Nei giorni scorsi, a Belgrado, è morto Bekim Fehmiu (1936), il più famoso attore cinematografico dell'Europa orientale, dunque anche della ex Jugoslavia. Albanese del Kosovo, pur essendo nato a Sarajevo, alcuni mesi fa era stato colpito da un ictus, riducendolo in un sol colpo a un vecchio senza forza né voglia di vivere. Si è sparato, lasciando un messaggio per la cara moglie Branka “Ti amo moltissimo, ma la vita per me non ha più senso”. Aveva 74 anni. E' stato cremato e le sue ceneri gettate nella Bistriza, che affluendo nel Drin dal Kosovo entra in Albania per finire nell'Adriatico...
La
morte di Bekim, per un paio di giorni ha letteralmente riunificato le membra sparse della defunta Federativa, quantomeno le due generazioni più anziane: quelle che sono nate e cresciute con i film jugoslavi del grande attore
albanese: bravo, stimato dal gotha della cinematografia mondiale, per anni
sotto contratto con Dino De
Laurentiis, eppure assai poco premiato. Ma non se ne faceva un cruccio. Soleva
dire che il premio maggiore era l'amore del pubblico (“Se ti segue, vuol
dire che ti crede, che sei entrato nel suo cuore”), inoltre Bekim si riteneva sinceramente fortunato per il solo fatto di fare l'attore di
professione, cioè “una sorta di archeologo
che scava e scava ed ha a che fare col mistero, la magia, la dinamite.
Scava e non sa mai cosa troverà. Poi magari scopre di non avere scoperto
niente... o di avere sbagliato. E allora ricomincia...”
Bekim era figlio di
Ibrahim Fehmiu, maestro di campagna e uno dei capi della rivolta armata albanese contro l'Impero turco del 1912; fu il primo padre di famiglia dell'area kosovaro-albanese a dare ai propri (otto) figli nomi che non siano
turchi o arabi: non solo, ma di ispirazione religiosa (Bekim significa Benedetto). Nel periodo tra le due guerre mondiali Fehmiu padre è inviso sia a re Zog d'Albania che ai Karadjordjevic. Vivendo prevalentemente nel Regno
di Jugoslavia, nel 1931 si vede deportare con tutta la famiglia a Sarajevo,
dove appunto nascerà Bekim. In piena guerra ritornano nel Kosovo occupato dall'Esercito italiano (sotto il motto “Roma doma!”). E'
qui, nella cittadina di Prizren, che Bekim fa i primi passi da attore. Si dimostra assai capace e di talento talché
ottiene una borsa di studio e nel 1956 entra all'Accademia d'Arte Drammatica di
Belgrado, dopo avere superato un difficile esame di ammissione e coll'obbligo,
nel giro di alcuni mesi, di apprendere più che bene il serbo-croato, che
non conosceva se non superficialmente in quanto nel Kosovo a cominciare da 1945
la lingua d'insegnamento era l'albanese.
(Lo imparerà talmente bene che è stato l'unico albanese che parlando
in serbocroato non tradiva le proprie origini). Nel 1960 si diploma, con una tesi in cui affronta il personaggio di Oreste da “Ifigenia
in Tauride”. Essendo uno dei migliori studenti, è immediatamente ingaggiato dal principale teatro del Paese, lo Jugoslovensko Dramsko Pozoriste della
capitale. Avendo pure un'ottima preparazione cinematografica da subito gira
film su film.
Nel 1967, il “boom”, con “Sakupljaci
perija”, cioè Raccoglitori di piume che in Italia e' intitolato “Anche gli zingari
vivono felici” di Aleksandar Petrovic: Palma d'Oro e Nomination agli Oscar.
La leggenda vuole che a Cannes la sera della premiazione venga avvicinato da Dino De Laurentiis, il quale gli offre un contratto di tutto rispetto. Bekim, giocando sul carattere dello zingaro del film (spaccone, menefreghista, rozzo, un po' scemotto) e dunque bluffando, gli chiede il doppio. E lo ottiene. Vero? Falso? Sta di fatto che i due diverranno molto amici e l'anno seguente esce il serial per la RAI “Ulisse” in cui Fehmiu ne riveste il ruolo. La regia e' di Franco Rossi, gli aiuti sono Piero Schivazappa e Mario Bava; gli effetti speciali sono del Bava stesso e di Carlo Rambaldi, non ancora
papà di ET, King Kong e Alien... Le musiche le scrive Carlo Rustichelli; tra gli sceneggiatori troviamo autori del valore di Luciano Codignola, Renzo Rosso, Mario Prosperi e Fabio Carpi. Penelope è la splendida Irene Papas. E' il primo
megaprogetto televisivo della RAI.
Probabilmente quello che e' stato meglio e maggiormente venduto nel mondo. Una
seconda leggenda metropolitana vuole un Kirk Douglas, l'Ulisse hollywoodiano, ancor oggi dolorante al fegato dall'invidia... In effetti, Bekim Fehmiu, il quale sia prima sia dopo, farà quasi sempre personaggi
protagonisti assoluti compresi assai meno di pensiero che non di azione,
nel furbo re itacense ci mette il cuore l'anima e la mente e ne fa un ritratto di tale impatto che andando a rileggere il poema
omerico dopo avere visto lo sceneggiato, non c'è verso di levarsi di
torno il suo volto, i suoi occhi, la sua gestualità.
