Erykah Badu Live
Mama's Gun
Dopo
un periodo di relativa staticità del soul americano nel 1997 Erykah Badu sorprese un po’ tutti con
l’album di debutto, Baduizm, che ottenne un successo unanime di
critica e di pubblico, poi reiterato alla fine dello stesso anno in versione live,
ancora più coinvolgente per la carica scenica dell’artista di Dallas. Mama’s
gun, oltre al disco dell’atteso ritorno avrebbe dovuto essere insieme
quello della conferma artistica, ritardato per diverso tempo e giunto dopo un
nugolo di collaborazioni eccellenti ed un paio di interpretazioni sul grande
schermo – è stata Rose Rose ne Le regole della casa del
sidro e la favolosa Queen Mousette in Blues Brothers 2000
–. Per la Badu la gestazione del secondo album è stata lunga e particolarmente
travagliata, infine interrotta ad un certo punto dalla Motown, forse desiderosa
di placare le crescenti aspettative dei numerosi fans della cantante:
per questo le quattordici tracce di Mama’s Gun
risultano nel complesso un percorso piuttosto caotico e sfilacciato per quanto,
alla fin fine, anche coinvolgente, soprattutto grazie alla singolare ugola
dell’artista
americana, capace di offrire emozioni a getto continuo, almeno quando
accordata al brano giusto, cosa che in questo disco non sempre si verifica.
L’apripista, intitolato Penitentiary philosophy, sembra introdurci in un
mosaico sonoro denso di aspettative, anche perché pare uscito di sana pianta
dalle atmosfere cariche di groove che contraddistinguevano Baduizm
e che avevano subito innescato paragoni vocali con la mitica Billie
Holiday: con la successiva Didn't cha know la situazione si fa ancora
più avvolgente, ma con My life arrivano i primi sintomi di ridondanza, e
a ruota segue ...& on, ovvero una rilettura non troppo ispirata di On
& on, già presente nella scaletta di Baduizm. Ecco, il
disco in pratica vive in questa alternanza: un tocco d’originalità seguito poco
dopo da un’autocitazione non ben integrata nel contesto, emozioni cui si
succedono momenti di stanca. Il miglior momento del disco arriva dopo la
morbida Cleva e la dolcissima A.D. 2000, con il dilatato rhythm’n’blues
di Orange Moon, dilatato e sofisticato, ideale per esaltare la voce
d’altri tempi di Erykah
Badu: ad un dipresso seguono In love with you, una piccola gemma
acustica in coppia con Ziggy Marley, ed il sofisticato crescendo finale
costituito dalla successione del singolo Bag Lady con Time’s a wastin
e, soprattutto, con Green eyes, ballata elegante e retro.
Erykah Badu, Mama's Gun [Motown 2001]
Voto
7-