Potrebbe
essere il tempo di una giornata, o di un periodo dell’anno. Qualcuno si
sveglia, si alza, si prepara per uscire. Esce. Fine della storia.
Il primo appuntamento
teatrale di spicco per Fabbrica
Europa 2007 è affidato alla Socìetas
Raffaello Sanzio, già ospite delle prime edizioni del festival
fiorentino, che propone un nuovo, attesissimo, spettacolo di Romeo Castellucci. Si chiama “Hey girl!” e vede il 4 e il 5
maggio 2007 alle 21,30 protagoniste sulla ribalta della Stazione Leopolda di Firenze
Silvia Costa e Sonia Beltran Napoles.
Hey Girl! è un particolare viaggio nell'inconscio umano con la colonna
sonora di Scott Gibbons, i cromatismi e giochi di luce di Giacomo
Gorini. Il percorso di ricerca del gruppo cesenate (iniziato all’inizio degli
anni 80) si rigenera soffermandosi ancora una volta sull’archeologia del gesto (anzi
dei gesti svuotati o perduti) da esibire in pubblico. E presenta un progetto
aperto in cui la quotidianità viene riproposta e rielaborata con un approccio
visivo e spaziale di grande visionarietà. A dare il senso allo spettacolo
prodotto da Odeon Théâtre de l'Europe con Festival d'Automne, Paris; steirischer
herbst, Graz; Le-Maillon Théâtre, Strasbourg; de Singel, Antwerpen;
Productiehuis Rotterdam (Rotterdamse Schouwburg); Cankarjev dom, Ljubljana;
Trafò House of Contemporary Arts, Budapest e Socìetas Raffaello Sanzio non sono
infatti le parole dette, e neanche le citazioni shakespeariane proiettate su
uno schermo, quanto piuttosto i silenzi e i respiri che scandiscono l'anelito
vitale di un corpo femminile generato, a inizio spettacolo, da una placenta
viscosa. Quello
della Socìetas
Raffaello Sanzio è un teatro che incarna l’arte della mutazione e della modificazione e
anche in questa performance rilegge la vita, anche quella di tutti i giorni,
attraverso una lente squisitamente visionaria. Come farebbe lo spettatore (che
per Castellucci è da sempre figura centrale e in qualche modo arbitro e punto
focale del teatro contemporaneo) la performance è un po' lo specchio di uno
sguardo lento e sognante, che allude all'anti-fiaba quotidiana, ma anche a cesure
temporali, a riti seriali. Un mezzo per indagare lo spazio fisico e mentale in
cui si svolge l’azione - non azione delle attrici che si muovono come gusci
vuoti in scena, declinando all’infinito gesti privi di contenuto.
“L'ispirazione
per il titolo di questo spettacolo mi è venuta nella mia città quando, bloccato
ad un incrocio, guardavo un gruppo di ragazze che aspettavano alla fermata del
bus – spiega il regista e scenografo Romeo Castellucci - . Avevano gli zaini pieni e il volto dipinto dal trucco. Ciascuna
aspettava il proprio bus. Tutto quello spazio intorno. Non parlavano tra loro.
Non si guardavano.”
Voto
7½