Venezia Cinema 62: Quarto reportage di Scanner
Venezia Cinema 62: Terzo reportage di Scanner
Venezia Cinema 62: Secondo reportage di Scanner
Venezia Cinema 62: Primo reportage di Scanner
Mater Natura di Massimo Andrei
In questi giorni di festa e visioni,
possiamo stilare il primo bilancio parziale della mostra internazionale d'arte
cinematografica n.62, che vede confermare un concorso di interessante
vitalità, mentre le altre sezioni sono tendenti ad una omologazione di sguardo
incolore nella sua resa cinematografica. A parte i soliti problemi riguardanti
le code causate dai metal detector, il clima di quest’anno è effervescente, stimolato
dal fatto che i titoli appetibili e alternativi hanno portato frotte di
pubblico sul lido. Passando alle pellicole, in fuori concorso si è visto Bubble
dell’americano Steven Soderbergh,
girato in digitale con un HD di alta qualità, nell’raccontare una provincia
americana alienante, che porta inevitabilmente ad uccidere, senza che questo
fatto scalfisca la superficie del quotidiano in una realtà annichilente e
grigia. Cinderella
Man di Ron Howard è la storia classica della discesa del pugile Jim
Braddock nell’America della grande depressione, che con perseveranza dei propri
ideali, riuscirà ad risalire sul ring e ottenere una seconda possibilità. Un film di genere che asseconda il pubblico
nelle sue emozioni prevedibili, con le scene di combattimento efficaci in una
cornice di onesto prodotto medio. Ovviamente la sorpresa non poteva chiamarsi
che Takashi Miike con il suo bellissimo Yokai Daisenso, cogliendo la
sfida di rappresentare il mondo degli yokai, gli spiriti delle cose, che
albergano intorno a noi e diventano le tracce della memoria umana, turbata dal
rancore che gli umani arrecano all’abbandono consumistico degli oggetti, e dove
solo il candore di un bambino ci potrà salvare da una inevitabile fine. Opera
mirabolante nelle sue invenzioni visive, di pregnate significato morale. La
settimana della critica, invece ha presentato due pellicole deludenti, da una
parte l’americano Brick
di Rian Johnson che aggiorna il noir nel mondo dei teenegers, privo di una
messa in scena che radicalizzi il contesto in una versione maggiormente
postmoderna incastonato in una rigidità di genere senza spunti interessanti;
mentre dall’altro l’iraniano Yadasht
Bar Zamin di Ali Mohammad Ghasemi è una descrizione esposta all’eccesso
visivo di una mente malata, senza qualsiasi idea di progressione narrativa che
strutturi il film. Nelle giornate degli autori, si è visto l’interessante C.R.A.Z.Y. del
canadese Jean-Marc Vallée, capace di cogliere i turbamenti d’animo di un
giovane alle prese con la sua sessualità in una famiglia piena di fratelli
nella sua accettazione classica delle convenzioni. Riuscirà a trovare la sua
identità dopo un percorso lungo e doloroso, che diventa il sentimento condiviso
di chi oltrepassa la linea d’ombra per consegnarsi all’età adulta. Il concorso
ha presentato il divetente The Brothers
Grimm di Terry Gilliam con al centro le disavventure dei fratelli Grimm,
abili truffatori nell’impero napoleonico, costretti a risolvere un enigma che
circonda una foresta. In questo luogo,vedranno le loro fantasie averarsi, in un
sogno caleodoscopico che apre l’incoscio e sviscera il vero volto di loro
stessi, in un approccio fantastico che in Gilliam diventa materia per
sprigionare i sogni e trovare un senso a quello che ci corconda. Gabrielle
di Patrice Chéreau, è un gioco al massacro di una coppia dell’alta
borghesia negli anni dieci chiusa in obblighi sociali e apparenze, che alla
fine esplodono per portare a galla l’ipocrisia dei sentimenti, dove ogni
apparente agire ha il peso di una sconfitta. Il problema dell’opera di Chéreau
è la vacuità dell’insieme, che non produce interesse in quello che dice, pur in
una struttura teatrale che sviscera il testo tramite due attori superbi come
Isabelle Huppert e Pascal Greggory, poiché il tema del soggetto in sé ha
esaurito da tempo la sua carica di eversione sociale e rappresentativa. A
questo punto i favoriti per noi sono le opere di Ang Lee, Takeshi Kitano, Park
Chan-wook, ma dobbiamo fare i conti con le ultime sorprese e il nostro sogno
chiamato cinema continua.
Voto
7