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  03/05/2024 - 19:46

 

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Laboratorio Nove - Branko Brezovec
Galileo Incatenato
Opera corale liberamente tratta da Vita di Galileo di Bertold Brecht e Prometeo incatenato di Eschilo. Adattamento e regia Branko Brezovec, musica Marjan Necak, Scene Stjepan Filipec, costumi Petra Mina, movimento Barbara Matijević, luci Roberto Cafaggini. Con Silvano Panichi, Sergio Aguirre, Manola Nifosi, Lorenzo Berti, Suzana Brezovec - Coro Luisa Pasello, Carmen Di Bello, Saša Matovina, Darko Matijašević, Dario Bercich, Ivica Žunić, Nataša Ožura, Ivanica Lovrić, Ljubov Košmerl. Con la partecipazione di Romeo Martin Panichi, Pietro Ribatti - Al pianoforte Mattia Damiani
Prima europea per Fabbrica Europa al Teatro Affratellamento di Firenze dal 10 al 16 maggio 2009 alle 21.30

 




                     di Tommaso Chimenti


Fabbrica Europa 2009
Verdastro Della Monica: Satirycon
Cesar Brie: Odissea
Laboratorio Nove - Branko Brezovec: Galileo Incatenato


Il Prometeo cantato in coro lirico s’accavalla con le parole recitate dal Galileo di Brecht. Cantanti d’opera (Teatro Nazionale di Rijeka) e attori (Laboratorio Nove e C.I.T.), partendo dalla platea, s’affannano, s’aggrovigliano sulla macchina ideata da Branko Brezovec costruita di scale e tavoli a scomparsa, botole segrete come stiva di navi, ricoperta da manovelle e grandi compassi, soffietti, assi a creare piramidi-occhio di Dio e cannocchiali come colonne poggianti su una scienza stanca e traballante. Un marchingegno, zeppo di rumori da caldaia, ricolmo di ganci, argani, carrucole e ponti levatoi, che ruota su se stesso, come la terra attorno al Sole, che muta, cambia, si trasforma, come il pensiero riconosciuto in un’atmosfera sonora da Illuminismo, da Rinascimento. Il movimento continuo sul ferro e sull’acciaio produce quel leggero fibrillare ondulatorio da crociera, di questo transatlantico-progresso che taglia i ghiacci dell’ignoranza per raggiungere le sponde della veritŕ. E la somiglianza tra Galileo e Prometeo in fieri č originale. Ma. Galileo (Silvano Panichi centrato, duro, aspro e diretto, niente a che vedere con quello dimesso e impaurito di Branciaroli) non č incatenato, anzi non si č fatto incatenare, tutt’al piů č stato imbrigliato dalla sua mancanza di coraggio. Galileo non č stato come Prometeo, non ha pagato la sua veritŕ, Galileo non č Giordano Bruno, non č stato Mandela o Gramsci, o Peppino Impastato, o Falcone o Borsellino, non č stato un bonzo, non č stato Jan Palach. Si č salvato con disonore e, dopo aver spinto la macchina-conoscenza verso il futuro, come Cristo ha portato la sua croce, č stato impantanato nelle regole, dall’istinto di sopravvivenza, dall’assenza di incoscienza culminata con l’abiura. Galileo č stato schiavo della materia, di quella fame che lo attanaglia fino, metaforicamente, metterlo di fronte alla carne da barbecue rosolata come fosse il fegato dello scopritore del fuoco che fece infuriare gli Dei. I potenti hanno costumi pomposi e dorati, da Nabucodonosor, costosi e sgualciti da commedia dell’arte, il Pontefice č un Papa al limite del “saraceno”. Altri personaggi: un Pulcinella con la mela-gravitŕ in mano, la figlia dello scienziato č una sexy infermiera pin up, tre incappucciati come donne musulmane cecene kamikaze. Ne risulta un quadro estetico cromatico e coreografico variopinto da epopea con lampi balcanici, con strappi, a flash d’impatto ma, in fondo, la trasformazione di Galileo in Prometeo non č compiuta: la connessione non č andata a buon fine, la transazione si č inceppata. Caldo soffocante e sediole scomode all’Affratellamento.

Voto 6 ˝ 

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