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  25/04/2024 - 07:30

 

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Michael Chabon
Wonder Boys
Milano, Rizzoli, 2002; pp. 359

 




                     di Paolo Boschi


Wonder Boys: il film
Wonder Boys: il romanzo


Comincia un venerdì con la rievocazione del notturno scrittore horror August Van Zorn Wonder Boys di Michael Chabon, classe 1963, premio Pulitzer nel 2001 per il suo ultimo romanzo Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay e ritenuto dai più il miglior scrittore della sua generazione. Da Wonder Boys, seconda opera in carriera per Chabon, Curtis Hanson ha tratto l’omonima (e riuscita) traslazione cinematografica, che in tanti ricorderanno per la contagiosa canzone d’apertura di Bob Dylan, Things have changed, premiata con l’Oscar. Comunque, passando al romanzo in questione, è da rilevare prima di tutto come la trama sia pervasa di quel sottofondo aubiografico che spesso colora di realismo le buone storie. Ma Wonder Boys è più ancora un romanzo dall’insostenibile valenza metaletteraria, un contenitore di digressioni spesso corredate di un corposo retrogusto satirico, per certi versi anche una non-storia in cui molte cose succedono, tanto da stravolgere la situazione di partenza, imperfetta e non più ragionevole, in modalità curiosamente simili all’omonimo romanzo nel romanzo che il quarantunenne protagonista, Grady Tripp, va faticosamente (e senza un’apparente via d’uscita all’orizzonte) componendo da sette lunghi anni in cui sembra essersi preoccupato più che altro di mandare a rotoli la sua vita come tutto il resto, legami sentimentali compresi: un romanzo che ha ormai raggiunto la preoccupante mole di oltre 2.500 pagine e che non accenna a finire, infortunio compositivo peraltro occorso allo stesso Chabon. Grady Tripp, oltre a scrivere, insegna scrittura creativa all’università, senza troppo impegno né eccessivo entusiasmo: tra le altre cose è un etilista, un eterno adolescente dotato di una vocazione repressa alla Humbert-Humbert per la bella studentessa cui ha affittato una camera, decisamente dipendente dalla marjuana, amante fedifrago della preside del suo Ateneo (moglie peraltro del capo del suo dipartimento), un personaggio complesso, insomma, dalla vita intricata e macchinosa. Il lungo weekend primaverile in cui sono ambientate le vicende di Wonder boys prende avvio con l’arrivo a Pittsburg di Terry Crabtree, editor nonché vecchio compagno di studi del protagonista, arrivato in città con la scusa di partecipare al Wordfest dell’Ateneo di Tripp (e accompagnato da un transessuale conosciuto in aereo), in realtà ansioso di constatare che il romanzo di Tripp sta veleggiando verso la pubblicazione, in modo da salvargli la traballante carriera al suo ritorno a New York. Capita inoltre che Tripp sia stato lasciato definitivamente dalla terza moglie la mattina stessa (o meglio sia riuscito a realizzare il fatto come ineluttabile), che la sua amante Sara gli abbia comunicato di aspettare un figlio da lui e che, proprio da quel giorno, a Tripp succeda di trovarsi sempre intorno un suo giovane studente, James Leer, che coltiva una passione maniacale per la golden age hollywoodiana e le menzogne fini a se stesse, cleptomane e sessualmente ambibuo, aspirante suicida ed aspirante romanziere (non necessariamente in quest’ordine), con tanto di libro nel cassetto (o meglio nell’inseparabile zainetto). Con simili presupposti il weekend si trasformerà presto in un affare terribilmente complicato, tanto che, giunti al fulcro narrativo di Wonder Boys, il bagagliaio della vecchia Galaxy decappotabile del 1966 di Grady Tripp, in viaggio per Pittsburg e dintorni, mostrerà un contenuto a dir poco imbarazzante: un sacchetto di marijuana, un bassotuba, il cadavere di un cane, parte di un boa constrictor, la giacca indossata dalla leggendaria Marilyn Monroe il giorno in cui sposò il mitico Joe Di Maggio (peraltro un corpo di reato), l’unica copia di un manoscritto pesante e voluminoso. Un romanzo divertente, ricco di citazioni intriganti, a tratti surreale, in una parola imperdibile.

Michael Chabon, Wonder Boys, Milano, Rizzoli, 2002; pp. 359

Voto 8 

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