In apnea, Teatro Sotterraneo, 2005
Uno – Il corpo del condannato, Teatro Sotterraneo, 2006
Tilt, Teatro Sotterraneo e la regia di Jillian Keiley, 2006
Post It, Teatro Sotterraneo, 2007
La Cosa 1, Teatro Sotterraneo, 2007
Suite, Teatro Sotterraneo, 2008
Dies Irae, Teatro Sotterraneo, 2009
Una sposa in bianco e tre paggi
scalzi. Una regina di cuori con tre fanti. Una bambolina da carillon, a sedere
sul water, statuina di zucchero sulla torta nuziale in tulle e strascico che
piange mentre le si sfa il trucco. Assomiglia alla sposa di Emma
Dante in “Carnezzeria”,
non ha niente a che fare con “La sposa turca”. Un coro greco, ma al maschile, un
gospel a cappella quasi fossero “I Neri
per caso”. Voci da monastero, canti medievali, liturgie sommesse a cadenza
regolare in un tam tam che inquieta e seduce. E’ l’inizio di “Tilt” al Teatro Studio di
Scandicci (fino al 14) fortunata e ben riuscita piece in collaborazione tra
il Teatro Sotterraneo e la regista canadese Jillian Keiley. Pianti e canti. La
carta igienica come unico cordone ombelicale oggettistico presente sotto mille
forme e sembianze: è il lancio del bouquet, è la corda dell’impiccato, è il
filo del telefono, è bandiere, diventa bambino da cullare. Mille piani di
morbidezza. I Teatro Sotterraneo
sono molto cresciuti rispetto a “11/10 in apnea” e proprio qui si vede quanto
bisogno avessero di un regista super partes, di un occhio fuori dal coro, di
una visione-altra. Sara Bonaventura è la sposa depressa, piagnucolosa che tenta
disperatamente di risalire la china: il matrimonio fallito, il licenziamento,
l’assenza di amicizie vere. “Cosa voglio?!” è la domanda-perno sulla quale si
srotolano le dinamiche tra i tre- corpo solo e la giovane moglie abbandonata. Ironici:
Claudio Cirri è, come sempre, al top, ho un debole per lui fin da “La parata”,
Matteo Ceccarelli, canta anche bene, è tirato al lucido, ma non è più una
novità, Iacopo Braca fa da spalla perfetta all’esuberanza scenica dei due
sopra. Tutto cambia forma, diviene in corso d’opera, si trasforma. La corsa
intorno al cesso diventa come per magia i 100 metri delle Olimpiadi
e poi una continua quasi caduta al sapore di tip tap ritmato o tambureggiante
richiamo voodoo. I veli della sposa ora sono mantelli da super eroi o da
chierichetti, lenzuoli di fantasma, calze da rapinatore, ali d’angelo. Geniali
quando, come tocchetti di lego, si assommano e contorcono e s’incastrano, fino
a creare, in un lavoro fisico non indifferente, una sola figura in un montaggio
d’assemblaggio. Il tutto si muove all’unisono, una struttura di nuoto
sincronizzato senz’acqua. Applausi e coriandoli.
Voto
8