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  05/05/2024 - 07:31

 

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Pino Cacucci
Mastruzzi indaga
Milano, Feltrinelli, 2002; pp. 128

 




                     di Paolo Boschi


Demasíado Corazón
Punti di fuga
In ogni caso nessun rimorso
Ribelli!
Mastruzzi indaga


Il sottotitolo di Mastruzzi indaga, l’ultima raccolta di racconti di Pino Cacucci, mette subito sull’avviso il lettore che all’interno del volume potrà trovare “Piccole storie di civilissimi bolognesi nella Bologna incivile e imbarbarita”. Un’espressione simile già di per sé sembra un ossimoro, ma la vera atipicità della raccolta è costituita dallo stesso protagonista, all’anagrafe Gino Mastruzzi, investigatore di scarsa fortuna che si è malinconicamente lasciato alle spalle la giovinezza ed i sogni che la popolavano, ormai ampiamente disilluso sul futuro cinico che la società pare essersi scelta. Cacucci il suo personaggio lo presenta in questi termini prima d’iniziare a proporci i ventidue racconti di Mastruzzi indaga, quasi un avviso al lettore che, oltrepassato lo scarno identikit del buon Mastruzzi, non troverà racconti gialli, o almeno non ne troverà di ascrivibili alla definizione canonica del genere: “Gino Mastruzzi vive in un vecchio quartiere incastrato nel centro di Bologna, l’ultimo avamposto sul deserto dove imperversano immobiliari, banche e fasfù. Gino Mastruzzi per campare, farebbe l’investigatore. Ma a forza di dare una mano a risolvere i mille problemi quotidiani della sua gente, l’attività che svolge assomiglia spesso a quella di un assistente sociale. Gino Mastruzzi non ha il porto d’armi, è perennemente incarognito con i predoni del deserto, vede il mondo alla rovescia, e quando gli capita un caso che gli dà modo di rompere le scatole all’innaturale ordine delle cose, ci si butta a testa bassa. Gino Mastruzzi ha sempre perso”. Ma ogni tanto, a questo loser del capoluogo felsineo, capita comunque di farsi qualche risata ai danni di chi nella vita, al contrario, vince sempre. Questa curiosa figura di investigatore/assistente sociale (all’occorrenza perfino idraulico) attinge clienti – spesso incapaci di pagare i suoi già modesti servigi – nell’indigente milieu locale composto da immigrati, anziani, zingari, operai, barboni, disoccupati, perdenti come lui insomma. E solitamente si tratta di casi che neppure richiedono soluzione, ma spesso si limitano a constatare che la soluzione non serve – perché non cambia nulla – o addirittura per i clienti è meglio ignorala – per evitare di farsi venire un’ulcera –. Dalla postazione privilegiata del suo scassatissimo ufficio, spesso comtemplando un’inesistente finestra, Mastruzzi raccoglie nel suo personale (e confuso archivio) di denuncia sociale gli infiniti ritagli di giornale relativi a brutte storie, ingiustizie latenti e soprusi palesi che tanto lo fanno arrabbiare: e tra le pagine di Mastruzzi indaga si delinea un realistico quadro di Bologna, città opulenta e pronta all’accoglienza ma in cui, come in tutte le città contemporanee, si diffondono inquietanti sacche di emarginazione, razzismo, inciviltà, alienazione, malavita, povertà. In simile scenario Mastruzzi, tobagista incallito e pieno di acciacchi, si industria con molta dignità a fare il possibile per la sua gente, tra poche soddisfazioni e copiosi bicchieri alla salute di una città, di un mondo e di uno stato d’animo cui sente di appartenere sempre meno.

Pino Cacucci, Mastruzzi indaga, Milano, Feltrinelli, 2002; pp. 128

Voto 7- 

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