Presentazione: primo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Secondo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Terzo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Quarto reportage dalla mostra di Venezia 2008
Bilancio della mostra di Venezia 2008
In una manifestazione
dove il calo delle presenze è evidente e il tono degli entusiasmi è abbastanza
smorzato da un concorso ufficiale non all’altezza delle aspettative;
il direttivo della Mostra rilancia per il prossimo anno, promettendo opere
americane di richiamo e ammettendo che l’annata cinematografica non è una delle
più rosee. A parte questo la gara ufficiale, ha continuato il suo percorso e la
sorpresa di The
Sky Crawlers di Mamoru Oshii, dimostra ancora una volta la vitalità creativa
del Giappone. In un futuro prossimo alcuni ragazzi chiamati kildren sono
modificati geneticamente e destinati a vivere un’eterna adolescenza, senza mai
invecchiare. I kildren sono consapevoli che ogni giorno può essere il loro
ultimo giorno, essendo piloti in guerra, in un mondo
dove tutto è pilotato dalla mente degli adulti. Anime stratificato
nell’addentrarsi nel sogno disilluso di una generazione, che vede oltre le
spericolate acrobazie dei combattimenti, la fine di ogni prospettiva, chiusi in
una gabbia istituzionale di regole prestabilite da un mondo cieco nella sua
alterità politica. Gli americani si ripresentano, con Jonathan Demme e il suo Rachel
Getting Married, dove
Kym (Anne Hathaway)
è un ex-modella professionista, uscita da molti centri
di riabilitazione per tossicodipendenza. Dopo molto tempo che manca da casa vi
fa ritorno per il matrimonio della sorella e la sua presenza farà rimergere
tensioni familiari assopite da tempo. Lo stile del
regista di Philadelphia è quello di entrare in questo
interno familiare, proprio come se fossero le riprese amatoriale di un
matrimonio qualsiasi, per creare empatia tramite i sommovimenti emotivi messi
in luce dai protagonisti. Spesso la noia sopraggiunge in alcune scene, troppo
reiterate e soprattutto nella sua linearità classica, efficace nell’assecondare
la crescita del personagio di Kym, ma con soluzione di contorno
prevedibili e tutto sommato scontate. Un film che ha suscitato clamori
eccessi, visto che siamo di fronte comunque ad un
opera di fattura media. Nella sezioni orizzonti, è
apparso a sorpresa A erva do Rato di Julio Bressane
e Rosa Dias, in cui un uomo e una donna camminano
in un cimitero vicino al mare, e si conosco in quel luogo. Uno spunto dal quale
nasce una strana relazione dove l’ossessione amorosa, diventa un arma che istiga una perversione naturale, ma solo
celebrale nell’uomo, privo degli strumenti per comprendere il desiderio
femminile, sedotto dai rimandi metafisici di un topo di funerea presenza.
Irridente opera sul senso dell’amore di copia, di beffarda sintesi, nello
spirito di un Bressane in piena forma. La settimana
della critica, ha visto il successo di pubblico e
della stampa per la pellicola Pranzo
di Ferragosto di Gianni Di Gregorio, sceneggiatore di Matteo Garrone, qui
in veste di produttore. Nonostante sia un uomo di mezza età, Gianni vive in una
vecchia casa del centro di Roma con la madre, una nobildonna decaduta che
implacabilmente non lo lascia mai in pace. Alla vigilia di ferragosto,
l’amministratore del palazzo, conoscendo la sua situazione critica in cui
versano, gli propone di tenere con sé, per un paio di giorni, la propria mamma,
in cambio dell’azzeramento delle spese condominiali in sospeso. Quando si
presenta a casa sua in compagnia anche della vecchia zia, Gianni inizia a
sentire dei disturbi fisici. Si reca allora da un amico medico per un
controllo, che a sua volta gli affiderà la sua anziana madre per la giornata festiva.
