(What's the story) Morning glory?
Be here now
The Masterplan
Standing on the shoulder of giants
Heathen Chemistry
Nel loro ultimo album, Be here now, gli Oasis avevano tenuto a precisare fin dal titolo che loro erano ancora lì, ovvero in testa a tutte le classifiche mondiali, giusto nel punto in cui erano arrivati con i precedenti Definitely Maybe e (What's the story) Morning glory: Poi è arrivato anche il best of delle B
sides del gruppo, The Masterplan, una deliziosa quisquilia che forse solo loro potevano permettersi. Ora i 'terribili' fratelli Gallagher sono tornati: ciascuno vi potrà dire la sua sul loro sound, a proposito del quale si è già parlato di involuzione. Fatto sta che il (rimaneggiato) quintetto di Manchester dimostra con il recente Standing on the shoulder of giants di non essere affatto un gigante con i piedi di argilla: nati come alfieri del cosiddetto brit pop, gli Oasis ad ogni nuova uscita discografica hanno continuato immancabilmente ad aggiungere qualcosa alla loro musica. Nell'ultimo episodio della serie Liam & Noel hanno premuto l'acceleratore sul versante hard rock, senza perdere il vizio delle ballate nostalgiche con sprazzi di grinta presenti da sempre nel loro repertorio: esemplare da questo punto di vista la splendida e conclusiva Roll it over e Sunday morning call. La prima vera chicca del disco arriva subito dopo l'elettrizzante ouverture: è il singolo Go let it out, paradigmatico del suono-Oasis e quindi arricchito da vigorose citazioni beatlesiane, all'opera soprattutto nel flauto che prepara suggestivamente il momento del contagioso refrain. La capacità di rielaborare con classe i fasti dei Fab Four costituisce d'altra parte il marchio di fabbrica della produzione di Noel Gallagher, che non sembra affatto preoccupato della domanda da un milione di dollari elaborata da uno dei miti di riferimento del leader degli Oasis, ovvero sir Paul McCartney: cosa succederà alla band del momento quando avranno esaurito gli accordi dei Beatles? Probabilmente niente, dato che continueranno a riciclarli all'infinito nelle più spericolate rielaborazioni, finora comunque poste sempre in modo soft e con molto garbo - ma è l'impronta sonora, la capacità di impatto musicale al primo ascolto quella che conta e che non manca mai nei pezzi degli Oasis -. E' più probabile che alla fine saranno le tensioni interne a sgretolare una band che ha il suo fulcro in una coppia di fratelli che dal lato umano e psicologico magari a volte lasciano perplessi, ma che non deludono mai ad ogni nuova uscita musicale. Anche nel loro caso si tratta di un'alchimia raggiunta in modo quasi casuale ma capace di garantire una grande presa sul pubblico: le composizioni di Noel, tanto quelle più accelerate quanto le sue morbide ballate, unite all'interpretazione 'strascicata' del fratellino Liam che, con Little James, ha segnato in Standing on the shoulder of giants il suo esordio in cabina di scrittura. Un debutto sorprendente, tra l'altro, e che certo finirà per creare a medio termine un ulteriore motivo di tensione con il fratello maggiore, indiscutibile mente del gruppo sia a livello testuale che musicale. Il paragone in atto tra il quintetto di Manchester e il mitico quartetto di Liverpool è latente anche nel titolo di questo album - con gli Oasis nella parte degli umani che si posano sulle spalle dei giganti -e, forse, entrambi i casi dimostrano che la musica per essere davvero originale ha bisogno di nascere in contesti che sembrano sempre sul punto di rompersi in mille pezzi. E comunque, rovistando tra le dieci tracce di Standing on the shoulder of giants, se non si trovano grandissime novità sonore, sono davvero pochi i secondi che vanno sprecati: vedere in merito la grinta zeppeliniana che colora Who feels love? e I can see a liar. Gli Oasis sono così, prendere o lasciare…
Oasis, Standing on the shoulder of giants [Helter Skelter 2000]
Voto
7