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  19/05/2024 - 15:04

 

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Venezia 62 Scanner reportage
Mostra internazionale d'arte cinematografica
Secondo servizio da una edizione dalla carica effervescente
Il festival si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre 2005

 




                     di Matteo Merli


Venezia Cinema 62: Quarto reportage di Scanner
Venezia Cinema 62: Terzo reportage di Scanner
Venezia Cinema 62: Secondo reportage di Scanner
Venezia Cinema 62: Primo reportage di Scanner
Mater Natura di Massimo Andrei


In questi giorni di festa e visioni, possiamo stilare il primo bilancio parziale della mostra internazionale d'arte cinematografica n.62, che vede confermare un concorso di interessante vitalità, mentre le altre sezioni sono tendenti ad una omologazione di sguardo incolore nella sua resa cinematografica. A parte i soliti problemi riguardanti le code causate dai metal detector, il clima di quest’anno è effervescente, stimolato dal fatto che i titoli appetibili e alternativi hanno portato frotte di pubblico sul lido. Passando alle pellicole, in fuori concorso si è visto Bubble dell’americano Steven Soderbergh, girato in digitale con un HD di alta qualità, nell’raccontare una provincia americana alienante, che porta inevitabilmente ad uccidere, senza che questo fatto scalfisca la superficie del quotidiano in una realtà annichilente e grigia. Cinderella Man di Ron Howard è la storia classica della discesa del pugile Jim Braddock nell’America della grande depressione, che con perseveranza dei propri ideali, riuscirà ad risalire sul ring e ottenere una seconda possibilità.  Un film di genere che asseconda il pubblico nelle sue emozioni prevedibili, con le scene di combattimento efficaci in una cornice di onesto prodotto medio. Ovviamente la sorpresa non poteva chiamarsi che Takashi Miike con il suo bellissimo Yokai Daisenso, cogliendo la sfida di rappresentare il mondo degli yokai, gli spiriti delle cose, che albergano intorno a noi e diventano le tracce della memoria umana, turbata dal rancore che gli umani arrecano all’abbandono consumistico degli oggetti, e dove solo il candore di un bambino ci potrà salvare da una inevitabile fine. Opera mirabolante nelle sue invenzioni visive, di pregnate significato morale. La settimana della critica, invece ha presentato due pellicole deludenti, da una parte l’americano Brick di Rian Johnson che aggiorna il noir nel mondo dei teenegers, privo di una messa in scena che radicalizzi il contesto in una versione maggiormente postmoderna incastonato in una rigidità di genere senza spunti interessanti; mentre dall’altro l’iraniano Yadasht Bar Zamin di Ali Mohammad Ghasemi è una descrizione esposta all’eccesso visivo di una mente malata, senza qualsiasi idea di progressione narrativa che strutturi il film. Nelle giornate degli autori, si è visto l’interessante C.R.A.Z.Y. del canadese Jean-Marc Vallée, capace di cogliere i turbamenti d’animo di un giovane alle prese con la sua sessualità in una famiglia piena di fratelli nella sua accettazione classica delle convenzioni. Riuscirà a trovare la sua identità dopo un percorso lungo e doloroso, che diventa il sentimento condiviso di chi oltrepassa la linea d’ombra per consegnarsi all’età adulta. Il concorso ha presentato il divetente The Brothers Grimm di Terry Gilliam con al centro le disavventure dei fratelli Grimm, abili truffatori nell’impero napoleonico, costretti a risolvere un enigma che circonda una foresta. In questo luogo,vedranno le loro fantasie averarsi, in un sogno caleodoscopico che apre l’incoscio e sviscera il vero volto di loro stessi, in un approccio fantastico che in Gilliam diventa materia per sprigionare i sogni e trovare un senso a quello che ci corconda. Gabrielle di Patrice Chéreau, è un gioco al massacro di una coppia dell’alta borghesia negli anni dieci chiusa in obblighi sociali e apparenze, che alla fine esplodono per portare a galla l’ipocrisia dei sentimenti, dove ogni apparente agire ha il peso di una sconfitta. Il problema dell’opera di Chéreau è la vacuità dell’insieme, che non produce interesse in quello che dice, pur in una struttura teatrale che sviscera il testo tramite due attori superbi come Isabelle Huppert e Pascal Greggory, poiché il tema del soggetto in sé ha esaurito da tempo la sua carica di eversione sociale e rappresentativa. A questo punto i favoriti per noi sono le opere di Ang Lee, Takeshi Kitano, Park Chan-wook, ma dobbiamo fare i conti con le ultime sorprese e il nostro sogno chiamato cinema continua.

Voto 7 

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