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  19/04/2024 - 07:34

 

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Scanner - live
 


Daniele Luttazzi
Barracuda 2007
Riprende i temi sviluppati nel monologo del ’99 con affondi sempre più cattivi, ma anche assolutamente lucidi
Il 29 marzo 2007 al Teatro Politeama di Poggibonsi, il 30 marzo 2007 a La Città del Teatro Cascina, il 12 aprile 2007 al Teatro Verdi di Monte San Savino, il 13 aprile 2007 al Teatro Comunale di Modena. Il 14 aprile 2007 allo Stadium di Rimini, il 16 aprile aprile 2007 al PalaBigi di Reggio Emilia, il 18 aprile 2007 al Teatro Verdi di Gorizia, il 19 aprile 2007 al Teatro Comunale di

 




                     di Tommaso Chimenti


Daniele Luttazzi: Satyricon
Daniele Luttazzi: il libro Sesso con Luttazzi
Daniele Luttazzi: il libro Benvenuti in Italia
Daniele Luttazzi: Barracuda 2007
Daniele Luttazzi: Sesso con Luttazzi in teatro 2008


A una prima parte ironica e satirica, a volte satanica, ha fatto da contaltare, purtroppo, svilendo la prima ora di show, una seconda trance tutta incentrata sulle vicende processuali del signor Satyricon. Adesso, dato per scontato che Luttazzi abbia ragione, e non avremmo motivo per affermare il contrario, troviamo che il pubblico sia stato usato come carta igienica, sfruttato per portare in giro il verbo, la verità vera e comprovata dell’autore di Barracuda. Ci dispiace per i suoi guai giudiziari, le cause, comunque vinte, contro Berlusconi, e siamo dalla sua parte, ma fare di uno spettacolo, che nella prima parte veleggiava sulle ali della risata, amara e pensosa ma mai pesante e pedante, un comizio ad personam ci è sembrato scadente come quelli che usano il mezzo pubblico, ed anche il teatro è un servizio, per scopi ed interessi individuali. Proprio quello che imputa ai suoi accusati ed avversari. Il pubblico è stato usato, vilipeso per inoltrare il tarlo dell’ingiustizia verso lo stesso Luttazzi, per assurgerlo a martire del sistema televisivo e politico, diventare capro espiatorio di un marcio meccanismo ed essere elevato a paladino della Giustizia Universale, per comunicare ai posteri le sue tesi. Se si ha la fortuna-mestiere di poter parlare dall’alto di un palco si dovrebbe anche avere il buon senso ed il buoncostume della responsabilità, di quella sorta di patina equa che dovrebbe portare il più possibile a tendere verso l’onestà intellettuale. Il pubblico, purtroppo troppo spesso, è pecora e va dietro, basti vedere e sentire gli applausi “telefonati” da “Striscia la notizia” alle battute scontate, infarcite di luoghi comuni da sala d’attesa del medico, da vero e proprio comizio elettorale. Si cerca il plebiscito, le urla facili, il battimano di chi non ha opportunità né occasioni né strumenti per farsi un’idea originale, né confutare, né criticare, ma apre bocca ed ingoia verità altrui. Con gusto. L’unico e fugace rientro in scena nel finale per farsi accogliere e abbracciare dagli applausi sta a confermare la presunta superiorità dell’artista sul volgo e la bassa stima, da sudditi e non da platea, (senza pubblico non c’è spettacolo) che questi ha nei confronti di chi ha pagato. Andate e predicate sembra l’imperativo. Gli ospiti sulle poltrone diventano così bigné infarcite delle tesi, attaccati e bombardati da più parti, posizioni fatte passate per vere senza alcuna possibilità di contraddittorio. Ha tutta l’aria di essere una campagna elettorale personale. Per farsi riabilitare non serve una claque ammaestrata, come lo può essere solo chi paga per vederti. E poi la rabbia violenta, l’astio inviperito e l’acredine acida come panna scaduta che sgorga dal palco in direzione di un nemico ipotetico ed invisibile (tutti sbagliano tranne Luttazzi) resta davvero indigesta. Il dubbio gusto è populista: “Andrai a pisciare sulla tomba di Berlusconi? No, non vorrei fare la fila”. E poi gli attacchi, mirati e cattivi, niente di satirico (per Bacco), contro Pippo Baudo e Fabio Fazio, Michele Santoro ed Ezio Greggio, contro i “paraculi” Paolo Bonolis, SuperSimo Ventura, Fabio Volo, Barbara D’Urso, Daria Bignardi “la moglie del giornalista Luca Sofri che crede di essere figlio di Adriano”. Ne emerge un quadro disfattista non solo della televisione ma anche dell’Italia intera, un affresco devastante peggiorato enormemente ed esponenzialmente da quando manca il comico di Sant’Arcangelo di Romagna sul piccolo schermo che in qualche modo (?) riusciva a riequilibrare le sorti. Ci aiutava a capire come il Messia, ci accompagnava per mano verso la Verità. Paternalistico e inutilmente protezionista. E’ proprio la voglia di essere leader, di essere ricociuto al titolo di guru, di Santone e capopopolo totemico delle masse che alla fine stucca e stroppia, finendo e sfociando nello stesso qualunquismo fin lì criticato. Dire che tutto fa schifo equivale all’affermare che tutto va bene. Disfattismo a buon mercato, anzi gratuito, iniettato ed infettato dal morbo del beppegrillismo. Se la performance si fosse conclusa dopo un’ora saremmo qui entusiasti e plaudenti. Voce nasale, istrionico, stoccate dispensate democraticamente. “Stasera sono euforico grazie alle medicine che prendo” o ancora “Guardare la merda nella carta igienica è meglio che leggere Baricco”. Il sesso è una delle voci più toccate: “Mi masturbavo e correvo a vedere se ero rimasto incinto”, o il fondo schiena chiamato “batcaverna”, “dentro il sedere della De Grenet ci stanno delle salsicce, le bolle di sapone, alcune aragoste, il Belgio”, “ho avuto un’infanzia difficile: da piccolo mi hanno stuprato due volte nelle prigioni del Monopoli”. Non può mancare D’Annunzio e le sue costole: “Era bravissimo a ballare il limbo, mentre Leopardi buttava giù l’asticella con la gobba”. Il parallelo Chiesa-sesso è la manna: “L’Avvenire lo tenevo nascosto dentro Penthouse”, “In chiesa l’unica cosa che penso è che Gesù aveva degli addominali fantastici”, “Paparazzi ha un crocifisso così grosso al collo che sopra c’è crocifissa una persona vera. E’ Aceto il fantino del Palio”, “Sul satellite il canale di Padre Pio è in mezzo a due reti hard: porno, bara, porno”.  

Voto 6 

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