Creature del cielo
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Le due torri
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Il romanzo di John R.R. Tolkien
Lo Hobbit di John R.R. Tolkien
King Kong
Amabili resti
Fin
da bambino Peter
Jackson sognava di girare un remake del mitico King Kong diretto a quattro mani
da Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack
nel lontano 1933: dopo il successo planetario e la progressiva pioggia
di Oscar caduta sulla trilogia del
Signore degli anelli,
il regista neozelandese si è potuto permettere un
gadget da duecento
milioni di dollari ed un cast di stelle di prima grandezza. Il risultato è una
rivisitazione filologicamente corretta del mito di Kong, qua resuscitato in
modo assai più efficace rispetto al
sequel diretto da John Guillermin
nel 1976, che pure si aggiudicò la statuetta per gli effetti speciali grazie
allo scimmione meccanico realizzato da Carlo Rambaldi. La storia prende avvio a
New York durante la Grande Depressione: la bella attrice disoccupata Ann Darrow
viene ingaggiata sul filo di lana dallo sgangherato cineasta Carl Denham come
protagonista di un’esotica storia d’avventura e tosto imbarcata alla volta di
un’isola misteriosa fuori da ogni cartina geografica, insieme al resto della
troupe, compreso lo sceneggiatore
Jack Driscoll,
promettente drammaturgo con cui Ann ha sempre sognato di lavorare. Il battello
noleggiato giunge fortunosamente alla meta, che si rivela popolata da barbari
selvaggi che catturano l’attrice e la offrono come vittima sacrificale al
mastodontico gorilla che terrorizza l’isola,
Kong.
Diversamente dalla proprie abitudini, il gigantesco scimmione non pasteggia con
la bella preda, ma se ne innamora e successivamente la difende dall’appetito di
non uno (come nell’originale) ma ben quattro tirannosauri affamati. La fine è
nota: catturato dall’equipaggio al soldo di Denham, mesi dopo Kong diventa la
principale attrazione di Broadway, ma riesce a scappare, ritrova
Ann e con
lei scala l’Empire State Building, dove sarà abbattuto da una flotta aerea in
un finale carico di
pathos. Rispetto alla fonte filmica questa moderna
rilettura della favola della bella e la bestia convince di meno, anche per le
tante incongruenze narrative che emergono qua e là, ma anche il
King Kong jacksoniano
si fa guardare, soprattutto in virtù dell’immensa grazia della protagonista
femminile e per merito della rielaborazione digitale del colossale gorilla,
straordinariamente espressivo grazie al lavoro preliminare dell’attore Andy
Serkis – la stessa tecnica già adottata con successo per il viscido
Gollum del
Signore
degli anelli –. Da segnalare l’epica sequenza conclusiva e la roboante
cavalcata dei dinosauri nella parte centrale. Il grande neo della pellicola
resta comunque la durata, davvero eccessiva.
King Kong, regia di Peter Jackson, con Naomi Watts, Jack Black, Adrien Brody, Andy Serkis, Jamie Bell; fant./avvent./dramm.; U.S.A./Nuova Zel.; 2005; C.; dur. 3h
Voto
6/7