Demasíado Corazón
Punti di fuga
In ogni caso nessun rimorso
Ribelli!
Mastruzzi indaga
Il
sottotitolo di Mastruzzi indaga, l’ultima raccolta di racconti di Pino Cacucci, mette
subito sull’avviso il lettore che all’interno del volume potrà trovare “Piccole
storie di civilissimi bolognesi nella Bologna incivile e imbarbarita”.
Un’espressione simile già di per sé sembra un ossimoro, ma la vera atipicità
della raccolta
è costituita dallo stesso protagonista, all’anagrafe Gino Mastruzzi,
investigatore di scarsa fortuna che si è malinconicamente lasciato alle spalle
la giovinezza ed i sogni che la popolavano, ormai ampiamente disilluso sul
futuro cinico che la società pare essersi scelta. Cacucci il
suo personaggio lo presenta in questi termini prima d’iniziare a proporci i
ventidue racconti di Mastruzzi indaga, quasi un avviso al lettore che,
oltrepassato lo scarno identikit del buon Mastruzzi, non troverà
racconti gialli, o almeno non ne troverà di ascrivibili alla definizione
canonica del genere: “Gino Mastruzzi vive in un vecchio quartiere incastrato
nel centro di Bologna, l’ultimo
avamposto sul deserto dove imperversano immobiliari, banche e fasfù. Gino
Mastruzzi per campare, farebbe l’investigatore. Ma a forza di dare una mano a
risolvere i mille problemi quotidiani della sua gente, l’attività che svolge
assomiglia spesso a quella di un assistente sociale. Gino Mastruzzi non ha il
porto d’armi, è perennemente incarognito con i predoni del deserto, vede il
mondo alla rovescia, e quando gli capita un caso che gli dà modo di rompere le
scatole all’innaturale ordine delle cose, ci si butta a testa bassa. Gino
Mastruzzi ha sempre perso”. Ma ogni tanto, a questo loser del
capoluogo felsineo, capita comunque di farsi qualche risata ai danni di chi
nella vita, al contrario, vince sempre. Questa curiosa figura di investigatore/assistente
sociale (all’occorrenza perfino idraulico) attinge clienti – spesso incapaci di
pagare i suoi già modesti servigi – nell’indigente milieu locale
composto da immigrati, anziani, zingari, operai, barboni, disoccupati,
perdenti come lui insomma. E solitamente si tratta di casi che neppure
richiedono soluzione, ma spesso si limitano a constatare che la soluzione non
serve – perché non cambia nulla – o addirittura per i clienti è meglio ignorala
– per evitare di farsi venire un’ulcera –. Dalla postazione privilegiata del
suo scassatissimo ufficio, spesso comtemplando un’inesistente finestra,
Mastruzzi raccoglie nel suo personale (e confuso archivio) di denuncia sociale
gli infiniti ritagli di giornale relativi a brutte storie, ingiustizie latenti
e soprusi palesi che tanto lo fanno arrabbiare: e tra le pagine di Mastruzzi indaga
si delinea un realistico quadro di Bologna, città opulenta e pronta
all’accoglienza ma in cui, come in tutte le città contemporanee, si diffondono
inquietanti sacche di emarginazione, razzismo, inciviltà, alienazione,
malavita, povertà. In simile scenario Mastruzzi, tobagista incallito e
pieno di acciacchi, si industria con
molta dignità a fare il possibile per la sua gente, tra poche soddisfazioni e
copiosi bicchieri alla salute di una città, di un mondo e di uno stato d’animo
cui sente di appartenere sempre meno.
Pino Cacucci, Mastruzzi indaga, Milano, Feltrinelli, 2002; pp. 128
Voto
7-