ahimè) che apre i collegamenti di Canale 5 alla 'casa'.
Poco importa se per decretare questo successo si è ricorsi col tempo anche a mezzucci piuttosto banali volti ad aumentarne l'eco, come certa satira guarda caso prodotta proprio dalle stesse reti Mediaset (Mai dire Grande Fratello e La Grande Suocera) o i veri o finti scoop di Striscia La Notizia.
E così, alla fine, i veri gabbati siamo noi. Involontari promotori di questa tivù-capestro.
Ci restano altri due mesi, da vivere fuori dalla casa del Grande Fratello. Due mesi in cui, già lo sappiamo, dovrà succedere di tutto, là dentro. Allora facciamoci un favore: se questo programma ci piace, per un motivo o per l'altro, che diamine! siamo in un paese democratico, sediamoci in poltrona e improvvisiamoci pure voyeurs. Se non ci piace, cambiamo canale, senza ombra di dubbio abbiamo anche questa libertà. Ma, per favore, sopra ogni cosa, mentre continuiamo a vivere le nostre banali vite nelle nostre banali case, concediamoci anche un po' di silenzio. È pur sempre uno dei beni più preziosi che abbiamo.
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