Presentazione: primo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Secondo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Terzo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Quarto reportage dalla mostra di Venezia 2008
Bilancio della mostra di Venezia 2008
La mostra di
questo anno sta proponendo un concorso non all’altezza delle aspettative a
causa di una stagione cinematografica non particolarmente ricca di sorprese e
con pellicole di autori affermati ancora in fase di lavorazione e non
disponibile per l'appuntamento veneziano. Ovviamente
Cannes ha fatto da catalizzatore mediatico, riuscendo a prelevare il meglio del
momento e mettendo in difficoltà i suoi stretti rivali di sempre. In questa
congiuntura sfavorevole il comitato di selezione ha puntato su opere di autori emergenti poco
conosciuti. Sta di fatto che la mancanza di star americane e nomi altisonanti
ha dato sfondo ad un clima di insoddisfazione, ma che non svilisce il
cartellone della mostra, con una forte riproposizione di film accattivanti
nelle sezioni collaterali. In Concorso ufficiale purtroppo sono passati il
francese L’autre del duo di registi Patrick Mario
Bernard e Pierre Trividic, che e un puro
esercizio di stile che ruota intorno alla crisi di identità di una donna di
mezza età, che tedia nella sua forma espressiva auto conclusiva, irritante nel
suo farsi estetica fine a se stessa. Non meglio va con il turco Milk di Semih Kaplanoglu, verso nel
seguire la vita di una ragazzo nella provincia della
Anatolia, dedito alle poesie e premuroso nel dare una mano alla madre nella
vendita del latte. Immobile nel suo fregiarsi di una visione accattivante,
ma chiusa in un segno cinematografico che non va da nessuna parte e
annoia.
Paper Soldier di Alexey German jr, dimostra
una messa in scena da livrea festivaliera, boriosa di apparire nel suo essere
presuntuosamente d’autore; come accade con lo scult Nuit de chien del tedesco
Werner Schroeter, raffermo sulle ombre di una avanguardia da nuovo cinema tedesco, oramai racchiusa da
tempo nei libri di storia. Sorprende invece la fluidità del tratto distintivo
di un autore per eccellenza come Hayao
Miyazaki, con Ponyo on
the cliff by the sea, dove si racconta di questo pesciolino rosso che sogna
di diventare un essere umano, per raggiungere il piccolo Sosuke.
Anime di penetrante emotività nel ritrarre gli affetti primari dell’infanzia,
ancorata all’affetto materno come bene essenziale per una crescita personale
ideale. Sorprende Vegas:
based on a true story dell’ indipendente Amir Naderi, nell’immergersi in una storia familiare nella
città di Las Vegas, dove l’ossessione del possesso, diventa una pulsione auto
distruttiva che mina i legami più profondi. Regia asciutta ed esemplare, che si
candida come vera sorpresa del concorso ufficiale. Teza
di Hale Gerima e invece
segue il ritorno di un intellettuale etiope nella sua terra madre e dovrà
confrontarsi con i fantasmi della sua complessa storia. Opera non del tutto riuscita
in alcuni snodi narrativi, ma capace di catturare l
attenzione nel suo dipanarsi come racconto elegiaco. Il discorso italiano, vede
invece da una parte il
papà di Giovanna di un Pupi
Avati, oramai ombra di se stesso nel suo ripetersi costantemente, e
avviluppando i suoi contenuti di un degrado stilistico prossimo alla fiction di
seconda serata. Diverso lo spessore di Marco
Bechis con Birdwatchers,
che si addentra nel rapporto tra gli indios e i bianchi, costruendo una pellicola drammatica connotata da un tessuto drammatico
essenziale, senza declamazioni morali. Orizzonti, invece spiazza per la sua
vitalità, grazie ad una serie di documentari di valore. In Paraguay di Ross McElwee e una piccola indagine in questa nazione del Sudamerica
in preda alla povertà, con da una parte un adozione di
famiglia e dall’altra i volti di un popolo sconosciuto, costruito tramite pochi
elementi, ma efficacemente messi a segno a livello di regia. Curioso anche Z32
di Avi
Mograbi, nel suo addentrarsi nella mente di un
soldato israeliano, che tiene nascosto il suo volto, in un gioco funzionale a
smascherare il dolore di un presente difficilmente sondabile nelle sue derive
politiche. Per finire Below sea level
di Gianfranco Rosi, che da spazio al mondo degli homeless che vivono nel
deserto, seguendo alcuni personaggi, tra i ricordi delle loro sconfitte e
lacerazione emotive, pronti a combattere le loro paure e senza abbandonare la
speranza per un domani migliore. Interessante invece come pellicola di
finzione, sempre in Orizzonti, Zero
bridge di Tariq Tapa,
su di un ragazzo che sogna di scappare dalla provincia del Kashmir, con un
tocco lieve e dedito a seguire il suo personaggio, con ancorata umanità. Le
Giornate degli autori, hanno proposta ben poco di valore, con il finlandese The
Visitor di Jukka – Pekka Valkeapää, estetizzante nel suo farsi cinema senza il
sostegno di una storia significativa; mentre il francese Stella
Di Sylvie Verheyde, unica bella conferma, e un dolce
ritratto di una adolescente e del suo ingresso nel
mondo caotico degli adulti. La settimana della critica, fin d’ora e rimasta al
palo, con film spesso perniciosi, o privi di un tratto distintivo che li
smarcasse dalla mera impaginazione visiva. A questo punto, aspettiamo i titoli
americani per il concorso internazionale e con la fiducia di incontrare nuove
orme d’autore da segnalare.
Voto
6 ½