Piccola commedia, fatta con pochi soldi, ma tenuta da
un quartetto di anziane davvero in gamba per la resa comica e inscenando alcuni
momenti davvero gradevoli, grazie anche ad un copione che non si esaurisce in
sole poche gag. Tornando al concorso principale, segnaliamo Gabbla
di Tariq Teguia, dove
un topografo, che vive nell’ovest dell’Algeria, scopre di vivere vicino a un
campo minato. Un giorno, insieme a una ragazza, inizia un viaggio per
raggiungere il territorio spagnolo. Lo sguardo estremo di Teguia, nel tracciare
visivamente con immagine in piano sequenza un territorio desolato e triste,
diventa il perno estetico per raccontare la immobilità
di un paese, schiacciato dalla povertà e dagli scontri religiosi. L’eccessiva
forma che impone il regista, respinge lo spettatore, anche se un certo fascino
rimane: ma un maggiore controllo della messa in scena avrebbe giovato, per dare
ulteriore respiro alla storia. Il ritorno di Kathryn
Bigelow si basa sui reportage del giornalista
Mark Boal, e mette in primo piano una squadra speciale dell'esercito americano
addetta alla disattivazione degli ordigni esplosivi in Iraq, compiendo a volte missione altamente pericolose. Hurt Locker si misura con la
guerra, ma lo fa di striscio, seguendo gli attimi della squadra speciale, nelle
sue azioni spericolate, lasciando le psicologie di contorno. L’impostazione
della Bigelow è elementare, di genere, ma oltre l’esecuzione pratica ( alcune scene d’attacco sono coinvolgenti ) non si arriva
mai a contraddire l’immaginario infuocato del conflitto odierno, e ancora di
più emergere lo scontento per una regista che ha lasciato da parte il coraggio
espressivo di un tempo. Ultimo film italiano del concorso è Il
seme della discordia di Pappi Corsicato
liberamente tratto dalla Marchesa von O di Heinrich von Kleist, dove il ménage
di Mario e Veronica, una coppia sposata e senza figli, viene
scombussolata dalla notizia inaspettata di Veronica, che rimane incinta, quando
nello stesso momento il marito scopre dalle analisi di essere sterile. Commedia
citazionista di un certo cinema pop italiano anni settanta, debito di Indovina
e la decima vittima di Petri, che ha sconcertato gli spettatori, per la sua
carica irridente e scanzonata, che non ricalca i generi prediletti della nostra
penisola. Lo svolgimento classico del soggetto si addice a Corsicato, che
analizza in maniera acuta la crisi della coppia, facendo emergere il ruolo
possente della donna, nelle sue diverse dislocazioni nel quotidiano. Medio
certamente nel risultato, ma non vacuo nello sprigionare un humour graffiante. The Wrestler di
Darren Aronofsky, si scarta del deprecabile The Fountain, con un racconto
ancorato all’oggi americano, con Randy The Ram Robinson ( un
Mickey Rourke che si cala perfettamente nella parte ), lottatore professionista
che si è ritirato dalle scene dopo un infarto e prova a rifarsi una nuova vita,
dopo alcune amare delusioni, ritorna ad esibirsi sul ring. Dolente
ritratto di un America a pezzi, fatta di personaggi il
cui corpo viene sacrificato come unica possibilità di sorpravvivenza, mettendo
da parte gli affetti più cari, in un presente che non da sconti: ma brucia ogni
istante le speranze di un esistenza diversa. Bella sorpresa in chiusura di
festival. Adesso non ci resta che aspettare la premiazione, che vede come
favoriti della vigilia per il Leone d’oro, Teza o Vegas, a
seconda delle flebili indiscrezioni filtrare. In questa
edizioni, sicuramente ci saranno delle sorprese per quanto riguarda
l’assegnazione dei premi, visto l’altalenante qualità della gara ufficiale. I
nostri favoriti, sono: Kitano, Miyazaki, Naderi,
Oshii, come intepretazione femminile, Anne Hathaway e maschile Mickey Rourke. Nel
prossimo appuntamento faremo un riassunto dei temi portati della Mostra e della
sua premiazione.
Voto
7