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  24/04/2024 - 10:58

 

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Scanner - musica
 


Franco Battiato
Gommalacca
[Mercury 1998]
Pigmei africani, aborigeni australiani e relazioni apocrife

 




                     di Paolo Boschi


Gommalacca
Fleurs
Ferro battuto
Franco Battiato pronipote dei padri del deserto
Fleurs3


Il solito grande Battiato di sempre: eccezionale virtuosista linguistico in aria di spericolati divertissements semantici, stavolta in un album che sembra confezionato su misura per l’utilizzo enfatico di chitarre distorte e ritmi rock piuttosto accentuati, ma perfettamente in accordo con la cupezza di fondo delle canzoni. Gommalacca presenta in totale dieci brani. All’avvio bruciante con gli «shock addizionali» di Shock in my town segue la splendida Auto da fé, con un elaboratissimo testo sentimentale che descrive «relazioni apocrife» di amanti che si parlano senza riuscire a comunicare. Toccante secondo consuetudine l’omaggio alla Callas in Casta diva. Spericolato (ma davvero ispirato) Il ballo del potere, dove Battiato si diverte ad aprire squarci lirici con la sua voce cantilenante – dai pigmei dell’Africa che si siedono per terra con un grido di socialità a fumare tranquillamente l’erba, fino agli aborigeni dell’Australia che si stendono sulla terra con un grido di fertilità a lasciarvi il loro stemma -. Degne di menzione anche le visioni poetiche alla base di La preda, e splendida anche la prova di scrittura di Vite parallele. Shakleton, a chiusura dell’album, è l’epopea di un pioniere dell’Antartide, articolata in sezioni e quasi ‘raccontata’ da Battiato, che la conclude con una suggestiva performance di canto. Gommalacca non è che l’ennesima grande prova di un talento semplicemente geniale, il consueto turbine linguistico del musicista siciliano. Franco Battiato continua a non sbagliare un colpo.

Franco Battiato, Gommalacca [Mercury 1998]

Voto 7½ 

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