Gommalacca
Fleurs
Ferro battuto
Franco Battiato pronipote dei padri del deserto
Fleurs3
Il
solito grande Battiato
di sempre: eccezionale virtuosista linguistico in aria di spericolati divertissements semantici, stavolta in
un album che sembra confezionato su misura per l’utilizzo enfatico di chitarre
distorte e ritmi rock piuttosto
accentuati, ma perfettamente in accordo con la cupezza di fondo delle canzoni. Gommalacca
presenta in totale dieci brani. All’avvio bruciante con gli «shock addizionali»
di Shock in my town segue la
splendida Auto da fé, con un
elaboratissimo testo sentimentale che descrive «relazioni apocrife» di amanti
che si parlano senza riuscire a comunicare. Toccante secondo consuetudine
l’omaggio alla Callas in Casta diva.
Spericolato (ma davvero ispirato) Il
ballo del potere, dove Battiato si diverte ad aprire squarci lirici con
la sua voce cantilenante – dai pigmei dell’Africa che si siedono per terra con
un grido di socialità a fumare tranquillamente l’erba, fino agli aborigeni
dell’Australia che si stendono sulla terra con un grido di fertilità a
lasciarvi il loro stemma -. Degne di menzione anche le visioni poetiche alla
base di La preda,
e splendida anche la prova di scrittura di Vite
parallele. Shakleton, a
chiusura dell’album, è l’epopea di un pioniere dell’Antartide, articolata in
sezioni e quasi ‘raccontata’ da Battiato, che la conclude con una suggestiva performance di canto. Gommalacca
non è che l’ennesima grande prova di un talento semplicemente geniale, il consueto turbine linguistico del musicista
siciliano.