Dal 1967 al 1987 Fehmiu è la star internazionale dell' “est comunista”
per antonomasia. Ma nello scegliere i film da fare, a parte quelli in cui e'
obbligato da contratto, non sottilizza sui soldi, né sul nome del
regista o dei compagni di lavora: guarda al personaggio, sicché gira con
Huston, ma anche con Tinto Brass...e recita sia con
Dirk Bogarde che con Chuk Connors, Ava
Gardner e Claudia Cardinale,
Ingrid Thulin e Olivia De Havilland;
Fernando Ray e Helmut Berger, Charles
Aznavour e Rossano Brazzi, Candice Bergen e Anna Moffo...,
mentre in Jugoslavia lavora con i migliori cineasti, ma anche con degli
illustri sconosciuti. E gratis, come nel caso di “Specijalno
vaspitanje” (Educazione speciale) nel 1977
dell'esordiente Goran Markovic.
Sono anni in cui non vive molta parte della sua vita in Jugoslavia, ma quando
ci torna è sempre felice di starci e si divide tra il Kosovo, in mezzo
al parentado, e Belgrado, dove ha casa, due figli Uliks
e Hedon e la moglie Branka Petric,
intelligente bella e innamorata, attrice pure lei (nel 1981 sarà a
Firenze, alla Pergola, con lo JDP di Belgrado nello spettacolo “ Sumrak” -
il Tramonto, tratto da un'opera di Isaak Babel), di genitori croati,
di una località sotto la baia di Buccari. Bekim, a onta della maschera facciale quasi “alla Charles Bronson”
era disponibile con tutti. Al Festival cinematografico jugoslavo di Pola del 1979, ricordandosi di un nostro precedente incontro in casa dei suoceri a Novi Vinodolski dove cantavo con un mio complesso alla fine dei Sessanta, mi concesse
un'intervista-fiume per Tele-Capodistria. Parlammo in italiano e in
serbocroato.
Non abbandona il teatro. Anzi, quando può, torna tra i vecchi compagni
dello Jugoslavensko Dramsko Pozoriste o all'Atelije
212. Nel 1987 la Serbia prima, e tutto il Paese subito dopo, entra in fibrillazione
a causa della politica aggressiva di Slobodan Milosevic asceso al potere nella
sua repubblica. In un comizio a Gazimestan, nel Kosovo,
il capopopolo serbo minaccia una guerra contro tutto e tutti, come pure di
sfasciare la Jugoslavia, di fronte ad una platea di centinaia di migliaia di
persone letteralmente impazzite. Il primo bersaglio sono i locali Albanesi,
accusati di maltrattamento nei riguardi della minoranza serba. Stampa, radio e
televisione danno il via a una campagna di odio che non e' affatto esagerato
paragonare a quella scatenata da Hitler contro gli Ebrei negli anni Trenta. Si inventano
storie di macabri uccisioni di serbi inermi: donne, bambini, vecchi; di proclami kosovari contro l'unita' della Federativa... Ha inizio una vera e propria “caccia all'albanese”.
I toni sono tali che Bekim - “era un attore molto particolare: aveva bisogno
di un clima generale sereno per potersi esprimere al meglio”, ha detto
nei giorni scorsi un regista belgradese di punto in bianco decide per
protesta di smettere di lavorare in Jugoslavia, facendo sua l'ultima battuta di
Amleto: “E il resto e' silenzio”. Lo fa con un'intervista (che gli
procurerà attacchi, offese, minacce) seguita all'abbandono del
palcoscenico nel corso di una rappresentazione di “Madame Colontein” di Anjette
Pleyal, in cui riveste i panni sia di Lenin che di Stalin.
E per precauzione manda i figli negli Stati Uniti, dove tuttora risiedono.
Continua a lavorare in Europa e in America, ma non e' più lo stesso. Sia
il primo che l'ultimo film di questo secondo periodo della sua vita
professionale, che va dal 1987 in poi li gira con registi italiani: con l'amico Franco Rossi è Giuseppe ne “Un bambino di nome Gesù'”, ancora una volta accanto a Irene Papas e con Franco Costa “Il cuore e la spada”. Nel 1998, questa volta senza preavviso, decide di abbandonare
definitivamente set e scene. Oramai la Jugoslavia non esiste più; tra le ex repubbliche federate in pratica non c'è scambio di informazioni, ognuno vive dentro il proprio stato o staterello senza alcuna curiosità
verso ciò che succede in casa del vicino. Personalmente, nel Duemila, lo vengo a sapere dalla moglie Branka, dopo che le avevo telefonato per chiederle notizie di Bekim e se avrebbe voluto venire a lavorare a Fiume - all'epoca ero
direttore del Dramma Italiano con il regista fiorentino Gianfranco Pedullà
a uno spettacolo su Ulisse in cui il vecchio Odisseo stanco e distrutto torna a Itaca, e riflette sul proprio passato. Branka mi
spiega la situazione e aggiunge che certamente in un altro momento della sua vita
la cosa gli sarebbe piaciuta.
Sempre agli inizi del Duemila esce a Belgrado, un suo libro di memorie sui primi vent’anni della sua vita a Prizren e Pristina, scritto a metà degli Ottanta. Titolo, “Blistavo i strasno” (Splendente e tremendo). Si torna a parlare di Bekim Fehmiu, anche perché nel frattempo il clima nelle ex repubbliche jugoslave oggi stati indipendenti, le televisioni pubbliche rimettono in onda i film di un tempo, compreso l' “Ulisse”
italiano. Inoltre, fa notizia la decisione di Bekim di non lasciare definitivamente Belgrado alla nascita della repubblica kosovara, ma solo di
tanto in tanto. E poi Branka e' sempre attrice di fama e attori sono diventati, negli USA, pure i figli. Il 15 giugno, la notizia bomba: Bekim Fehmiu si è sparato. La perdita umana e' tanta. Restano i suoi film. E forse Branka, Uliks e Hedon daranno alle stampe la seconda parte di “Blistavo i strasno”..
Dimenticavo. Il funerale si e svolto avendo per sottofondo le stupende note dell’Inno alla Gioia dalla Nona di Beethoven
Voto
9
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