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  05/05/2024 - 21:04

 

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Karine Saporta
Wild
Lo spettacolo equestre-coreografico, che vede in scena l’ex cavallerizza di Zingaro / Bartabas Eva Schakmundes, il danzatore africano Jean Kouassi Konan e i tre cavalli Domingo, Febus e Andrai, costumi di Michèle Tarot, scenografia: Valerio Ferrari
Dedicato a Barbara Nativi. Per Fabbrica Europa 07, dal 25 al 31 maggio 2007 al Giardino Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino

 




                     di Tommaso Chimenti


Fabbrica Europa 2007, bilancio della XIV edizione
Charleroi Danses, Sinfonia Eroica
Socìetas Raffaello Sanzio, Hey Girl
Maria T, Alexander Balanescu String Quartet
Maria Donata d’Urso, Lapsus
Teatro Minimo, Amleto
Karine Saporta, Wild


Wild era stato “venduto” al pubblico (e comprato da Fabbrica Europa per 60.000 euro) come “un lavoro poetico e spettacolare, che esalta la forza, la finezza, la potenza espressiva delle figure in scena”. In una piece di danza e cavalli mancano proprio le coreografie, sterili, povere, e spicca l’assenza delle abilità dei destrieri. Nella cornice del giardino del Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino in un’arena circense sabbia e pali conficcati nel terreno come banderillas nella schiena del toro madido del suo sangue. Da riproporre per la Fabbrica ogni anno un salto qui da Milopulos e soci per la bellezza del luogo con la fontana che culla ed il verde intorno che fa del cortile di Villa Guicciardini una parentesi nascosta, un chiostro aperto ritagliato. Molte famiglie nelle due platee attirate dalla commistione tra animale e danza. Il risultato sono facce deluse, volti sconcertati, bocche aperte ed incredule. Alla fine applausi mosci e flosci, qualche fischio. Certo, non doveva essere il circo. Si ha però la sensazione che manchino pezzi, che alcuni ingranaggi siano stati tralasciati, che non siano appieno scattati gli automatismi, il nesso che riassorbe in un unico cerchio le coreografie, sempre identiche, del danzatore africano dal fisico mostruoso, le evoluzioni dei poveri cavalli. Nel primo “momento” uno addirittura fugge, il cd salta. Intanto la gente protesta nel brusio, molti si alzano e se ne vanno. Sbadigli, risa, occhi sbarrati per l’inconsistenza nel ring circolare. Il primo cavallo impostato sul dressage, il secondo per una montatura alla amazzone (come le signore sulla Vespa anni ’60), il terzo la corsa cosacca all’arrembaggio, all’arrivano i nostri. Nota positiva la posizione imbizzarrita dell’animale con la cavallerizza distesa all’indietro con i capelli che si confondono nel crine e nella lunga coda. Doveva essere l’esplicazione del continuo dialogo, a volte anche l’incomunicabilità, tra l’animale, fuori e dentro di noi, e l’essere umano. Si parte piano per poi aumentare il passo. Dalla regia alzano troppo l’audio, fastidioso ed irritante con cocci rotti e conchiglie e urla di scimmia o nitriti misti ad elettronica, e i cavalli sono visibilmente nervosi mentre corrono all’esterno del cerchio come panni di una centrifuga in una lavatrice. L’uomo fugge dalla propria animalità, poi viene rincorso. Sembra di assistere ad una vecchia pubblicità della Badedas. Eva non è una ballerina, e si vede, il cavallo viene fatto morire come il cigno nell’omonimo Lago. Dopo l’astice di Rodrigo Garcia, il cane delle Ariette, il maialino in “Tito”: se soltanto gli animali potessero parlare.

Foto Massimo Agus

Voto 5 - 

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