Afrodita
La figlia della fortuna
Ritratto in seppia
La città delle bestie
Il mio paese inventato
Il regno del Drago d'Oro
Isabel
Allende, nata a Lima nel 1942 ma vissuta in Cile fino al golpe del 1973, è una scrittrice che non ha bisogno di
presentazioni di sorta: basta pensare alla qualità della sua produzione
dall’esordio nel 1982 con La casa degli spiriti fino al recente Ritratto in seppia.
La città delle bestie costituisce l’ennesimo esempio di perfetta sintesi
tra i temi cari alla Allende (la magia delle piccole cose, l’inspiegabile,
l’avversità, la complessità dei rapporti familiari, l’avventura) e la sua vena
di narratrice pura, capace di inchiodare il lettore alla storia fin dalle prime
pagine. In tal senso l’ultimo romanzo della serie è l’ennesima conferma
alla consolidata regola: nel breve volgere del primo capitolo la Allende ci
proietta a piè pari, dalla prospettiva del quindicenne protagonista Alex, in
una crisi familiare innescata da una grave malattia della madre, che rischia di
preludere alla dissoluzione della famiglia in questione. Per tentare di
risolvere il problema il gruppo di Alex dovrà dividersi e Alex dovrà vivere una
grande avventura in compagnia di Kate, l’eccentrica nonna paterna, reporter di
professione, anziana ma ancora validissima. Già da questa sintetica
anticipazione sulla trama si evince però una piccola ma sostanziale differenza
rispetto alla precedente produzione della Allende: anziché puntare sul
‘consueto’ romanzo ambientato parzialmente (o integralmente) in un passato più
o meno lontano, stavolta la scrittrice cilena sembra aver scelto l’attualità
(ovvaimente in ossequio alle sue tematiche privilegiate), ricercando l’attenzione
di una fascia di pubblico più giovanile – e non a caso La città delle
bestie costituisce il primo capitolo di una trilogia dedicata alle
nuove generazioni –. La storia in sé segue le perizie di una spedizione
scientifica finanziata dalla prestigiosa rivista “International Geographic”,
diretta verso il cuore profondo dell’Amazzonia in cerca di risposte al mistero
di una bestia mostruosa ed imponente che suole paralizzare con un odore ripugnante
le sue sfortunate vittime. Del gruppo, oltre ad Alex e Kate, fanno parte anche
un fotografo inglese con assistente messicano al seguito, un antropologo
francese prestigioso quanto arrogante, una bella dottoressa brasiliana, la
guida locale e sua figlia, la tredicenne Nadia, di madre inglese ma sempre
vissuta in rapporto simbiotico con la foresta amazzonica, di cui conosce tutti
i segreti, come pure gli idiomi degli indios. I due ragazzi in breve
diventeranno amici inseparabili, scopriranno un intrigo interno alla variegata
spedizione che minaccia di sterminare le tribù locali, saranno entrambi
catturati dal misterioso Popolo della Nebbia (una tribù di indios vissuti in
isolamento pressoché totale dall’alba dei tempi), si ritroveranno in una città
perduta nel mito (magari in cui zampilla una leggendaria acqua di lunga vita)
e, ovviamente, scopriranno il mistero della bestia, decisamente più complicato
di quanto ci si potrebbe immaginare a priori. Il tutto nel bel mezzo di
un’evoluzione individuale – con l’indispensabile aiuto dello sciamano Walimai –
che metterà in contatto i due giovanissimi protagonisti con i rispettivi
animali totemici, rendendoli così Giaguaro e Aquila. La città
delle bestie è un romanzo a tinte fabulistiche sull’armonia possibile
tra l’uomo e la natura, e costituisce in effetti una ragguardevole novità
nell’ambito del repertorio allendiano: indicato per gli adolescenti, a tratti
narrativamente perfino po’ scontato anche se, senza dubbio, molti lettori
inveterati della scrittrice
cilena vorranno farsi trasportare a briglia sciolta dal fascino
ambientalistico della trama.
Isabel Allende, La città delle bestie, Milano, Feltrinelli, 2002; pp. 242
Voto
7-
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