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  03/05/2024 - 13:51

 

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William Somerset Maugham
In villa, Milano
Adelphi, 1999; pp. 126

 




                     di Paolo Boschi


William Somerset Maugham (1874-1965) è in assoluto uno dei più effervescenti scrittori inglesi del secolo, un tipico narratore ‘di mestiere’, con i suoi punti di forza nella chiarezza dello stile e nella vivacità del linguaggio: un medico convertito alla letteratura, tra l’altro, preferibilmente nel genere della narrativa breve. In villa costituisce un esempio classico della produzione più originale dello scrittore inglese: in poco più di un centinaio di pagine Maugham riesce infatti a combinare un mirabile intreccio di trame, colorate da notevoli sprazzi di dissacrante ironia. A volte gli basta un dettaglio sibillino, anche mentre i suoi protagonisti stanno semplicemente cenando, e si avvicina loro un “capocameriere che parlava scioltamente una mezza dozzina di lingue, ma non ne comprendeva nessuna”. Sprazzi insomma che, se ripetuti a più riprese, improntano decisamente tutta la storia in un’atmosfera tipicamente british per situazioni e spunti di riflessione. Anche perché questo romanzo breve (o racconto lungo che dir si voglia), nonostante sia ambientato nella Firenze del primo Novecento, mostra nel dettaglio la Firenze frequentata dalla colonia inglese. Al centro della storia c’è una bellissima e giovane vedova, Mary Panton, appena trentenne, fresca di lutto, in riposo in una villa di amici sui suggestivi colli fiorentini. Ad interromperne la quiete arriva Edgar Swift, un vecchio amico di famiglia, quasi uno zio, che però non ha mai smesso d’amarla e che adesso, forte di una prestigiosa nomina a governatore del Bengala, vorrebbe impalmarla nonostante i ventiquattro anni d’età. Ma siamo in terra straniera, in una ristretta società bene di stranieri, e ad una delle frequenti cene tra connazionali, arriva anche la dichiarazione di un giovane dandy irresponsabile, ovvero Rowley Flint che, come prima cosa, mette sul tavolo le sue idee riguardo al neogovernatore: “E’ un grand’uomo in posa da grand’uomo. Ha questo di fantastico: come Charlie Chaplin nella parte di Charlie Chaplin”. Inevitabilmente Rowley sviluppa una discussione con Mary, e la donna rivela un’inquietante fantasia di disponibilità erotica con uno sconosciuto, a puri fini caritatevoli. Parrebbe una ‘banale’ deviazione dal triangolo classico – originale a prescindere, considerando che In villa fu edito per la prima volta nel 1941 – ma, arrivato fin qui, Maugham decide che è tempo di scardinare il normale iter narrativo che un lettore si attenderebbe: devia prima verso il sentimentale e lo stravagante, ed infine condisce la storia con uno scabroso fatto di sangue, ovviamente nella bella villa con vista panoramica su Firenze dove alloggia la protagonista, una donna troppo bella e che alla fine sarà costretta ad ammettere la propria irrispettabilità. A questo punto il piatto è pronto per un inedita sterzata verso un giallo sui generis: il tutto abilmente condotto dalla maestria di un narratore consacrato, per statuto, al piacere del testo.

William Somerset Maugham, In villa, Milano, Adelphi, 1999; pp. 126

Voto 7½ 

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