Intercity Toronto, XIX edizione , 2006
Intercity 20, XX edizione , 2007
Bigger than Jesus, Rick Miller e Daniel Brooks, 2006
Tilt, Teatro Sotterraneo e la regia di Jillian Keiley, 2006
Alias Godot, Regia di David Ferry, 2006
W&T , Regia di Branko Brezovec, 2006
A Intercity Toronto, nell’incontro
che precede la piece, l’autore canadese, il giovane, e altissimo, Brendan Gall, ha
presentato il suo testo, “Alias Godot” (fino al 7 ottobre 2006 al Teatro della Limonaia di Sesto
Fiorentino) come un ansiogeno prodotto di quest’epoca di controlli post 11
settembre, un’apprensione palpabile e tenace simile al dopo Hiroshima.
Il
risultato, valente e positivo senz’altro, va però a cadere ed a catalogarsi
nella categoria delle commedie. Si ride, molto, delle incongruenze tra i due
poliziotti, ovviamente il “buono” ed il “cattivo”, una parodia divertente, anche
se troppo grottesca e marcata della classica iconografia dei polizieschi di
serie B. Fabio Mascagni, super, ed un, purtroppo poco conosciuto al pubblico
fiorentino, Francesco Acquaroli, formano una ben assortita coppia di pseudo Miami Vice o C.S.I, ma più sfigati, di “Chips”, ma
corrotti, di Derrik e Kline, ma meno burocrati. La stanza dell’interrogatorio-
bunker è un mix tra il capannone de “Le Iene” di Quentin Tarantino e “I soliti sospetti”.
Il caso poliziesco della prima trance si smonta facile, si sgonfia come ruota
bucata sullo sterrato. L’atmosfera iniziale da “Noccioline” di Fausto
Paravidino si affloscia nel comico e annega nel nonsense. Roberto Gioffrè,
a differenza di altre volte non molto in sintonia con la figura, è l’arrestato
per caso che sperimenta l’abuso di potere in presa diretta. Si chiama, appunto,
Godot. Purtroppo nella traduzione si perde il gioco di parole: God-Dio-Godot. Qui
il personaggio virtuale beckettiano c’è eccome ma è un Don Chisciotte ingenuo,
un Candido senza tempo, un puro uscito dal passato, un omino di Jean-Michel Folon, un
grigio signore kafkiano. L’incursione del commissario capo-macho man, Riccardo
Naldini, eccellente, in tenuta anti sommossa o da sminatore alla “No man’s
land”, e del fido-schiavo-cane Linus-Francesco Mancini, servono a far virare
decisamente verso la risata di pancia. Ben scritto, e ben diretto da David
Ferry, cerca però troppo la riuscita ad effetto, con qualche slancio da
riconsiderare, qualche battuta felice che lo avvicina, lontanamente, al citato
padre del vero Godot. Quello che appunto non si vede mai.
Voto
6 ½