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  19/04/2024 - 10:14

 

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Scanner - musica
 


Cousteau
Sirena
[Nun/Edel 2002]
L'atteso ritorno dei 'palombari' del suono lunare

 




                     di Paolo Boschi


Sirena - Recensione
Sirena - Presentazione
Cousteau
Cousteau in tour 2001


Ecco a voi i Cousteau, atto secondo. Dopo il sorprendente successo riscosso dall’album d’esordio in Italia ed in Spagna il gruppo britannico, in patria ancora band di culto (latrice di un genere di nicchia), è tornato in studio per Sirena (equivalente dell’inglese mermaid in italiano ed in spagnolo), un disco che ripresenta itinerari sonori già accennati al debutto ma non percorsi fino in fondo. Scorrendo le prime due tracce della tracklist verrebbe la tentazione (ingenerosa) di interpretarle in prospettiva autoreferenziale: ma l’irresistibile refrain d’organo che apre Nothing so bad o la svagata malinconia di (Dawn these) Hungry times danno invece la piacevole sensazione di ritrovare un vecchio amico che si è momentaneamente perso di vista. La premiata ricetta del gruppo inglese è la stessa dell’esordio: il tastierista Davey Ray Moor compone le musiche e scrive i testi (oltre a suonare), mentre il solido vocalist Liam McKahey provvede ad interpretarle con l’efficacia cui ci ha abituato, con quel suo stile canoro che ricorda non poco il miglior Bowie in veste di crooner confidenziale. La musica dei Cousteau continua ad arrivare da un passato non troppo remoto, miscelando con perizia artigianale sprazzi di Tom Waits, schegge di Burt Bacharach, molto swing anni Cinquanta, qualche ombrosità alla Nick Cave, alcune armonie stile Pink Floyd, baleni di jazz e, ovviamente, anche un pizzico del Bowie balladeer. La qualità dei riferimenti del cocktail musicale resta all’altezza della situazione e del reale svolgimento dei brani, sempre indispensabili, spesso avvolgenti, marcati da un sound pieno, perché i Cousteau fondamentalmente sono un affiatato gruppo di virtuosisti dei rispettivi strumenti e nelle loro performances, anche di studio, il feeling musicale si sente e domina su tutto il resto. Per esemplificare il concetto basti ascoltare la preziosa apertura di Talking to myself, che si sviluppa in un contagioso e composito refrain chitarristico. A ruota Sirena scala di marcia con l’atmosfera notturna della deliziosa Peculiarly you, ballata a pronta presa emotiva, avvolgente, insostenibile. Nel suo interno alternarsi di luci ed ombre il disco continua con la disillusione briosa di Salome, quindi con la melodica passionalità di Please don’t cry e la viscerale No medication, una ballata caraterizzata da una splendida esecuzione vocale di McKahey, una fisarmonica che dipinge Parigi ed il piano pressante di Moor. La svagata tromba che apre After the fall ci conduce dalle parti di Bacharach, poi i Cousteau, sulle orme dell’oceanografo francese che ha ispirato il loro nome, ci propongono gli abissi pianistici di Last secret of the sea, davvero intensa, a tratti quasi liturgica. Verso la sua conclusione Sirena mostra di avere ancora chicche sonore in serbo: ecco l’intrigante Heavy weather, i suoni soffusi di She bruise easy e la maestosa essenzialità di Have you seen her. Nel complesso un’altra ottima prova di questo gruppo di ‘palombari’ musicali, che convincono con la robustezza di un sound agganciato saldamente alla tradizione ma in grado di rielabolarla in infinite variazioni sul tema.

Cousteau, Sirena [Nun/Edel 2002]

Voto 7+ 

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