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Biennale Cinema 65
Alla ricerca del leone perduto
Quarta puntata del reportage di Scanner sulla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica 2008
Al Lido di Venezia dal 27 agosto al 6 settembre 2008

 




                     di Matteo Merli


Presentazione: primo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Secondo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Terzo reportage dalla mostra di Venezia 2008
Quarto reportage dalla mostra di Venezia 2008
Bilancio della mostra di Venezia 2008


In una manifestazione dove il calo delle presenze è evidente e il tono degli entusiasmi è abbastanza smorzato da un concorso ufficiale non all’altezza delle aspettative; il direttivo della Mostra rilancia per il prossimo anno, promettendo opere americane di richiamo e ammettendo che l’annata cinematografica non è una delle più rosee. A parte questo la gara ufficiale, ha continuato il suo percorso e la sorpresa di The Sky Crawlers di Mamoru Oshii, dimostra ancora una volta la vitalità creativa del Giappone. In un futuro prossimo alcuni ragazzi chiamati kildren sono modificati geneticamente e destinati a vivere un’eterna adolescenza, senza mai invecchiare. I kildren sono consapevoli che ogni giorno può essere il loro ultimo giorno, essendo piloti in guerra, in un mondo dove tutto è pilotato dalla mente degli adulti. Anime stratificato nell’addentrarsi nel sogno disilluso di una generazione, che vede oltre le spericolate acrobazie dei combattimenti, la fine di ogni prospettiva, chiusi in una gabbia istituzionale di regole prestabilite da un mondo cieco nella sua alterità politica. Gli americani si ripresentano, con Jonathan Demme e il suo Rachel Getting Married, dove Kym (Anne Hathaway) è un ex-modella professionista, uscita da molti centri di riabilitazione per tossicodipendenza. Dopo molto tempo che manca da casa vi fa ritorno per il matrimonio della sorella e la sua presenza farà rimergere tensioni familiari assopite da tempo. Lo stile del regista di Philadelphia è quello di entrare in questo interno familiare, proprio come se fossero le riprese amatoriale di un matrimonio qualsiasi, per creare empatia tramite i sommovimenti emotivi messi in luce dai protagonisti. Spesso la noia sopraggiunge in alcune scene, troppo reiterate e soprattutto nella sua linearità classica, efficace nell’assecondare la crescita del personagio di Kym, ma con soluzione di contorno prevedibili e tutto sommato scontate. Un film che ha suscitato clamori eccessi, visto che siamo di fronte comunque ad un opera di fattura media. Nella sezioni orizzonti, è apparso a sorpresa A erva do Rato di Julio Bressane e Rosa Dias, in cui un uomo e una donna camminano in un cimitero vicino al mare, e si conosco in quel luogo. Uno spunto dal quale nasce una strana relazione dove l’ossessione amorosa, diventa un arma che istiga una perversione naturale, ma solo celebrale nell’uomo, privo degli strumenti per comprendere il desiderio femminile, sedotto dai rimandi metafisici di un topo di funerea presenza. Irridente opera sul senso dell’amore di copia, di beffarda sintesi, nello spirito di un Bressane in piena forma. La settimana della critica, ha visto il successo di pubblico e della stampa per la pellicola Pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio, sceneggiatore di Matteo Garrone, qui in veste di produttore. Nonostante sia un uomo di mezza età, Gianni vive in una vecchia casa del centro di Roma con la madre, una nobildonna decaduta che implacabilmente non lo lascia mai in pace. Alla vigilia di ferragosto, l’amministratore del palazzo, conoscendo la sua situazione critica in cui versano, gli propone di tenere con sé, per un paio di giorni, la propria mamma, in cambio dell’azzeramento delle spese condominiali in sospeso. Quando si presenta a casa sua in compagnia anche della vecchia zia, Gianni inizia a sentire dei disturbi fisici. Si reca allora da un amico medico per un