Stripped
Bridges to Babylon
No security
Forty Licks
Gli Stones in concerto a Milano
Gimme Shelter
Beatles contro Rolling Stones
Sono rimasti in quattro ed hanno ampiamente superato
la cinquantina ma sono un pezzo più unico che raro della storia del rock.
Alle soglie del Duemila gli Stones
'ruggiscono' ancora con questo ottimo album - in copertina campeggia appunto un
leone - e lo fanno rielaborando in modo originale la propria musica, osando
perfino proporre qualcosa di nuovo allo stratificato marchio di fabbrica delle
pietre rotolanti. Incredibile a dirsi, i sempreverdi Mick Jagger, Keith
Richards, Charlie Watts e Ron Wood riescono per l’ennesima volta ad evitare
il rischio di mostrarsi come la parodia di se stessi: lo si avverte fin dal
ritmo indiavolato di chitarra e batteria che contrassegna l’apripista Flip
the Switch, quasi a tranquillizzare i vecchi fans del proprio stato di
forma. Gran parte del “qualcosa di nuovo” cui alludevamo prima è dovuto alla
ballata Anybody seen my baby?, singolo di lancio di Bridges to Babylon, marcato da un sound suggestivo, ipnotico
e decisamente di tendenza. Altra traccia e tornano i vecchi Stones di sempre, con una rock ballad di ruvida efficacia come Low down, che costituisce un dittico
con la successiva Already over me, una ballata più canonica, vagamente
ombrosa ed interpretata in punta di voce da Jagger. A ruota gli Stones propongono una delle chicche
del disco, ovvero la sferzante Gunface, pompata a mille dalle tramature
chitarristiche del sempre valido Richards il quale, subito dopo, azzarda
l’interpretazione vocale personale con You don’t have to mean it, una
curiosa contaminazione di sonorità caraibiche e hawaiane. Il corpo centrale di Bridges to Babylon presenta prima l’insostenibile crescendo rock di Out of control e quindi la gemma assoluta del disco, ovvero
la trascinante e contagiosa Saint of me, aperta in chiave gospel e quindi sviluppata in modalità davvero coinvolgenti in direzione soul rock. L’album ha ancora carte da giocare: l’hard rock cupo e
rallentato (per quanto possa sembrare una contraddizione) di Might as well
get juiced, la splendida ballata Alwais suffering, lo sfrenato
dinamismo chitarristico di Too tight, nonché due interpretazioni ‘confidenziali’
di Richards in Thief in the night e nella conclusiva How can’t stop. Riassumendo: tredici canzoni con cui la premiata ditta Jagger-Richards
firma l'album più convincente dei Rolling
Stones dai tempi di Steel Wheels.
Rolling Stones, Bridges to Babylon [Virgin 1997]
Voto
7½