Wonder Boys: il film
Wonder Boys: il romanzo
Comincia
un venerdì con la rievocazione del notturno scrittore horror August Van
Zorn Wonder Boys di Michael
Chabon, classe 1963, premio Pulitzer nel 2001 per il suo ultimo romanzo Le
fantastiche avventure di Kavalier e Clay e ritenuto dai più il miglior
scrittore della sua generazione. Da Wonder Boys, seconda opera in
carriera per Chabon, Curtis
Hanson ha tratto l’omonima (e riuscita) traslazione cinematografica, che in
tanti ricorderanno per la contagiosa canzone d’apertura di Bob Dylan, Things
have changed, premiata con l’Oscar.
Comunque, passando al romanzo in questione, è da rilevare prima di tutto come
la trama sia pervasa di quel sottofondo aubiografico che spesso colora di
realismo le buone storie. Ma Wonder Boys è più ancora un romanzo
dall’insostenibile valenza metaletteraria, un contenitore di digressioni spesso
corredate di un corposo retrogusto satirico, per certi versi anche una
non-storia in cui molte cose succedono, tanto da stravolgere la situazione di
partenza, imperfetta e non più ragionevole, in modalità curiosamente simili
all’omonimo romanzo nel romanzo che il quarantunenne protagonista, Grady Tripp,
va faticosamente (e senza un’apparente via d’uscita all’orizzonte) componendo
da sette lunghi anni in cui sembra essersi preoccupato più che altro di mandare
a rotoli la sua vita come tutto il resto, legami sentimentali compresi: un
romanzo che ha ormai raggiunto la preoccupante mole di oltre 2.500 pagine e che
non accenna a finire, infortunio compositivo peraltro occorso allo stesso Chabon.
Grady Tripp,
oltre a scrivere, insegna scrittura
creativa all’università, senza troppo impegno né eccessivo entusiasmo: tra
le altre cose è un etilista, un eterno adolescente dotato di una vocazione
repressa alla Humbert-Humbert per la bella studentessa cui ha affittato una
camera, decisamente dipendente dalla marjuana, amante fedifrago della preside
del suo Ateneo (moglie peraltro del capo del suo dipartimento), un personaggio
complesso, insomma, dalla vita intricata e macchinosa. Il lungo weekend primaverile
in cui sono ambientate le vicende di Wonder boys prende avvio con
l’arrivo a Pittsburg di Terry Crabtree,
editor nonché vecchio compagno di studi del protagonista, arrivato in
città con la scusa di partecipare al Wordfest dell’Ateneo di Tripp (e
accompagnato da un transessuale conosciuto in aereo), in realtà ansioso di
constatare che il romanzo di Tripp sta veleggiando verso la pubblicazione, in
modo da salvargli la traballante carriera al suo ritorno a New York. Capita inoltre che Tripp sia stato
lasciato definitivamente dalla terza moglie la mattina stessa (o meglio sia
riuscito a realizzare il fatto come ineluttabile), che la sua amante Sara gli
abbia comunicato di aspettare un figlio da lui e che, proprio da quel giorno, a
Tripp succeda di trovarsi sempre intorno un suo giovane studente, James Leer,
che coltiva una passione maniacale per la golden age hollywoodiana e le
menzogne fini a se stesse, cleptomane e sessualmente ambibuo, aspirante suicida
ed aspirante romanziere (non necessariamente in quest’ordine), con tanto di
libro nel cassetto (o meglio nell’inseparabile zainetto). Con simili
presupposti il weekend si trasformerà presto in un affare terribilmente
complicato, tanto che, giunti al fulcro narrativo di Wonder Boys, il
bagagliaio della vecchia Galaxy decappotabile del 1966 di Grady Tripp, in viaggio per Pittsburg
e dintorni, mostrerà un contenuto a dir poco imbarazzante: un sacchetto di
marijuana, un bassotuba, il cadavere di un cane, parte di un boa constrictor,
la giacca indossata dalla leggendaria Marilyn Monroe il giorno in cui sposò il
mitico Joe Di Maggio (peraltro un corpo di reato), l’unica copia di un
manoscritto pesante e voluminoso. Un romanzo divertente, ricco di citazioni
intriganti, a tratti surreale, in una parola imperdibile.
Michael Chabon, Wonder Boys, Milano, Rizzoli, 2002; pp. 359
Voto
8
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