Il 22 gennaio 2004: in concomitanza con l'uscita nelle sale italiane del film più atteso della stagione, Il ritorno del re, episodio conclusivo della stupenda trilogia del Signore degli anelli, riparte la maratona più conosciuta d'Italia, quella dei reclusi nella casa del Grande Fratello di Cinecittà.
Inutile spendere più parole di quante siano state già dette in merito alle (assai poche) novità di questa quarta edizione o sui due conduttori, Barbara d'Urso, che spera di ripetere il successo della passata edizione e l'ormai storico Marco Liorni, che fa quel che può per mantenersi a galla nella noiosissima diretta serale del giovedì che è diventato ormai tra gli appuntamenti televisivi più logori, sciatti e monotoni che appaiono in prima serata.
Meglio sicuramente la diretta su Sky, più sofisticata e gradevole nell'impostazione grafica e che almeno non risente dell'intervento umano che necessariamente taglia e cuce ( e probabilmente censura) i pezzi che vanno in onda nella striscia serale, quest'anno scivolata un po' più verso la prima serata per evitare di "contaminare" la fascia protetta.
Troppo presto per individuare i probabili "personaggi" di questa edizione del Grande Fratello, che sicuramente si difendono assai bene con i loro graziosi visi televisivi e le loro anime già "contaminate" dal meccanismo del successo che probabilmente li risucchierà nella spirale delle ospitate domenicali a seguito della loro uscita dalla casa, ma sicuramente possono ritenersi anch'essi briciole della nostra umanità ormai ridotta in brandelli.
Ultima riflessione sull'innegabile successo che il Grande Fratello riesce a riscuotere anche a quattro anni ormai dalla "novità" degli esordi sui nostri schermi tv: credo che la motivazione debba necessariamente cercarsi non tanto nell'istinto voyeuristico di cui così tanto si è parlato, né nell'animo pettegolo che si può riscoprire in ogni individuo del genere umano. Sono convinta che si debba invece ricercare nel terribile senso di solitudine che attanaglia i nostri giorni, che ci rende schiavi del desiderio di vivere in un contesto favorevole a noi stessi, dove noi sappiamo tutti degli altri, ma nessuno sa nulla di noi.
Voto
5