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  19/05/2024 - 17:53

 

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Venezia Cinema 62
Primo reportage di Scanner
Un festival di frontiera
La 62. mostra internazionale d'arte cinematografica si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre 2005

 




                     di Matteo Merli


Venezia Cinema 62: Quarto reportage di Scanner
Venezia Cinema 62: Terzo reportage di Scanner
Venezia Cinema 62: Secondo reportage di Scanner
Venezia Cinema 62: Primo reportage di Scanner
Mater Natura di Massimo Andrei


In questa 62° edizione della mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia sembra di essere catapultati in limbo per soli cinefili, segregati in zone recintate con i metal detector all’ingresso delle zone dei cinema. Una frontiera di corpi e pensieri, che rispecchiano i tempi bui in cui viviamo e che il nostro sguardo assimila come visione di confronto tra etnie e diversità autoctone. Come ha voluto il direttore Marco Muller, il suo scopo era quello di mettere di fronte alle platee degli spettatori un cinema sconnesso, che sapesse mettere in scena un reale che sta mutando con le contraddizioni presenti in una società instabile, ma viva e pulsante. A dimostrazione di questo, è emblematico che il film di apertura della Mostra del cinema sia Seven Swords di Tsui Hark , che racconta della dinastia Qing e della sua estensione territoriale sull’intera Cina. L’imperatore stabilisce nel suo edito il divieto alle arti marziali, con la conseguente esecuzione per chi trasgredisce. Solo un piccolo villaggio resiste alle brutali angherie dei mercenari dell’Imperatore con l’aiuto di sette guerrieri dalle spade speciali della vecchia dinastia Ming. Tsui Hark, ritorna al genere prediletto, il wuxiapian, che sarà composto da altre due parti, che narra nella sua carica violenta delle coreografie dei combattimenti, il decadimento dei valori di un mondo oramai scosso dalla violenza, che si sprigiona attraverso lo scorrere del sangue. Un film dove i caratteri dei personaggi portano con se il fardello di un coscienza infranta, ma da ricostruire attraverso i valori di un tempo. Un gradito ritorno all’universo a lui congeniale per Tsui Hark. Il concorso si è aperto alla grande con Good Night and Good Luck, seconda regia di George Clooney, che racconta in un ritmo serrato e in un sfolgorante bianco e nero, la sfida del giornalista della CBS, Edward R.Murrow contro i sopprusi della commissione del senatore McCarthy. Un film teso, che si allinea al grande cinema americano degli anni settanta, capace di parlare di un eroe del suo tempo, che diventa il monito inascoltato di una democrazia ferita, ma ancora composta da uomini coraggiosi. Un secondo appello che sancisce la nascita di un regista dalle promettenti capacità. Superlativo, Brokeback Mountain di Ang Lee, che si apre sulla storia di un amore tra due cowboy, imprigionati in un ruolo virile, ma corroso da una passione devastante. A distanza degli anni, il loro essere amanti e il desiderio di sfuggire dalla gabbia delle convenzioni, non avrà che un risvolto dettato dal destino, sancito da un amore libero da ogni potere costituito che si libera attraverso la memoria. Un opera di sconvolgente bellezza e coraggio, che mette in discussione uno dei canoni di massimo vigore maschile americano, che confermano Ang Lee come uno degli autori più coraggiosi nel panorama delle major americane. Altra grande sorpresa nel concorso, è Sympathy for Lady Vengeance di Park Chan-wook, con al centro la bella Geum-ja, uscita di prigione dopo tredici anni per accusa di omicidio e pronta a vendicarsi. Un film dove la purezza si alterna alla violenza dell’animo e diventa l’apice grottesco di un mondo che vede del compiersi della vendetta una espiazione possibile, ma è solo lo specchio deformato di una coscienza perduta sparsa in mille pezzi. Vertice artistico per il regista sudcoreano, che si conferma essere uno dei nomi di spicco della cinematografia odierna. Il film a sorpresa del concorso, si è rivelato essere Takeshis, opera avanguardistica di Takeshi Kitano, frammentata sugli aspetti iconici del suo essere divo e attore riconosciuto, in un gioco di rimandi non sense e comici, che non lascia alcun appiglio allo spettatore, e diventa uno sberleffo riuscito di un sentirsi artista libero al suo zenit assoluto di ricerca stilista. Un opera oltremodo coraggiosa, ma sicuramente priva di enormi consensi. Altro ritorno gradito è quello di Philippe Garrel con Les Amants Réguliers in un sessantonto di fervori idealisti e fuochi fatui di una gioventù persa in un vuoto pneumatico di droga e ardori artistici. La storia d’amore tra due ventenni, diventa lo sfondo amaro di un mondo in bianco e nero dove lo smarrimento dell’essere trova l’autenticità umana nello sguardo romantico di chi crede ancora nell’amore come la vera rivoluzione dell’essere e non dell’apparire. Bello e necessario come può essere solo il migliore Garrel. Dal fuori concorso, invece solo delusioni con il pessimo Fragile di Jaume Balaguerò adagiato sulla solita storia di riporto di fantasmi e luoghi maledetti, senza un briciolo di idea e incapace di instillare terrore. Non meno peggio The Exorcism of Emly Rose di Scott Derrickson, horror su una possessione diabolica, piatta nei suoi meccanismi di messa in scena e dalla morale oscurantista. Le giornate degli autori, invece si è inaugurata con Le petit lieutenant di Xavier Beauvois, costruito sulle tracce del polar, nel raccontare le indagini quotidiane di un giovane tenente in un distretto parigino e del profondo affetto che prova il suo capo, una splendida Natalie Baye, nei suo confronti, come se fosse il figlio da lei perso in passato, e dimostra le difficoltà di una vita dura e piena di cicatrici. Un opera interessante, abilmente orchestrata da una regia attenta al contesto di un genere che offre spunti di profonda umanità. Non ci spetta che aspettare altre sorprese dalle diverse sezioni, con la speranza che qualche film italiano abbia la capacità di stupirci con un nuovo sguardo.

Voto 8 

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