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L'uomo Calamita
Funambolismi del corpo e della lingua
Pinocchi : presentazione
Regia di Andrea Macaluso
compagnia Appiccicaticci
Improvvisazione teatrale
Cirk Fantastik
Undicesima edizione
PrimaQuinta Teatro
Di Aldo Rapè
Shi Yang Shi
Tong Men-g
Roma Fringe Festival
4 proposte in tour nell’estate 2013
Marlene D. The Legend
L’uomo che diventò Marlene Dietrich
Compagnia Scimone Sframeli
Bar si fa in 3
Muta Imago
Rabbia Rossa

 


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  20/04/2024 - 17:33

 

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Muta Imago
Lev
Ideazione Glen Blackhall, Riccardo Fazi, Claudia Sorace, Massimo Troncanetti, Regia Claudia Sorace, drammaturgia e suono Riccardo Fazi, Realizzazione scena Massimo Troncanetti, Vestiti Fiamma Benvignati, Con Glen Blackhall, Foto di scena Laura Arlotti, Canto Irene Petris

 




                     di Tommaso Chimenti


Compagnia Muta Imago,(a + b)3, 2008
Compagnia Muta Imago, Lev, 2009
Compagnia Muta Imago, Madeleine, 2011


L’uomo è talmente grande e infinito che può toccare le stelle, camminare sulla Luna, circumnavigare l’atmosfera intorno alla Terra, guardando la sua piccolezza sottostante e sorriderne: è Dio. L’uomo è talmente infimo e insignificante e meschino che può generare dolore e morte e strazio con lo strumento della guerra: è un animale feroce e stupido. In questo doppio binario e parallela bilancia si alterna l’ultimo lavoro dei Muta Imago. Una catapulta in una guerra esterna prima sotto un tappeto di sabbia come ring, un quadrato dove è impossibile fuggirne, uno spazio tagliato, collassato da pannelli - legacci che piombano come ghigliottine in questo campo di Marte dove piovono saette e granate e proiettili. Uno spazio che diviene, da fessura sul mondo fuori, uno spaccato del mondo umano dal di dentro. La trincea ora è la testa, il cranio, il cervello, i pensieri offuscati e ovattati, i rimbombi delle parole, la difficoltà a capire i reali significati dei concetti. La mente del soldato, abbuiata da una pallottola intrappolata, è una stanza dove egli stesso si muove per ritrovare, riconoscere, accettare nuovamente azioni scontate. E’ un vagare sotto la polvere, è un riuscire a scrivere con la sabbia, per sottrazione, frasi collegate all’infanzia, ai ricordi di fanciullo, ai rumori rimasti impigliati nei gangli della memoria. E’ una lotta per riaversi, un duello per riconquistarsi, un violento e furente corpo a corpo per riprendersi il fuoco sotto la cenere: la vita. Un pezzo fortemente politico. Una denuncia sociale. Le luci calano dall’alto così come i pannelli, il ritmo è vorticoso, ansiogeno, l’attore (fenomenale Glen Blackhall, fisico e determinato e estenuante e carico di un’energia strabiliante e primitiva) è un animale in gabbia, che tenta la via della salvezza, la via di fuga, d’uscita. I black out delle interconnessioni perdute, le sinapsi cadute nel vuoto, i ponti rotti e tranciati con il passato. Le bombe continuano a esplodere creando macerie dentro e fuori in una tabula rasa che rende vergini. Frammenti, pezzi frastagliati. Tutto contribuisce ad un nuovo caos: ancora vita viva e vitale.

Voto 7 + 

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