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  28/04/2024 - 21:26

 

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Margaret Doody
Gli alchimisti
Palermo, Sellerio, 2002; pp. 448
Oxford, la letteratura, l'inganno e i mitici anni Sessanta

 




                     di Paolo Boschi


Aristotele Detective
Aristotele e il giavellotto fatale
Aristotele e la giustizia poetica
Gli alchimisti


Dopo il successo della trilogia di Aristotele detective, confermando la sua vocazione di romanziera ritrovata, Margaret Doody torna sugli scaffali delle librerie con un libro scritto nella sua prima versione  tra il 1965 ed il 1968 durante gli studi oxfordiani dell’autrice canadese, nelle pause della stesura della sua tesi di dottorato, con un occhio alle sue esperienze di studentessa nei primi anni Sessanta, dunque di sapore anche vagamente autobiografico. Gli alchimisti, come spesso è accaduto alla Doody, è poi finito nel classico cassetto per essere pubblicato soltanto nel 1980, quando il mito degli anni Sessanta (contestazione e cambiamento) aveva ormai fagocitato se stesso e questo romanzo di formazione si era arricchito in modo quasi naturale di una sinuosa patina d’epoca. Ispirato nella sua trama centrale a L’alchimista di Ben Jonson, commedia satirica di truffatori e truffati, Gli alchimisti è un romanzo di formazione che, dall’ottica privilegiata della studentessa protagonista, intende sviscerare il fascino illusionistico della letteratura, l’insostenibile ambiguità che caratterizza la grande letteratura, chiarire (ed è un compito davvero arduo) se la logica seduzione estetica insita nella letteratura sia fine a se stessa o un limite per la promessa di crescita morale che ogni classico dovrebbe (teoricamente) offrire ai propri lettori. Obiettivi o analisi geografiche di un territorio privo di confini come l’universo letterario che non esauriscono i motivi di interesse de Gli alchimisti ma ne costituiscono semplicemente le coordinate aggiunte: l’esordio narrativo di Margaret Doody è prima di tutto un godibile romanzo sull’apprendistato alla vita di una giovane studentessa, Anne Leacock, un’ingenua americana in trasferta a Oxford, e dell’incontro che cambierà la sua incantata percezione del mondo univesitario, del mondo letterario e, in ultima analisi, della vita stessa: alludiamo ovviamente all’incontro con l’incorreggibile trio di alchimisti del titolo, ovvero il calcolatore Paul, il disincantato Tony e l’astuta Valeria. Tre studenti che hanno deciso di utilizzare le competenze professionali maturate ad Oxford per dilatare ad libitum il loro ingresso nella vita ‘regolare’, mettendo a segno ardite truffe ai danni degli studenti o dei professori di turno. Qualche esempio? Commercio di tesine per colleghi poco capaci, vendita al dettaglio del taumaturgico intruglio noto come Quam Celerrime, mercimonio di originali letterari (chiaramente falsi) con sprovveduti studiosi in cerca di facile fama, addirittura traffico illecito di pregiato (e presunto) whisky oxfordiano. Il tutto condito con una mirabile sequenza di citazioni illustri profuse sapientemente dal truffaldino idealista della situazione, ovvero Tony, l’unico illusionista puro della vicenda, disposto a soccombere all’ambiguo fascino dell’illusione fine a se stessa, perso nel circolo vizioso della sua arte truffaldina, per certi versi. La fine de Gli alchimisti, romanzo di ampio respiro e supportato da un singolare cast di caratteristici attori comprimari, è nota, come ogni commedia dell’inganno che si rispetti: ma il viatico per arrivare all’immancabile smascheramento dei tre truffatori ed alla fine dell’educazione alla vita di Anne Leacock è lungo e pieno di sorprese da scoprire pagina dopo pagina. Un romanzo davvero intrigante e ricco d’ironia, da leggere in attesa che la Doody, nelle pause offerte dal suo incarico di docente di letteratura comparata alla Notre-Dame University, sforni presto un’altro capitolo della saga aristotelica o rispolveri l’ennesimo manoscritto del suo inesauribile cassetto...

Margaret Doody, Gli alchimisti, Palermo, Sellerio, 2002; pp. 448

Voto 7+ 

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