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  26/04/2024 - 23:57

 

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Sheryl Crow
C'mon C'mon
[A&M 2002]
L'irresistibile ritorno di una splendida quarantenne

 




                     di Paolo Boschi


Tuesday Night Music Club
Sheryl Crow
The globe sessions
C'mon C'mon


E’ forse troppo attendersi, da chi ha le carte in regola per farlo, una rivoluzione del genere rock? Stando a C’mon C’mon, quarto album di studio della sempreverde Sheryl Crow, probabilmente le cose stanno proprio in questi termini, ma sarebbe ingeneroso nei confronti di questa splendida quarantenne di Memphis non inquadrare il suo ultimo disco nella giusta prospettiva. Soprattutto in ragione della sua lunga gavetta da eterna corista dei grandi dello showbiz (George Harrison, Joe Cocker, Stevie Wonder, Rod Stewart e Michael Jackson, per citare qualche nome) fino al fulminante debutto (e l’aggettivo è corretto) nel 1993 con Tuesday Night Music Club. Nei suoi primi tre album Sheryl ha dato prova di grande talento in fase compositiva, ha sfoggiato uno stile vocale all’occorrenza seducente e vellutato, o duro e aggressivo, dimostrando sempre un’ottima padronanza del palcoscenico (culminato nell’ottimo Live in Central Park). Per cui, se con C’mon C’mon Sheryl Crow ha voluto creare una sorta di antologia inedita del suo repertorio, chiamando a raccolta anche qualche guest amica, lasciamo perdere la classica critica contro le bieche logiche commerciali e godiamoci la verve ed i buoni spunti che il disco offre: in fondo il gentile pubblico deve almeno evitare giudizi preventivi verso una cantautrice capace di sfidare una catena di distribuzione come la Wal-Mart denunciando in un brano il diffondersi delle armi tra i bambini. Comunque, passando ad illustrare il disco lungo la tracklist, è d’obbligo segnalare il trittico d’apertura, in perfetta linea con la solarità che emerge dalla copertina: il ruspante pop-rock di Steve McQueen è seguito a ruota dal raggiante singolo Soak up the sun (e con un titolo così non potrebbe essere altrimenti), ideale per le onde FM, e quindi dai ruvidi riff di chitarra di You’re an original, in duetto con la guest-de-luxe Lenny Kravitz. Poi, con Safe and sound, arriva anche la prima ballata in scaletta, dal suono vagamente liquido, ideale preludio all’ottimistico country della titletrack ed ai densi sentimenti di sapore West Coast di It’s so easy, in coppia con Don Henley, ottimo esempio di collaborazionismo musicale – oltre alle apparizioni del leader degli Eagles e di Kravitz in C’mon C’mon figurano anche le voci di Liz Phair, Stevie Nicks, Emmylou Harris e Gwyneth Paltrow – nonché una delle migliori canzoni di tutto il disco. Subito dopo la malinconica ballata Over you, arriva anche il rock più graffiante della tracklist, ovvero Lucky Kid, dotato di sprazzi di elettronica e di un contagioso riff centrale: transeamus sulle successive (e non memorabili) Diamond road e It’s only love, per arrivare di slancio alla dinamica chiusa dell’album, che alterna in successione le emozioni country di Abilene, la contagiosa Hole in my pocket, la splendida essenzialità di Weather Channel (altra perla dell’album) ed infine le atmosfere rarefatte che colorano Missing, l’intensa ballata finale. Non è un capolavoro ma un album che dimostra che la vena creativa di Sheryl Crow ha ancora numerose cartucce in serbo, in attesa di un’altra Run Baby Run...

Sheryl Crow, C'mon C'mon [A&M 2002]

Voto 7½ 

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