Vanni Santoni, Interessi in comune, 2008
Vanni Santoni, Se fossi fuoco, arderei Firenze , 2011
Una generazione viene indagata dall’interno e implode sotto lo sguardo vispo e disincantato di un narratore atipico e moderno come Vanni Santoni, che dopo aver pubblicato nel 2007 Personaggi precari per RGB (mettendo a lucido i materiali tratti dall'omonimo progetto
di narrativa per il web) debutta per Feltrinelli con una speciale narrazione generazionale. Vanni ci racconta di ragazzi che sognano poco e si lasciano andare in weekend di sballo, in giornate passate fra bar e viaggi in treni regionali, fra playstation e droghe, fra momenti di esaltazione e down. In questo coinvolgente Gli interessi in comune il giovane e intrigante autore toscano (è nato nel 1978 a Montevarchi, vive a Firenze) disegna ad alta velocità il manifesto di
una generazione allo sbando controllato: un gruppo di amici che dal 1995 al 2006 si regalano undici anni di eccessi chimici. Iacopo, il Mella, il Paride, il Dimpe, il Malpa, Pelle, il Mella, il Sasso Sandrone nel ’95 hanno sedici anni e come interessi in comune la voglia di evadere da una realtà che non li soddisfa, ma lo faranno solo attraverso il consumo quasi scientifico di tutte le sostanze che gli capitano a tiro. La loro pubertà esplode con una percezione sempre e volutamente alterata. Che magari non li fa vivere a pieno, ma che li fa sopravvivere anche alle delusioni quotidiane. Non sono tossicodipendenti, magari nemmeno tossici e la droga diventa per questo gruppo di giovani dal futuro incerto (anche perché
mai indagato) la maniera per comunicare (fra loro e con se stessi) senza in realtà comunicare con nessuno. Una consuetudine senza ideologie in cui questi giovani abusano di sostanze psichedeliche per farsi passare addosso il quotidiano. Vanni Santoni non è William Seward Burroughs e nemmeno Lawrence Ferlinghetti
e non ci tiene nemmeno a esserlo. Racconta fra (anzi sotto) le righe le storie di un frammento di generazione valdarnese (perché è quella che conosce meglio, ma la provincia non è molto diversa altrove). E lo fa senza
nessun intento moralistico, compiacimento o posa anticonvenzionale. In questa lucida
narrazione, Vanni ci regala solo la fotografia di un modo di essere giovanile che sinora era stato indagato perlopiù per iperboli, con analisi sociologiche preconfezionate e reportage generazionali plastificati pieni di slogan che, per loro natura, si specchiano nei luoghi comuni. Santoni va invece oltre. Baldanzosamente. E con
bel piglio narrativo ci racconta i vizi e i costumi della provincia underground,
di una Toscana minore, poco conosciuta.
Basta scorrere l’indice per rendersi conto quanto gli interessi in comune di cui si narra in questo azzeccato libro siano a senso unico, ecco i titoli dei capitoli: 1. Lsd, 2. Nitrito d'ammile, 3. Fendimetrazina, 4.
Eroina, 5. Cannabis, 6. Noce moscata, 7. Ecstasy, alcol, 8. Tabacco, 9. Diazepam, 10. Sesso, 11. Anfetamina, 12.
Feniciclidina, 13. Ketamina, 14. Mescalina, 15. Amanita muscaria, DMT, 16. Hashish, 17. Psilocibina, 18. Cocaina, oppio, dolore, 19. Atropina, morfina, 20. MDMA, 21. Salvia divino
rum, 22. Caffè, 23 Lsd (II). I protagonisti non si lasciano mancare niente e la loro esistenza tragicomica o forse inutile è un continuo svegliarsi da un torpore per ricacciarsi a tuffo dentro lo sballo. La giovane e
inquieta provincia toscana si confessa in un libro dal ritmo rap, dalla foga narrativa hip hop, che non ha paura di affrontare argomenti e modi di essere controversi, ma non si erge
mai a giudice o complice. Il percorso di questi giovani nichilisti viene filmato pagina dopo pagina, disegnando uno spaccato di società giovanile che magari non sarà condivisibile, ma esiste eccome. E intende mandare
in orbita le preoccupazioni senza affrontarle. Leggendo il libro spesso viene da sorridere, soprattutto in certi passi in cui l’humour toscano guida la penna dell’autore, in altre pagine particolarmente colorite, dalle
connotazioni grunge, viene il dubbio che l’esagerazione sia un’arma narrativa per esorcizzare comportamenti borderline, poi guardandosi intorno, magari all’uscita dalla discoteca o
fra il pubblico estasiato di qualche festival musicale, è quasi impossibile non notare quanto la realtà narrata da Santoni non sia certo frutto della fantasia. Ce lo confermano le pupille dilatate di tanti che ci
passano accanto per strada, le espressioni sfuggevoli o assenti di altri che non si pongono nemmeno il dubbio che ci sia anche solo la possibilità di sognare un domani in cui credere, in cui, anche parzialmente, riconoscersi.
Voto
8