(What's the story) Morning glory?
Be here now
The Masterplan
Standing on the shoulder of giants
Heathen Chemistry
Ecco a voi
il quinto album di studio dei turbolenti fratelli Noel & Liam Gallagher, da
sempre croce e delizia dei loro ammiratori, da sempre mente e voce degli Oasis, da sempre incessanti
riattualizzatori del sound made in Fab Four ma, strano a dirsi, (quasi) sempre
piuttosto intriganti. Già, a prescindere dall’inevitabile antipatia che i due
(soprattutto Liam) sono soliti ispirare con una vena di sottile
autocompiacimento, è d’obbligo riconoscere alla musica degli Oasis un’indubbia capacità
di presa, tutta giocata su ritmi orecchiabili e sul naturale magnetismo della
voce di Liam. A parte queste considerazioni preliminari, alla fin fine il
giudizio su una manciata di canzoni si basa appunto sulla qualità e
l’originalità del sound elaborato dall’autore e Noel Gallagher, in tal
senso, sorprende per la curiosa capacità di catturare l’immaginario
dell’ascoltatore, nonostante la sua musica molto ‘citazionistica’ ed una
relativa capacità d’invenzione testuale: insomma, per il più maturo Gallagher
vale più che mai l’adagio degli Stones: “It’s only rock and roll, but we like
it”. E così, dopo un album essenziale (ma bello) come Be here now,
dopo un disco rutilante (ma poco ispirato) come Standing on the shoulder
of giants ed un live-verità come Familiar to millions,
era assolutamente logico che arrivasse (finalmente) un bel disco, essenziale ed
ispirato, ovvero Heathen Chemistry che, nell’economia della
carriera del gruppo vale un ritorno alle sonorità più ruvide che marcavano sia Definitely
Maybe e (What’s the story) Morning glory: resta solo da
vedere quale livello di successo commerciale raggiungerà ma, in fondo, i due
fratelli di Manchester non hanno più problemi simili dal 1995, data d’uscita
del loro secondo disco
ed attuale bestseller. E dunque scendiamo nel dettaglio della tracklist:
stavolta si contano dieci brani più un contagioso brano strumentale, e ben tre
(due notevoli) sono uscite dalla penna del Gallagher minore. L’apripista è il
singolo The Hindu times, un rock ruspante e sorretto da una
tramatura chitarristica vagamente orientaleggiante (Beatles docent,
per l’ennesima volta), una canzone quasi tradizionalmente da repertorio Oasis, ed ideale per la voce di Liam. Ad
ogni modo si tratta di una buona partenza e, dato che chi comincia bene è a
metà dell’opera, ad un dipresso arrivano altre gemme variate ed ispirate: a
partire dall’atmosfera anni Settanta che si respira dalle parti di Force of
nature ed alla rabbia sonora che anima Hung in a bad place, brano
firmato dal chitarrista Gem Archer. A ruota segue la prima, immancabile ballata
Oasis-style, Stop
crying your heart our, che apre una parentesi intimista e sentimentale nel
corpo centrale di Heathen Chemistry con l’essenziale Songbird, la più ritmata Little by little
e quindi (Probably) All in the mind, ennesimo tentativo di Noel di
emulare il sound di Champagne Supernova et similia. La
coda presenta un tranquillo folk rock di Noel e le due sopracitate perle
composte da Liam: la conclusiva Better man è un brano bluesato e sporco,
graffiante quanto basta, mentre Born on a different cloud è l’indiscusso
gioiello dell’album, un’ombrosa ballata con voce distorta che (diciamolo) pare
uscita dal repertorio di John
Lennon, da sempre nume tutelare di Liam Gallagher. Nel complesso un bel
disco: i migliori Oasis
on stage da diversi anni a questa parte.
Oasis, Heathen Chemistry [Sony 2002]
Voto
7½