Carte da decifrare
La disciplina della terra
Fossati dal vivo
Lampo viaggiatore
Musica moderna
Se per farsi una sommaria idea di un disco ci si fermasse
al suo titolo, forse dovremmo intendere che l’ultima fatica di Ivano Fossati, classe 1951, con le sue
undici tracce di Musica moderna dovrebbe essere un album inciso nel solco della
tradizione del cantautore genovese. Niente di più fuorviante, al contrario,
dato che questo pugno di canzoni suonano tremendamente contemporanee – come di
norma nella produzione fossatiana – ma anche portatrici di un’agile immediatezza
di messaggio. Sono canzoni che dicono subito, insomma, con la consueta lirica
efficacia di Ivano Fossati
quello che l’autore intende comunicarci per stavolta. Complessivamente, anche
se la copertina dell’album offre un’idea immediata di modernariato, da Musica moderna
emerge un suono pulito, essenziale e molto curato, con sprazzi rock inusuali nella produzione più
recente del cantautore. Nulla di cambiato, al contrario per i messaggi
veicolati dalle canzoni, con cui Fossati cerca di ricostruire
un clima di contemporaneità francamente preoccupante, e di cui non condivide
granché. Il disco prende avvio a ritmo accelerato con Il rimedio, il cui il
nostro amabile cantautore dichiara i propri intenti sulla concezione di un
presente sempre meno comprensibile e per cui non sembrano profilarsi anticorpi
all’orizzonte, tranne l’amore – “Mai più saggezza, mai più / se c’è un rimedio,
io corro da te” –. A ruota Fossati propone il reggae Miss America,
centrato su un amore appena sbocciato e le sue conseguenze (“Se fa qualcosa di
sbagliato, / ha la rivoluzione nel cuore”, canta l’autore del suo personaggio).
Poi l’album presenta la solita magica ballata sentimentale cui Fossati ci ha
abituato, ovvero Cantare a memoria,
una ballata intensa da far male, che ci conquista verso dopo verso. E poi
arriva anche la grande provocazione di Musica
moderna, ovvero Il paese dei
testimoni, in cui Fossati piazza una corrosiva invettiva contrappuntata
da un ritmo semplicemente irresistibile: l’autore genovese si cala nei panni di
un tipico personaggio spregevole di quelli che nei nostri tempi riempiono di
spazzatura i rotocalchi televisivi e le colonne dei giornali per criticare
l’attitudine assai italiana per il sospetto. Non poteva mancare quindi la
classica ballata essenziale per pianoforte di fossatiana memoria, e la troviamo
in D’amore non parliamo più,
essenziale, splendida e struggente. Nell’alternanza accelerato-essenziale che
caratterizza il disco, ecco anche la notevole Last Minute, centrata da
refrain di chitarra di rara malinconia, una ballata della memoria davvero a pronta
presa e caratterizzata da una spiazzante struttura concentrica. Anche la title track è una ballata per
pianoforte di rara intensità e bellezza, quel romanzo sentimentale di cui
Fossati da decenni sta scrivendo un capitolo dietro l’altro per il gentile
pubblico. C’è anche spazio per la canzone ecologica con l’efficace R’n’B de
La guerra dell’acqua, che col suo ritmo intrigante parla di cose
assai serie come lo sviluppo sostenibile in materia di risorse idriche (l’emergenza
per definizione del futuro del pianeta). La coda del disco propone il
minimalismo delle Parole che si dicono,
quindi il tango di Illusione
(molto tarantinesco e
vecchio stile) ed infine la splendida ballata L’amore trasparente, dalla colonna sonora di Caos calmo,
già vincitrice di un David e di un Nastro d’Argento, l’ennesima magia
sentimentale del buon Fossati, caratterizzata da versi assolutamente strepitosi
e da un ritmo accattivante. Un disco
imperdibile.
Voto
8