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  20/04/2024 - 10:05

 

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Stephen King
Mucchio d'ossa
Milano, Mondadori ("I Miti"), 2002; pp. 608

 




                     di Paolo Boschi


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Mucchio d'ossa
Tutto è fatidico


Il re del brivido non delude mai, neppure quando attinge linfa autoreferenziale al proprio mestiere né addirittura quando finisce per iterare simile schema: solo per fermarci agli esempi macroscopici della bibliografia di Stephen King, basti ricordare come abbia già utilizzato scrittori come protagonisti dei propri romanzi in Shining e Misery, due capolavori indiscussi del genere horror. In tal senso non fa eccezione neppure Mucchio d’ossa, di recente ripubblicato da Mondadori nella collana “I Miti”: protagonista della storia è un prolifico scrittore di best-sellers, Mike Noonan, rimasto vedovo in modo fulminante quattro anni prima e per di più all’oscuro della gravidanza dell’amata consorte. Dal terribile trauma Mike non è mai riuscito a riprendersi, e la lenta elaborazione della perdita subita gli ha reso impossibile la scrittura, dettaglio di non poco conto per uno scrittore di genere come lui, posizionato appena a ridosso dalle top ten di vendita ma costretto a reggere il ritmo di un libro all’anno: grazie alla sua previdenza Mike Noonan è riuscito a rimanere comunque a galla, avendo fatto scorta di romanzi quando la propria vena narrativa era al culmine. Per voltare pagina e tentare di uscire dal suo immobilismo esistenziale il protagonista decide così di trascorrere l’estate a Sara Laughs, dove insieme alla moglie aveva trascorso i momenti migliori della vita coniugale, una casa di villeggiatura sul lago così denominata in ricordo di una cantante blues di colore che aveva abitato gli stessi luoghi decadi prima per poi scomparire nel nulla insieme al figlioletto Kito. Capita peraltro che nella zona, da tutti chiamata soltanto TR, da tempo stiano verificandosi fenomeni strani ed inquietanti. La svolta nella vita di Mike arriva con la conoscenza di Mattie, giovanissima vedova che cerca di tirare avanti vivendo in una roulotte con la figlia Kyra, di tre anni, di cui il nonno Max Devore, influente plutocrate locale,. anziano e paralitico, sta cercando di ottenere la tutela. A questo punto in Mucchio d’ossa in questo perfetto chiasmo sentimentale – nonostante la differenza d’età, le due hanno perso un padre, mentre Mike la moglie e un figlio – s’innesta saldamente il filo narrativo del sovrannaturale, in ossequio alla stratificata tradizione di Stephen King: una casa isolata infestata dai fantasmi, un’oscura maledizione pendente sulla tranquilla località vacanziera, un terribile crimine razziale perpetrato nel passato e protetto tramite una ragnatela di omertà i cui fili collegano tutti gli abitanti del TR. L’happy ending dolceamaro e consolatorio arriverà implacabile, ma soltanto dopo virtuosismi in serie, pirotecniche sorprese e massicce dosi di suspense. D’altra parte Stephen King conosce alla perfezione la ricetta per creare un perfetto best-seller: il segreto in questo caso lo fa esporre al suo stesso protagonista quando, parafrasando William Somerset Maugham, Mike afferma che “uno scrittore è un uomo che a insegnato alla sua mente a comportarsi male”. E King sa come dosare ad arte le luci e le ombre dell’animo umano, come accostarle sapientemente all’ignoto per creare una buona storia. Un romanzo di genere che valica decisamente i confini di genere.

Stephen King, Mucchio d'ossa, Milano, Mondadori ("I Miti"), 2002; pp. 608

Voto 8 

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