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Compagnia Muta Imago
(a + b)3
Progetto e regia: Claudia Sorace, con: Riccardo Fazi e Claudia Sorace, drammaturgia: Riccardo Fazi, Cubo di Massimo Troncanetti, costumi: Fiamma Benvignati, registrazioni audio: Federica Giuliano
31 maggio 2008 al Festival “Primavera dei Teatri” (31 maggio – 7 giugno) Castrovillari, Cosenza

 




                     di Tommaso Chimenti


Compagnia Muta Imago,(a + b)3, 2008
Compagnia Muta Imago, Lev, 2009
Compagnia Muta Imago, Madeleine, 2011


La casa è un cubo – bunker antiatomico, funzionale e preciso. Due cuori ed una capanna, aperta sui lati al mondo ma compressa al suo interno da sudari bianchi che appena lasciano intravedere. Fogli di carta adesiva che si aprono come ali di farfalla, sottili, per poi richiudersi a riccio, a ricciolo. Pareti giapponesi, come tulle di ballerina, come vele dispiegate. E a che si somma con b non dà la soluzione, non è l’aritmetica algebrica dell’equazione perché, fuori dalle parentesi, al di là di quel cubo tutto loro, esiste l’esterno, famelico e inghiottitore, che risucchia, come risacca, e porta, trascina, tracima dentro per liberare fuori, prende per non restituire. La tranquillità dei due, nerovestiti tra Guerre stellari e sacerdoti di un altro credo, tra Asimov e Bradbury, si scontra con l’azione veloce, caotica, distruttiva che lampadine, lanciate appese ai loro cappi come inpiccati che veleggiano senza gambe, deformano visi e volti e facce. Lampadina come megafono, come microfono in un assiduo imprimere vicinanza e donare lontananza. Dentro e fuori. E’ la guerra che bussa alle porte e le spalanca e le ombre s’ingigantiscono, s’ingrandiscono che l’uomo mostro è diventato, irriconoscibile anche per se stesso, anche per la propria immagine che prima aveva gli stessi bordi neri sovrapponibili al corpo e che adesso invece si presenta dentellata e sgranata, più grande ma informe e sbiadita. E’ la guerra che fa degli uomini sigarette da trasformare in mozziconi spenti. Musica classica da cena romantica con l’arancia donata come cuore acido e grondante e bacio e vita familiare da motivetto allegro (ma tedesco), e musica elettronica sormontata da aerei che sorvolano minacciosi e sirene e cento colpi di tamburo in un carnevale di ombre che ondeggiano, molleggiano tremolanti, tremano trepitando. L’azione è semplice e compressa. Schermo da cinema o teatro delle ombre la scena viene filtrata attraverso il velo - Sindone, paradossale buco della serratura opaco e non traforato che riesce ad emergere grazie alle filigrane di luce penetrante a scovare, a cercare lancinante e disperato, il telo dove rimangono impresse, impigliate nelle reti di pescatori-Apostoli, le immagini operando già un taglio, un secondo passaggio, un’ulteriore trasformazione di segreti svelati, delle quinte mostrate e poi ridisposte nella valigia delle magie. Dietro quelle pareti smontabili i Muta Imago sono marionette e Mangiafuoco, i fili le loro stesse braccia, i corpi dei due attori crepuscolari diventano strumento e oggetto a disposizione del loro registro ed usato come fosse terzo in gioco. Sono loro due i primi a vedere e controllare l’azione che si sviluppa e prende pieghe all’interno della scatola cubica, guardano da fuori, azionano, convogliano, spingono, fino a rientrarci. Ma, in definitiva, “l’ombra non appartiene mai all’oggetto che la produce”.

Voto 8 

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