Shi Yang Shi
Tong Men-g
Un giovane sospeso fra due culture si racconta. Regia di Cristina Pezzoli, scene e i costumi di Rosanna Monti, clown coach Rosa Masciopinto, coreografie di Ke Zhoujun
Lo spettacolo, che tradotto dal cinese, prende il nome Porta di Bronzo, viene proposto in prima nazionale dal 14 al 17 febbraio 2014 al Museo del Tessuto a Prato
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L’epopea di una vita, anzi di più generazioni per coinvolgere la platea con l’avvincente storia di Yang e, in qualche modo, con quella della Cina intera, dall’ultimo secolo ai giorni nostri. Yang,
un cinese alto 1,89 centimetri, un cinese bello e aitante, che dal 2006 vanta la cittadinanza italiana, ha proposto in anteprima lo
spettacolo Tong Men-g (in cinese Porta di Bronzo) dal 14 al 17 febbraio 2014 al Museo del Tessuto a Prato. Prodotto da Compost
Prato, con il contributo della Provincia di Prato, quello messo in scena da Yang è il primo spettacolo di produzione italiana dedicato a
un cinese ed è rivolto a un pubblico misto, di entrambi le culture. La pièce va avanti con la doppia versione simultanea italo cinese ed è un brillante esempio
di narrazione biografica (una delle tendenze in voga negli ultimi tempi) decisamente fuori dagli schemi.
La regia è di Cristina Pezzoli, le scene e i costumi sono curati da Rosanna Monti, clown coach è Rosa Masciopinto e le coreografie sono di Ke Zhoujun. Ma il vero centro
dell’opera è l’attore – performer Shi Yang Shi, che per due ore è solo in scena per raccontare la sua vita. Yang vive in maniera più reattiva che può i frammenti di identità e di culture che lo abitano: un puzzle
esistenziale difficile da districare. Nonostante parli fluentemente la nostra
lingua e abbia studiato qui, in Italia è comunque considerato un giallo, mentre in Cina gli dicono che è un banana , cioè bianco dentro e giallo fuori. Yang è nato a Jinan, nello
Shandong, nel Nord della Cina, nel 1979. A 11
anni si è trasferito (via Germania) a Milano insieme alla madre che, come il padre (che li ha raggiunti più tardi) è un medico, ma da noi è costretta a lavori ben più modesti e mal retribuiti. Da allora Shi Yang Shi ha sbarcato il lunario dandosi da fare in più direzioni: dal lavapiatti al venditore ambulante di erbe e unguenti cinesi, nonché massaggiatore itinerante sulle spiagge romagnole. Si è diplomato in ragioneria e ha interrotto l’Università Bocconi a quattro esami dalla laurea, ma nel frattempo ha lavorato come traduttore simultaneo di alto profilo, come mediatore culturale per ministri, imprenditori e registi internazionali.
Scelta la sua strada, Yang è stato ed è attore di
teatro, tv e cinema, ma si mette alla prova anche come inviato speciale de Le Iene,
nonché come mattatore di questo impegnativo spettacolo che ci svela un mondo poco conosciuto direttamente dal racconto di chi lo vive
in diretta.
Diciamo subito che Shi Yang Shi se la cava bene sulla ribalta: si muove e recita con eleganza. È espressivo e parla l’italiano
con un accento e una proprietà di linguaggio davvero rare per uno che in fin
dei conti è nato in Cina. Ma due ore in scena sono
troppe anche per lui. Il ragazzo intenerisce e intriga lo spettatore con la sua
narrazione fisica e narrata. La regia è azzeccata. Ma, anche se, di sicuro si tratta di uno spettacolo pieno di mordente, forse lascia
troppo spazio alla voglia di strafare di Yang. Probabilmente qualche taglio al
testo avrebbe il merito di velocizzare il plot e far rifiatare il protagonista. Ciò aggiungerebbe a questo lavoro, che nasce all’incrocio delle culture, più ritmo senza togliere sostanza
e intensità a un teatro tanto contemporaneo, quanto utile al necessario dialogo
fra tradizioni e culture che stanno appena iniziando a fare conoscenza.
Voto
8
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