C’è una nuova autrice che sta infiammando da qualche tempo le classifiche del Regno Unito: si
chiama Amy MacDonald, è una ventenne scozzese di Glasgow, è carina e avvenente in modo alternativo ma non si presenta come il classico prodotto preconfezionato e concepito in laboratorio per conquistare le
masse con musica pop usa e getta – e quindi finire nel dimenticatoio allo scoglio del secondo album, che per molti esordienti spesso si rivela fatale –. Al contrario la giovane MacDonald nell’album di debutto ha già dimostrato di avere la stoffa della cantautrice di razza, privilegiatamente di marca folk, con occasionali incursioni nel rock e rare concessioni al pop: peraltro nelle undici canzoni di This is life ha sfoggiato un talento canoro che pare ispirarsi ad alcune tra le migliori rockeuse degli ultimi vent’anni, dalla Dolores O’Riordan in versione ispirata alla Sheryl Crow prima maniera. Che l’artista c’è ed
ha talento da vendere lo si intuisce a fin dal pezzo apripista, il singolo di lancio dell’album, ovvero quel Mr. Rock & Roll marcato da un grezzo ma efficace riff di chitarra che ti entra in testa al primo ascolto per non lasciarti più, anche grazie alla grinta trasmessa dall’ugola di Amy MacDonald
ed allo strepitoso ritmo del brano, che innesca spontaneamente il desiderio di
battere il tempo. Lo stesso accade anche nella successiva tracklist, più ombrosa ma ugualmente trascinante. Le cose si fanno più dure nel brano seguente, ovvero Poison Prince, un rock oscuro ed esaltante che contiene in nuce una critica evidente contro certi personaggi del panorama contemporaneo idolatrati senza motivi di sorta. L’album cambia passo con la traccia successiva, ovvero Youth of today, una struggente ballata a pronta presa emotiva sulle distanze tra giovani ed adulti. Subito dopo arriva la splendida Run, lenta, leggera e dolcemente insostenibile. Il baricentro di This is the life è la bellissima Let’s start a band, un piccolo gioiello acustico in cui Amy MacDonald ci parla del suo sogno di diventare una cantante – ormai già realtà –. A ruota si cambia nuovamente ritmo con Barrowland Ballroom, un pezzo ridente e scanzonato. Quindi arrivano prima L.A. che, indipendentemente dal titolo, si profila come una classica canzone da viaggio in stile Sheryl Crow, poi la scattante e sincopata Wish for something more, quindi l’amara Footballer’s Wife, un attacco senza fronzoli alle celebrità per interposta persona della società contemporanea, come appunto le mogli dei calciatori, presenze fisse dei
giornali indipendentemente dalla mancanza di qualunque talento, celebri semplicemente in quanto coniugate con eroi sportivi. Amy MacDonald chiude il discorso in bellezza con l’essenziale Road to home, un’appassionante e riflessiva discesa folk verso le proprie radici, raccontate con il ruvido orgoglio di una ventenne scozzese. Questa sensazione viene rafforzata, se possibile, anche dall’altrettanto
essenziale ed emozionante bonus track, Caledonia. Nel complesso This is the life si profila fin dal prima ascolto come un album notevole, fresco, avvincente: probabilmente non un capolavoro ma il solido
disco d’esordio di una cantautrice che, ci si può scommettere, risentiremo molto presto…
Amy MacDonald, This Is The Life [Mercury 2007]
Voto
7 +
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