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  03/05/2024 - 13:36

 

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Scanner - cinema
 


Biennale Cinema 65
Un concorso vacillante in un festival che regge
Terza puntata del reportage di Scanner sulla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica 2008
Al Lido di Venezia dal 27 agosto al 6 settembre 2008

 




                     di Matteo Merli


Presentazione: primo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Secondo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Terzo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Quarto reportage dalla mostra di Venezia 2008
Bilancio della mostra di Venezia 2008


La mostra di questo anno sta proponendo un concorso non all’altezza delle aspettative a causa di una stagione cinematografica non particolarmente ricca di sorprese e con pellicole di autori affermati ancora in fase di lavorazione e non disponibile per l'appuntamento veneziano. Ovviamente Cannes ha fatto da catalizzatore mediatico, riuscendo a prelevare il meglio del momento e mettendo in difficoltà i suoi stretti rivali di sempre. In questa congiuntura sfavorevole il comitato di selezione ha puntato su opere di autori emergenti poco conosciuti. Sta di fatto che la mancanza di star americane e nomi altisonanti ha dato sfondo ad un clima di insoddisfazione, ma che non svilisce il cartellone della mostra, con una forte riproposizione di film accattivanti nelle sezioni collaterali. In Concorso ufficiale purtroppo sono passati il francese L’autre del duo di registi Patrick Mario Bernard e Pierre Trividic, che e un puro esercizio di stile che ruota intorno alla crisi di identità di una donna di mezza età, che tedia nella sua forma espressiva auto conclusiva, irritante nel suo farsi estetica fine a se stessa. Non meglio va con il turco Milk di Semih Kaplanoglu, verso nel seguire la vita di una ragazzo nella provincia della Anatolia, dedito alle poesie e premuroso nel dare una mano alla madre nella vendita del latte. Immobile nel suo fregiarsi di una visione accattivante, ma chiusa in un segno cinematografico che non va da nessuna parte e annoia. Paper Soldier di Alexey German jr, dimostra una messa in scena da livrea festivaliera, boriosa di apparire nel suo essere presuntuosamente d’autore; come accade con lo scult Nuit de chien del tedesco Werner Schroeter, raffermo sulle ombre di una avanguardia da nuovo cinema tedesco, oramai racchiusa da tempo nei libri di storia. Sorprende invece la fluidità del tratto distintivo di un autore per eccellenza come Hayao Miyazaki, con Ponyo on the cliff by the sea, dove si racconta di questo pesciolino rosso che sogna di diventare un essere umano, per raggiungere il piccolo Sosuke. Anime di penetrante emotività nel ritrarre gli affetti primari dell’infanzia, ancorata all’affetto materno come bene essenziale per una crescita personale ideale. Sorprende Vegas: based on a true story dell’ indipendente Amir Naderi, nell’immergersi in una storia familiare nella città di Las Vegas, dove l’ossessione del possesso, diventa una pulsione auto distruttiva che mina i legami più profondi. Regia asciutta ed esemplare, che si candida come vera sorpresa del concorso ufficiale. Teza di Hale Gerima e invece segue il ritorno di un intellettuale etiope nella sua terra madre e dovrà confrontarsi con i fantasmi della sua complessa storia. Opera non del tutto riuscita in alcuni snodi narrativi, ma capace di catturare l attenzione nel suo dipanarsi come racconto elegiaco. Il discorso italiano, vede invece da una parte il papà di Giovanna di un Pupi Avati, oramai ombra di se stesso nel suo ripetersi costantemente, e avviluppando i suoi contenuti di un degrado stilistico prossimo alla fiction di seconda serata. Diverso lo spessore di Marco Bechis con Birdwatchers, che si addentra nel rapporto tra gli indios e i bianchi, costruendo una pellicola drammatica connotata da un tessuto drammatico essenziale, senza declamazioni morali. Orizzonti, invece spiazza per la sua vitalità, grazie ad una serie di documentari di valore. In Paraguay di Ross McElwee e una piccola indagine in questa nazione del Sudamerica in preda alla povertà, con da una parte un adozione di famiglia e dall’altra i volti di un popolo sconosciuto, costruito tramite pochi elementi, ma efficacemente messi a segno a livello di regia. Curioso anche Z32 di Avi Mograbi, nel suo addentrarsi nella mente di un soldato israeliano, che tiene nascosto il suo volto, in un gioco funzionale a smascherare il dolore di un presente difficilmente sondabile nelle sue derive politiche. Per finire Below sea level di Gianfranco Rosi, che da spazio al mondo degli homeless che vivono nel deserto, seguendo alcuni personaggi, tra i ricordi delle loro sconfitte e lacerazione emotive, pronti a combattere le loro paure e senza abbandonare la speranza per un domani migliore. Interessante invece come pellicola di finzione, sempre in Orizzonti, Zero bridge di Tariq Tapa, su di un ragazzo che sogna di scappare dalla provincia del Kashmir, con un tocco lieve e dedito a seguire il suo personaggio, con ancorata umanità. Le Giornate degli autori, hanno proposta ben poco di valore, con il finlandese The Visitor di Jukka – Pekka Valkeapää, estetizzante nel suo farsi cinema senza il sostegno di una storia significativa; mentre il francese Stella Di Sylvie Verheyde, unica bella conferma, e un dolce ritratto di una adolescente e del suo ingresso nel mondo caotico degli adulti. La settimana della critica, fin d’ora e rimasta al palo, con film spesso perniciosi, o privi di un tratto distintivo che li smarcasse dalla mera impaginazione visiva. A questo punto, aspettiamo i titoli americani per il concorso internazionale e con la fiducia di incontrare nuove orme d’autore da segnalare.

Voto 6 ½ 

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