Presentazione: primo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Secondo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Terzo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Quarto reportage dalla mostra di Venezia 2008
Bilancio della mostra di Venezia 2008
Si apre il nuovo quadriennio della Biennale cinema, con il sella ancora il il direttore Marco Müller affiancato dal rientro di Paolo
Baratta come presidente dell’organismo culturale che sostituisce Davide Croff.
Allora un vento diverso muove l’intenzioni di una Mostra che è pronta per essere traghettata verso una futura sede ridisegnata per il 2011 e aperta alle nuove sfide di un cinema mutante e pieno di contraddizioni. Se la settima arte è
stata per più di un secolo un fenomeno fecondo di immagini e ibridazioni continue nell’affrontare la realtà circostante, l’obiettivo di questa edizione è affermare la libertà narrativa, lo splendore delle forme e la continua messa
in discussione dell’idea di fiction e dei limiti del punto di vista consentito allo spettatore, per garantire uno sguardo attivo, rivolto alle diverse individualità espressive. Una piattaforma festivaliera che viene dedicata al
grande regista egiziano Youssef Chahine, recentemente
scomparso, dimostrano la sua perfetta inclinazione di una autorialità
espansa che si rileva in un concorso internazionale imprevedibile: Oshii
Mamoru, Semih Kaplanoglu, Christian Petzold, Amir Naderi, Haile Gerima, Guillermo
Arriaga, Kathryn Bigelow, Jonathan Demme, Barbet Schroeder, Hayao Miyazaki,
Takeshi Kitano. Gli italiani rispondono con imposizioni obbligatorie quali, Avati e Ferzan Özpetek, ma le speranze sono rivolte negli ultimi lavori di Pappi Corsicato e Marco Bechis. Fuori concorso, c’è il film di apertura Burn after reading dei Coen, la copia restaurata di Yuppi du di Adriano Celentano, il cortometraggio di Jia Zhangke, Shirin di Abbas Kiarostami, Manoel de
Oliveira, Agnés Varda, José Mojica Marins con il divertente Encarnação do demonio e Fabrice Du Welz con il penetrante horror Vinyan.
Nella sezione Orizzonti, segnaliamo: Melancholia di Lav Diaz e Jay di Francis Xavier Pasion provenienti da un paese cinematograficamente emergente come le Filippine,
senza dimenticare un autore accattivante come Philippe Grandrieux con Un lac e il ritorno di Julio Bressane insieme a Rosa Dias per A Erva do Rato; dal Messico Voy a explotar di Gerardo Naranjo, e l’Italia con Mirko Locatelli e il suo Il primo giorno d’inverno sul tema del bullismo a scuola, infine Marco Pontecorvo che firma Pa-ra-da. Nelle due sezioni principi del festival possiamo annoverare 52 opere in anteprima mondiale, 5 in anteprima internazionale,
oltre ai due film sorpresa che appariranno nella sezione Orizzonti, dimostrano ancora la forza di una manifestazione a livello mondiale. La 23. Settimana Internazionale
della Critica, presenta invece 7 film in gara, tutte opere prime, e operazione non del tutto scontata, vista la presenza di molteplici rassegne a ridosso l’uno con l’altra. Da tenere d’occhio il bosniaco Čuvari Noči
(Guardiani di notte), stralunata incursione nella notte di alcuni guardiani di
un grande magazzino; dalla Cina, un piccolo gioiello di regia e di intensità
narrativa, Huanggua (Cetriolo), che narra di traumi quotidiani di personaggi
spaesati fra la provincia e la città; mentre la Francia propone L'apprenti (L'apprendista), emozionante ritratto di un ragazzino di 15 anni che ha deciso di diventare agricoltore e allevatore. Italiano è Pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio, commedia amara sulla vecchiaia e sulla voglia di vivere,
interpretata oltre che dal regista da un cast di vitalissime signore e prodotta da Matteo Garrone con il quale Di Gregorio ha più
volte collaborato come sceneggiatore. Le giornate degli autori
che festeggiano i suoi primi 5 anni di permanenza dentro il festival veneziano, propongono pellicole non scontate, con nove film in anteprima (tra cui cinque opere prime) e due cineritratti. L’italia partecipa con due opere: Uberto Pasolini per esordire nella regia di Machan, storia di un gruppo di cingalesi
che vogliono a tutti i costi emigrare in Europa, ha subito lui stesso la trasformazione da produttore (di Full Monty tra gli altri) a regista, e si è calato con spirito nella complessa realtà dello Sri Lanka. Con un budget meno ambizioso, ammontante a 980 euro, Stefano Tummolini e il suo gruppo di attori
guidato da Antonio Merone ha girato sulla spiaggia di Castelporziano, Un altro
pianeta, in soli sette giorni ma dopo dieci anni di gestazione. A questi due esordi
italiani, si aggiungono nuove promesse, con: Una semana solos di Celina Murga la regista di Ana y los otros, che nel frattempo ha ottenuto uno stage con Martin Scorsese, Venkovsky ucitel (Un maestro di campagna) del ceco Bohdan Slama (Tigre d'oro a Rotterdam per Divoké Vcely, girato in un villaggio della Moravia), film su un professore che si autoesilia lontano dalla città per
occultare la sua omosessualità; mentre il cinema finlandese sviluppa i suoi
misteri sullo sfondo di una foresta in Mukalainen (Il visitatore) di Jukka-Pekka Valkeapää. Da non dimenticare la sezione Corto cortissimo, con
pregevoli spezzoni di cinema in breve provenienti da tutto il mondo, e la rassegna di quest’anno dedicata Questi fantasmi: Cinema italiano ritrovato (1946–1975), con pellicole davvero rare da non lasciarsi sfuggire. Importante il Leone alla carriera che verrà consegnato ad
Ermanno Olmi, che sancisce un anno favorevole del nostro cinema, dopo i successi a Cannes e ben rappresentato nel programma veneziano. Scelta audace quella di consegnare il ruolo di madrina della serata di apertura e chiusura della kermesse all'attrice russa Ksenia Rappoport, vincitrice del David di Donatello 2007 come miglior attrice protagonista per La sconosciuta di Giuseppe Tornatore, ma che da un respiro cosmopolita rinnovato all’evento. La magia di Dante
Ferretti si ripete nella nuova e suggestiva scenografia di questa edizione e al centro del nuovo allestimento, che farà da sfondo alla passerella, tornano i Leoni. In primo piano, si erge un grande Leone d’oro (alto 5 metri), simbolo storico della Mostra, che squarcia lo schermo bianco davanti alla vecchia facciata, e
guida altri due Leoni d’oro - simbolo delle Mostre del futuro - verso l’area
dove sorgerà il nuovo Palazzo, di cui quest’anno sarà posta la prima pietra.
Una Mostra pronta per le sfide future e aperta al nuovo, sia nell’immaginario
corrente, che nella sua fisionomia storica, per consacrarsi appuntamento
imperdibile.
Voto
7