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Fura Dels Baus - Manes, 1998
Nella sua sesta produzione la Fura dels Baus risale alle proprie origini, alla vitalità del gioco e del rito, mediante un "mare" di azioni e immagini di grande fascino in cui gli spettatori-naufraghi, attorniati dalla performance, acuiscono fino al massimo grado la loro capacità percettiva.
Durante le tre serate in cui Fabbrica Europa ha ospitato La Fura, il gruppo catalano ormai mitico nel panorama dell'avanguardia internazionale, l'atmosfera dentro la Stazione Leopolda era elettrizzante. Il pubblico è arrivato a frotte: giovani e meno giovani, genuini cultori del genere, ben equipaggiati con scarpe da ginnastica e
giubbotti impermeabili, tanti curiosi allettati dall'idea di partecipare ad uno "spettacolo shock" e persino qualche sprovveduta signora in bilico sopra tacchi a spillo vertiginosi, ma anche signore in felice attesa.
E' giusto ricordare che per assistere a Manes, il lavoro firmato da Pera Tantina, Nico Nubiola e Rafel Vives, la parola d'ordine è partecipare alla festa, giocare con la paura, farsi coinvolgere dal timore ma anche pretenderlo. Stipato in piedi dentro una sala buia, obbligato ad un rapporto di azione-reazione con i sette attori del gruppo, il pubblico è divenuto un elementi coreografico dello spettacolo. Anche gli attori, a loro volta, sono costretti a guardarsi attorno con gli occhi bene aperti, in questa azione in cui tutti corrono, si spintonano, si sorreggono, si danno (all'occorrenza) la mano per non perdersi. C'è chi si rintana contro il muro, chi cerca scampo dietro qualcosa o qualcuno e chi invece ha guadagnato in tutta fretta l'uscita. Ognuno in Manes deve interagire con l'azione, partecipare e confrontarsi con il senso della minaccia e dello smarrimento. L'imperativo, lo ricordiamo è "essere dentro" uno spettacolo che, secondo lo stile più genuino della Fura dels Baus e dell'avanguardia tutta, vuole provocare e sconvolgere. Gli attori, tutti giovani, atletici e più o meno nudi, in questa performance irrompono da ogni parte rotolando dentro grandi uova di legno o trascinando grosse statue/totem, torri dalle luci sparate e bidoni, e si facevano spazio tra la gente con torce, pale e oggetti di plastica, imbiancandola di farina, annaffiandola con acqua e liquidi vari, rovesciandogli addosso piume, pane bagnato, segatura, pezzi di carne di pollo.
Il linguaggio dell'eversione, fatto di violenza rituale, messaggi irrazionali, caos, musica a tutto volume e luci stordenti, finisce per contagiare tutti. C'è chi decide di sfidarlo in prima fila e chi lo subisce in un angolo. E, se quindici anni fa la Fura ha rappresentato una reale rottura nell'interpretazione borghese dell'idea di teatro, ancora oggi il gruppo di Barcellona è capace di spiazzare, ha una valenza liberatoria, stordisce o esalta. Il vero segreto vincente della compagnia si basa sulla bravura degli attori, sulla seduzione contagiosa dell'arte della esibzione, della performance.
Il pubblico si esalta grazie all'eccitazione, al panico che è insito nell'evento.
Voto
8