controllo, che a sua volta gli affiderà la sua anziana madre per la giornata festiva. Piccola commedia, fatta con pochi soldi, ma tenuta da un quartetto di anziane davvero in gamba per la resa comica e inscenando alcuni momenti davvero gradevoli, grazie anche ad un copione che non si esaurisce in sole poche gag. Tornando al concorso principale, segnaliamo Gabbla di Tariq Teguia, dove un topografo, che vive nell’ovest dell’Algeria, scopre di vivere vicino a un campo minato. Un giorno, insieme a una ragazza, inizia un viaggio per raggiungere il territorio spagnolo. Lo sguardo estremo di Teguia, nel tracciare visivamente con immagine in piano sequenza un territorio desolato e triste, diventa il perno estetico per raccontare la immobilità di un paese, schiacciato dalla povertà e dagli scontri religiosi. L’eccessiva forma che impone il regista, respinge lo spettatore, anche se un certo fascino rimane: ma un maggiore controllo della messa in scena avrebbe giovato, per dare ulteriore respiro alla storia. Il ritorno di Kathryn Bigelow si basa sui reportage del giornalista Mark Boal, e mette in primo piano una squadra speciale dell'esercito americano addetta alla disattivazione degli ordigni esplosivi in Iraq, compiendo a volte missione altamente pericolose. Hurt Locker si misura con la guerra, ma lo fa di striscio, seguendo gli attimi della squadra speciale, nelle sue azioni spericolate, lasciando le psicologie di contorno. L’impostazione della Bigelow è elementare, di genere, ma oltre l’esecuzione pratica ( alcune scene d’attacco sono coinvolgenti ) non si arriva mai a contraddire l’immaginario infuocato del conflitto odierno, e ancora di più emergere lo scontento per una regista che ha lasciato da parte il coraggio espressivo di un tempo. Ultimo film italiano del concorso è Il seme della discordia di Pappi Corsicato liberamente tratto dalla Marchesa von O di Heinrich von Kleist, dove il ménage di Mario e Veronica, una coppia sposata e senza figli, viene scombussolata dalla notizia inaspettata di Veronica, che rimane incinta, quando nello stesso momento il marito scopre dalle analisi di essere sterile. Commedia citazionista di un certo cinema pop italiano anni settanta, debito di Indovina e la decima vittima di Petri, che ha sconcertato gli spettatori, per la sua carica irridente e scanzonata, che non ricalca i generi prediletti della nostra penisola. Lo svolgimento classico del soggetto si addice a Corsicato, che analizza in maniera acuta la crisi della coppia, facendo emergere il ruolo possente della donna, nelle sue diverse dislocazioni nel quotidiano. Medio certamente nel risultato, ma non vacuo nello sprigionare un humour graffiante. The Wrestler di Darren Aronofsky, si scarta del deprecabile The Fountain, con un racconto ancorato all’oggi americano, con Randy The Ram Robinson ( un Mickey Rourke che si cala perfettamente nella parte ), lottatore professionista che si è ritirato dalle scene dopo un infarto e prova a rifarsi una nuova vita, dopo alcune amare delusioni, ritorna ad esibirsi sul ring. Dolente ritratto di un America a pezzi, fatta di personaggi il cui corpo viene sacrificato come unica possibilità di sorpravvivenza, mettendo da parte gli affetti più cari, in un presente che non da sconti: ma brucia ogni istante le speranze di un esistenza diversa. Bella sorpresa in chiusura di festival. Adesso non ci resta che aspettare la premiazione, che vede come favoriti della vigilia per il Leone d’oro, Teza o Vegas, a seconda delle flebili indiscrezioni filtrare. In questa edizioni, sicuramente ci saranno delle sorprese per quanto riguarda l’assegnazione dei premi, visto l’altalenante qualità della gara ufficiale. I nostri favoriti, sono: Kitano, Miyazaki, Naderi, Oshii, come intepretazione femminile, Anne Hathaway e maschile Mickey Rourke. Nel prossimo appuntamento faremo un riassunto dei temi portati della Mostra e della sua premiazione.

Voto 7 

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